Situazione drammatica quella che si vive nelle regioni meridionali dell’Angola. La siccità ha scatenato sciacallaggio tra i mercanti di bestiame.
Lancia l’allarme sulla grave siccità che sta colpendo da mesi le regioni a sud dell’Angola, Matteo Tonini, consulente della Fao in Angola, che spiega come i mercanti di vacche stiano traendo profitto dalla crisi. “Con la siccità si é creato un fenomeno per cui i bovini, malati e denutriti a causa della mancanza di acqua, vengono venduti a prezzi stracciati a mercanti che li portano in zone più fertili – spiega Tonini all’AGI – lì poi vengono curati nutriti e rivenduti a prezzi 10 o anche 20 volte superiori”.
“Il prezzo normale di un capo di bestiame varia fra i 300 e i 1000 dollari – spiega il consulente Fao – ma oggi nelle zone colpite i prezzi sono scesi fino a 50, 100 dollari. Poi ci sono casi limite di bovini disidratati il cui prezzo può arrivare a 25 dollari. La carne di questi bovini per la maggior parte non é buona da mangiare perché é disidratata e non ci si può fare neanche carne secca. Molti capi vengono comprati in stock e portati con i camion in altre province. Anche se su 100 capi, 90 muoiono durante il trasporto e 10 resistono, chi li ha comprati comunque ci guadagna”.
Secondo gli ultimi dati diffusi da alcune ong che stanno lavorando in quella zona sarebbero almeno un milione e mezzo le persone colpite. Migliaia sono le piantagioni andate distrutte mentre centinaia di migliaia di persone sono state costrette a migrare alla ricerca di cibo e acqua. Il governo finora ha inviato aiuti di emergenza come acqua in cisterne e derrate alimentari, mentre la Fao sta portando avanti progetti per aprire nuovi pozzi e migliorare i pascoli.
“Nelle regioni a sud dell’Angola le comunità dedite all’allevamento tradizionalmente transumanti – prosegue Tonini – sono state costrette ad aumentare i percorsi fino a 300 chilometri, quando prima ne percorrevano al massimo 50 o 100. Nelle condizioni attuali molti degli animali morirebbero comunque, quindi il mercato dei bovini e’ utile perché quantomeno permette alle comunità di avere un po’ di soldi per provare a salvare gli animali che rimasti”. (AGI)