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In effetti l'Iraq, il precedente detentore, è riuscito a resistere 289 giorni senza governo ma dopo 248 avevano già l'accordo sulla formazione del governo. In Belgio il re Alberto II ha appena confermato la missione di mediatore fino ai primi di marzo al ministro dell'economia del precedente governo, non esiste nessun accordo al momento e la crisi non è state risolta dopo 249 giorni dalla sua apertura: è record del mondo. Complimenti.
Come mai non si riesce a risolvere la crisi politica in Belgio?
I diversi partiti francofoni e nederlandofoni, rappresentanti le due spaccature linguistiche e culturali del paese, non riescono ad accordarsi su alcuni punti cruciali sulla riforma federale, i finanziamenti alla regione di Bruxelles e la famosa questione dei comuni nei dintorni di Bruxelles (problemi di diritti linguistici). Alle ultime elezioni gli indipendentisti fiamminghi hanno vinto al nord mentre i socialisti francofoni hanno vinto al sud: due lingue e tanti interessi economici in ballo.
Cosa è stato fatto finora per risolvere la crisi?
In pratica il re Alberto II ha seguito prima la prassi nominando dopo le elezioni un ispettore per un resoconto sui risultati e le richieste dei vincitori, poi un pre-formatore di governo convinto che la cosa sarebbe stata semplice e breve, poi dei mediatori in modo da aprire un dialogo tra le due parti in scontro, poi un chiarificatore per capire a che punto s'era, poi un altro mediatore richiamando tutti i partiti in causa appigliandosi al buon senso ed infine ad un informatore tanto per cambiare nome allo sconfitto di turno. Nel frattempo il tempo passava e hanno battuto il record del mondo.
Ma nel frattempo come fa il paese ad andare avanti senza governo?
In realtà esiste un governo temporaneo retto dal primo ministro uscente a cui son stati conferiti alcuni poteri temporanei ed alcuni compiti delicati in modo da non congelare il paese durante la crisi. La vita continua regolarmente, per molti addirittura sembra non ci sia differenza con o senza governo mentre in realtà il debito pubblico alquanto alto e l'inesistenza di un potere decisionale forte scoraggia molti investitori stranieri esponendo l'economia del paese a rischi sempre maggiori.
E i belgi riescono a tollerare tutto ciò?
I belgi sono un popolo calmo, molto calmo. Alcune delle proteste più gettonate sono state finora: non radersi la barba fino alla formazione di un nuovo governo, non concedersi sessualmente ai politici coinvolti fino ad una risoluzione di una crisi, scatenare una rivoluzione delle patatine fritte cercando di mostrare il proprio sdegno, magari spogliandosi in piazza il giorno del record. Ecco, a parte questi moti irruenti, 35.000 belgi sono scesi in piazza un mesetto fa al fine di manifestare il loro disappunto. Grande affluenza, nessuna violenza, tanto entusiasmo ma nulla è cambiato.
La crisi politica potrebbe sfociare in una spaccatura del paese?
Sebbene questa ipotesi prenda sempre più piede sotto la tipica domanda "ma se parlano due lingue perché non si dividono?", la questione non è semplice a causa del forte debito pubblico e la gestione di Bruxelles, capitale e cuore economico del paese situata nella parte nord dove si parla fiammingo ma città a maggioranza francofona a causa della sua travagliata storia, nonché sede amministrativa di quell'Europa che vorrebbe unire ma forse cade a pezzi.
Cosa si prevede allora?
Una lunga attesa, mentre i politici si riuniscono periodicamente mentendosi a vicenda, guerreggiandosi a colpi di battute sterili e costringendo il re Alberto II ad inventarsi sempre nuovi nomi per l'arbitro di turno. Ottenuto il record, bisogna temporeggiare quanto più possibile, in modo da renderlo davvero imbattibile.
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