"I risultati mettono in luce che in Italia - si legge nella ricerca - vi è un legame tra il tasso di interesse sul mutuo e lo specifico rischio di credito del cliente. Per i mutui concessi dal 2000 al 2007, il differenziale di tasso di interesse fra le classi di famiglie più e meno rischiose è pari a 43 punti base. Inoltre, il ricorso a strategie di prezzo basate sul rischio specifico del debitore sembra essere cresciuto nel tempo".
Insomma, le banche si sono fatte più prudenti, proteggendosi dal rischio insolvenza, non solo selezionando le domande ma anche attraverso rincari. Il lavoro quantifica anche il premio per il rischio richiesto dalle aziende di credito nel concedere mutui. "Per quelli concessi dal 2000 al 2007 a un incremento della probabilità di insolvenza del mutuatario pari a 1 punto percentuale è associato un aumento del tasso di interesse di 21 punti base", si spiega.
Dallo studio della Banca d'Italia emerge anche chiaramente l'identikit della famiglia in difficoltà: i genitori single con figli, i precari con un contratto temporaneo, i senza-lavoro e le persone a basso reddito. L'Italia, con un 4,9% di famiglie che non riesce a pagare le rate, è già ai massimi delle graduatorie europee. Ma la percentuale schizza molto più in alto quando la vita mostra le prime difficoltà.
Così un disoccupato su cinque di quelli che hanno contratto un mutuo non riesce ad onorare il proprio debito (il 19%): basta guardare Oltralpe per scoprire che il tasso di insolvenza per i disoccupati francesi si attesta invece al 5,4%, segno evidente di politiche di sostegno. Ma non è necessario perdere il lavoro per trovarsi in difficoltà. Tra gli italiani che hanno un contratto part-time la percentuale di non pagatori è all'8,5% e si ferma al 7,9% per chi ha un contratto di tipo temporaneo.
Tuttavia, contrariamente a quanto si potrebbe pensare non sono i giovani a trovarsi in maggiore difficoltà, bensì le famiglie con un capofamiglia tra i 45 e i 54 anni: 6,1% è la percentuale di insolvenza, contro il 2,8% degli under 35. Tengono invece i pensionati con 3,7 casi su 100 di persone che non riescono a pagare la rata. Anche la tipologia di famiglia influisce: un genitore single su 10 di quelli che hanno i mutui entra nella trappola del default, mentre la percentuale scende al 6,3% se ci sono entrambi i genitori. Inutile dire che se il reddito è basso, il rischio di non riuscire a pagare è ancora più alto: il 14,5% di coloro che appartengono ai cittadini a basso reddito si trovano poi nell'impossibilità di versare la rata del mutuo.
Ecco, in una tabella, le percentuali di mancato pagamento dei mutui in Italia nelle diverse categorie di mutuatari, calcolati dalla Banca d'Italia su una statistica Eu-Silc aggiornata al 2009 e basata su redditi del 2007:
CARATTERISTICHE % INSOLVENTI
- Età
meno di 35 anni 2,8%
tra 45 e 54 anni 6,1%
oltre 65 anni 3,7%
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- Tipologia famiglia
un adulto senza figli 2,8%
due adulti senza figli 3,1%
single con figli 10,1%
coppia con figli 6,3%
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- Status lavorativo
full time 4,5%
part time 8,5%
disoccupato 19,0%
pensionati 3,5%
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- Tipologia contratto
a tempo indeterminato 4,4%
a tempo determinato 7,9%
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TOTALE MUTUATARI 4,9%
Che gli italiani siano alle strette e sempre più preoccupati lo dicono anche i dati dell'ultima indagine IPSOS, commissionata per il decimo anno consecutivo dall’ACRI, Associazione di Fondazioni e di Casse di Risparmio. Condotta su un campione di 1000 intervistati distribuiti in tutta Italia, l'indagine rivela che una famiglia su quattro ha risentito profondamente della crisi, arrivando a contrarre debiti pur di far quadrare il bilancio familiare.
I nuclei familiari in saldo negativo rappresentano il 26% della popolazione intervistata e si concentrano al Sud, dove raggiungono il 34% della totalità, contro il 31% del 2009. Solo il 36% delle famiglie dichiara di trovarsi in attivo: poco più di un terzo, residente soprattutto al Nord. Il 37% si trova, invece, in una situazione di equilibrio, determinata dall’assenza sia di debiti che di risparmi.
I settori maggiormente colpiti dalla crisi sono quelli dell’intrattenimento e della ristorazione. Ne risentono anche l’abbigliamento e la cura della persona. Stabili i consumi per spostamenti ed elettronica, in crescita quelli per telefonia e beni per la casa.
Cresce il sentimento di sfiducia per le sorti dell’economia nazionale, palesato dall’83% degli intervistati, contro il 78% dell’anno scorso. Il cammino verso la ripresa sarà ancora lungo per gran parte dei soggetti interpellati: il 69% prospetta 4 anni di ristrettezze, per il 31% saranno addirittura 5.
Quanto alle possibili soluzioni anti-crisi, a detta degli intervistati la riduzione del debito dello Stato e la decurtazione della spesa pubblica sarebbero soluzioni marginali. Anche l’ipotesi di riduzione delle tasse raccoglie pochi consensi; al contrario, il 48% degli intervistati ritiene sia necessario contrastare duramente l’evasione fiscale. Inammissibili i tagli a sanità (53%), istruzione e ricerca (34%) e pensioni (33%).
Questa è dunque l'ennesima e triste fotografia sociale del nostro Paese, sempre più impoverito e depresso. Ma nel Palazzo, dove non sembra esserci crisi economica e si assiste invece alla tendenza inversa con le spese folli del mercato dei parlamentari in vista del 14 dicembre, si continua a discutere se è meglio il Berlusconi I o il Berlusconi II... Brucia Sagunto, brucia!
O patria mia, vedo le mura e gli archi
E le colonne e i simulacri e l'erme
Torri degli avi nostri,
Ma la la gloria non vedo...
(Versi tratti dalla poesia All'Italia, di Giacomo Leopardi)
Fonte: Ansa.it e Economiablog.it