Immaginate: siamo nel 2004, l’anno della versione freeware di Cave Story, di Halo 2, Hitman: Contracts, Half-Life 2, di Ninja Gaiden su Xbox e di Painkiller, quindi di Red Dead Revolver e di Rome: Total War, quando un apparentemente poco conosciuto team di sviluppo (Crytek) realizza uno sparatutto in prima persona per conto di Ubisoft: è la nascita della serie Far Cry, che vede il primo remake comparire appena dodici mesi dopo (Far Cry Instincts su Xbox); quattro anni più tardi ne faranno anche un film ed un secondo capitolo. La storia recente la ricorderete, visti i successi, i premi e l’enorme considerazione ottenuta da Far Cry 3, che hanno permesso ad Ubisoft di indirizzare la serie su binari più solidi del passato – nello specifico, di quelli su cui viaggiava il secondo episodio, oltremodo ripetitivo – grazie all’introduzione di un grosso numero di attività secondarie a fare da contorno ad una trama scanzonata e molto leggera. Noi speriamo che Machiavelli non si sbagliasse a ritenere la storia come ciclica, perché nel periodo attuale ci appare quanto meno difficile credere che un’annata come quella del 2004 (e con essa tante altre) possa ripetersi nel panorama videoludico attuale. Probabilmente siamo ancora bloccati nel periodo del disordine, o dell’ozio e della debolezza, quindi per arrivare a quello della grandezza, del bene, c’è bisogno di qualcos’altro, partendo forse dal porsi con maggiore rispetto nei confronti dei videogiocatori, che oltre un anno fa vennero ammaliati dai discorsi sulla crescita portata dalle nuove console, grazie al superamento di quelle barriere tecnologiche alle quali erano ancorate PlayStation 3 e Xbox 360, che di conseguenza ci avrebbero indirizzato ad esperienze gameplay quanto più frenetiche, fresche ed originali possibili; parole, soltanto parole, spazzate via dalla cruda realtà dei fatti, che appare più evidente che mai dopo un anno dall’immissione di PlayStation 4 e Xbox One nel mercato globale.
Far Cry 4 non fa nessuna eccezione, non è il titolo che vi porterà a considerare quelli che molti ancora chiamano “scatolotti” come dei gadget tecnologici imprescindibili; del resto, non è nemmeno il titolo che ci aspettavamo dopo video su video e presentazioni esaltanti dell’ultima fatica di Ubisoft Montreal. Cos’è, allora? È presto detto.
HO VISTO COSE CHE VOI UMANI…Appena ventiseienne, Ajay Ghale parte per il Kyrat – regione entro cui è ambientato il gioco, nome fittizio che prende spunto dalla popolazione del Nepal, i Kirat – a spargere le ceneri della madre Mohan, compiendo così le sue ultime volontà. Nato in un freddo novembre del 1988, proprio in Kyrat, Ajay è cresciuto in un ambiente decisamente meno ostile: gli Stati Uniti d’America. Ciononostante, la sua infanzia fu travagliata: fece scelte sbagliate, diventando amico di delinquenti di quartiere. È decisamente poco il tempo per guardarsi attorno, il prologo ci getta subito in pasto una cut-scene: all’interno di un furgone, assieme ad alcuni esponenti del Sentiero d’Oro, Ajay farà ben presto conoscenza del clima che si respira da quelle parti, dove la guerra interna non è mai cessata, soprattutto per causa di Pagan Min, dittatore quasi cinquantenne, vestito a mo’ di pagliaccio. Rapiti, incappucciati e portati di peso su un elicottero, la nostra prossima destinazione sarà la dimora di Paul “De Pleur” Harmon; qui ci verranno forniti ulteriori dettagli sul legame di nostra madre e Pagan Min, ma Ajay non si farà scrupolo di sfruttare alcune circostanze favorevoli per scappare, entrando in contatto con la fazione rivale, quella succitata del Sentiero d’Oro. Le fasi di gioco iniziali pongono un forte accento sulla caratterizzazione del dittatore di Kyrat, che un po’ come Vaas di Far Cry 3 sembra essere l’unico vero motivo per vedere come va a finire… Peccato che di lui se ne ricordi solo ed esclusivamente attraverso le scene filmate, il suo apporto e la sua presenza è di fatto molto limitata durante tutta la durata della campagna, intese come missioni di gioco principali. Ciò inevitabilmente ci porta indietro nel tempo, a quel terzo capitolo incapace di stupire a livello di svolgimento e sviluppo della trama – seppur col pregio di aver saputo proporre una manciata di missioni molto divertenti. Far Cry 4 non fa meglio, anzi, ad una storia piatta e banale associa 32 missioni principali di una noia assurda e tutt’altro che originali; a partire dal giovane Ajay che sembra uscito da