Si pensava di essere ad una svolta storica con un accordo, il primo a memoria d’uomo, tra i 193 Paesi presenti all’Onu, su alcune regole ben precise in merito al commercio delle armi convenzionali ma così non è accaduto, con rabbia e delusione da parte di chi ci aveva creduto e sperato.
Tutto come prima dunque.
E non lo è stato perché la lobby dei produttori del settore è così potente nel mondo che persino l’amministrazione Obama, in attesa delle nuove elezioni Usa di novembre, è stata la prima a dare forfait, senza preavviso e deludendo fortemente ogni aspettativa democratica.
Subito dopo gli Stati Uniti è seguito il ”no” più che convinto della Russia, anch’essa produttrice e esportatrice di materiale bellico. E poi ancora Cina, India, Indonesia ed Egitto.
Queste ultime, come le prime due, hanno motivato il diniego con il semplice rimando per poter usufruire di più tempo per riflettere.
La cosa più vera è che si tratta di un giro d’affari di almeno 60 miliardi di dollari a livello mondiale, cui difficilmente si rinuncerà.
Che poi le armi finiscano in Africa ad alimentare guerre civili o genocidi oppure in America latina a favorire la grande e la piccola criminalità legata al miliardario giro del narcotraffico poco importa.
E ugualmente per le altre parti del mondo, lì dove non mancano certo focolai bellici voluti, dall’Afghanistan alla Siria, solo per citare le due piaghe più purulente del momento, sull’alimentazione delle quali l’opinione pubblica comune sa comunque poco e niente, se non quello che i media generalisti e la voce dell’ufficialità fa sapere.
Insomma, morto più morto meno, quello che conta sono gli affari. Lo abbiamo capito.
Se poi qualcuno, tra i distratti lettori di mezza estate, volesse approfondire la cosa per quel che riguarda un po’ più da vicino anche il nostro amato Paese (Brescia, ad esempio) e sapere magari di quella “bestia strana” che ha nome cultura della “nonviolenza”, non ho che il suggerimento della quinta edizione dell’annuario curato dall’Osservatorio permanente sulle armi leggere e politiche di sicurezza e difesa (Opal), presentato proprio a Brescia lo scorso 21 giugno.
All’interno del volume meritano in particolare due articoli : “Le esportazioni europee di armi alla Libia” e ”Nove anni d’inchieste sulle pistole fantasma di Beretta”.
Non è proprio una lettura da ombrellone, ma almeno favorirà una certa presa di coscienza su quanto accade intorno a noi.
Non solo football, insomma.
Marianna Micheluzzi (Ukundimana)