un uovo di Pasqua scaduto, vittima di una caratterizzazione inesistente, di un carisma ed un fascino simili a quelli di un fondo di bottiglia. Nemmeno i presupposti che danno vita al suo enorme cambiamento sono convincenti: non ha mai preso in mano un’arma e di punto in bianco decide di imbracciare la causa dei ribelli, facendo strage di uccisioni e di animali… È davvero possibile che a fine 2014 non si riesca a pensare a qualcosa di più elaborato e credibile, per giustificare un’acredine di questo tipo? Lo stesso dicasi per Amita e Sabai, i due leader del Sentiero d’Oro che ci proporranno diversi approcci alle missioni. Sono due personaggi poco approfonditi, nonostante rappresentino la buona o la cattiva sorte del futuro di quelle popolazioni, è difatti tramite le nostre scelte di approccio alle missioni offerteci dai due che si evolveranno le vicende. Ciò non significa che assisterete a finali diversi (lasciamo perdere l’ending che ormai molti di voi avranno già visto in rete, quello raggiungibile in pochissimi minuti di gioco, o dovremmo dire di “non gioco”?), ma che potrete optare per un approccio mirato a salvare vite, o ad un altro meno accorto in tal senso, atto a sgominare i piani del nemico, che di conseguenza porteranno più vittime nelle zone di Kyrat. A completare l’offerta in singolo, o meglio, a renderla un po’ più interessante, troviamo altre dodici missioni speciali che scoprirete avanzando nella storia e perlustrando la vasta regione di gioco, 24 avamposti, 4 fortezze e 17 torri da conquistare, che raddoppiano le ore necessarie per arrivare ai titoli di coda (considerate una quarantina di ore per completarlo al 100%), e missioni che influenzeranno il nostro livello di karma: si tratta perlopiù di scorribande da risolvere con la forza, aiutando i ribelli del Sentiero d’Oro; ciò porterà all’aumento del nostro karma, con un cap fissato al livello otto. Non solo, sono presenti collezionabili come lettere perdute o pagine del diario di Mohan Ghale, madre del protagonista, ed altri elementi che aiutano a diversificare l’azione, costringendovi ad andare a caccia per craftare alcuni degli oggetti da poter costruire con le vostre mani: fondine, zaini, portafogli, kit per le siringhe, borse per le esche, le munizioni, gli oggetti da lancio, gli esplosivi e così via.
Quel che desta più perplessità, a maggior ragione ora che il team di sviluppo ha riutilizzato una formula già collaudata, senza apportarne le necessarie modifiche, è l’insipida e mal congegnata doppia struttura che interessa le fasi di combattimento: ancora una volta potrete decidere se attaccare a testa bassa, scaricando sui vostri avversari proiettili a non finire, o se agire con un approccio tattico, sfruttando fasi stealth grazie alle quali avrete la limpida dimostrazione di come l’intelligenza artificiale sia rimasta la stessa di sempre, anzi in alcuni casi ci è parsa perfino peggiorata. Nello specifico, considerando la leggerezza di tematiche e di serietà della produzione, che a partire dal terzo capitolo ha puntato quasi tutto sulla superficialità e l’immediatezza di alcune meccaniche piuttosto che sull’elaborazione di una infrastruttura solida ed accattivante, sono proprio le fasi stealth a stonare col contesto: perché spostare i corpi, agire alle spalle del nemico con il coltello in mano, quando si può ricorrere all’uso letale della forza d’impatto garantita dall’ampio arsenale a nostra disposizione? A che pro farlo, considerando il level design spesso mediocre delle missioni? E pensate, perfino le fasi shooter mostrano le limitazioni del caso: il feedback delle armi è vergognoso, il ragdoll è inesistente ed il sistema di abilità (due rami da 24 abilità ciascuno, sotto il segno della Tigre e dell’Elefante) è meno utile di quanto possa apparire in un primo momento. La verità è che in Far Cry 4 più che preoccuparvi dei nemici, della trama, di Pagan Min, dei vostri alleati, troverete il vostro bel da fare contro la fauna locale: elefanti, rinoceronti, aquile, puma e tantissime altre specie saranno lì pronte a darvi più d’una noia, causando picchi di frustrazione non indifferenti. La stessa che probabilmente avvertirete quando sarete costretti a sfruttare il rampino per scalare piccole pareti rocciose: l’unico vero ostacolo tra voi e l’obiettivo della missione, considerando la banale difficoltà degli scontri a fuoco, o dei compiti tutt’altro che interessanti che vi verranno assegnati.
È TEMPO DI MORIRELa prova di Far Cry 4 è stata effettuata basandosi su ben due versioni del prodotto, quella PC e quella Xbox One. Con la prima, il test è durato più di trenta ore, avendo portato a termine la trama e poco più della metà delle attività secondarie, mentre con la seconda abbiamo confrontato i risultati tecnici, di stabilità ed impatto visivo ottenuti sull’hardware della console di Redmond. Molti di voi non si stupiranno nel sentir dire che la versione console si è mostrata bene ottimizzata ad una risoluzione di 1080p e 30 fps, al contrario di quella PC che ha restituito dati molto altalenanti. Sebbene il titolo sia migliorato notevolmente dopo il rilascio dei nuovi driver Nvidia, è stato abbastanza disarmante notare i continui cali di frame rate che investono anche macchine molto performanti; non solo, perché agli spesso inspiegabili cali vertiginosi e problemi di stuttering si sono aggiunti diversi crash, con relativa perdita dei progressi, e ravvisate serie problematiche con le ombre di gioco, o schermate nere a coprire interamente la mappa ed un numero di bug molto elevato… Insomma, ancora una volta la tanto decantata “versione di punta”, spacciata come tale anche tramite video speciali a sottolineare la collaborazione a stretto contatto con Nvidia, s’è rivelata la più raffazzonata ed incompleta, vittima di una fase di beta testing superficiale – semmai ce ne fosse stata una – e del modus operandi molto discutibile da parte del colosso francese, che promette forse troppo ai giocatori PC, più di quello che è nelle loro corde, nelle loro potenzialità o abilità. Non abbiamo dimenticato quanto fatto con Watch_Dogs, tanto meno con Assassin’s Creed Unity, ed eccoci alle solite, al turno di Far Cry 4. Finirà mai questo scempio?
E si tratta di una grossa pecca, perché è sempre stato un titolo in cui la libera esplorazione ha stimolato milioni e milioni di videogiocatori di tutto il mondo a cimentarsi nelle attività secondarie, che qui assumono un’importanza vitale. Caccia, crafting seppur limitato di oggetti, subquest, collezionabili di vario genere, missioni karma, popolano e danno vita alle vaste distese di Kyrat, una regione che in quanto a fascino – sempre a tratti – non sarebbe seconda a nessun’altra, ma se non c’è la necessaria stabilità tecnica e non ci sono le condizioni per goderne appieno (senza ricorrere a “trucchetti” come quello del blocco preventivo del numero di frame per secondo) viene tutto un po’ meno. Soprattutto se, al contrario di quanto pensassimo di primo acchito, il comparto grafico non è che uno spicciolo aggiornamento di quello visto in Far Cry 3, col Dunia Engine ancora in forma per quel che concerne la propagazione degli incendi sulla vegetazione, ma in ritardo per qualità delle texture, alle quali fanno compagnia gli shader (mai visto nulla di più brutto in vita nostra), le animazioni e le armi, riprese pari pari dai capitoli passati, o degli effetti in generale che fanno storcere il naso. Alle piacevoli skyline, a paesaggi rigogliosi e specchi d’acqua ad intervallare i continui saliscendi, si nascondono quindi innumerevoli imperfezioni e limiti insiti nell’engine grafico e nelle fasi di programmazione dello sviluppatore, che ha peraltro riciclato diverso materiale presente in Far Cry 3, a livello di asset; inoltre, non abbiamo particolarmente apprezzato di poter esplorare l’Himalaya come se si trattasse di un livello di gioco a parte. S’è tanto parlato di verticalità in Far Cry 4, ma a parte rare situazioni questa viene un po’ meno, rivelandosi come un’altra delle tante e futili aggiunte apportate da Ubisoft Montreal; ecco, scalare le pendici per giungere sulle vette dell’Himalaya avrebbe reso meno superficiale questa meccanica e invece… Le ultime considerazioni vanno fatte sul comparto audio e su quello multigiocatore. Sul primo c’è poco da dire: il doppiaggio, interamente in italiano, è discreto, mentre paiono migliori gli effetti audio ed un assortimento musicale che strizza fortemente l’occhio alle sonorità indiane. A tratti patetici, invece, i dialoghi degli speaker radio, che inizialmente vi faranno anche ridere, poi si riveleranno oltremodo pesanti perché caratterizzati da un linguaggio sessista. Contrastanti le nostre esperienze sul fronte multigiocatore, composto da due rami: quello cooperativo fino a 2 giocatori e quello competitivo fino a 10 utenti. La prima modalità è la più riuscita, ma con essa potrete affrontare soltanto le fortezze, le missioni secondarie e gli avamposto, superato il prologo iniziale; la seconda è invece composta da tre modalità base: Maschera del Demone (due squadre dovranno prendere possesso della maschera che dona poteri speciali una volta indossata), Propaganda (conquistare e poi distruggere tre obiettivi, che andranno difesi mentre il timer dell’esplosivo si azzera) e Avamposto, il più classico dei ‘cattura la bandiera’. Questo secondo ramo non è soltanto afflitto da un pessimo matchmaking, ma anche da uno sbilanciamento molto marcato tra le fazioni in gioco: quelli del Sentiero d’Oro sono muniti di un grande arsenale di armi, mentre i Cacciatori hanno solo arco e frecce, ma possono cavalcare gli elefanti e chiamare in causa grossi animali (invocazione legata ad un sistema di cooldown), rendendosi invisibili se accucciati. Questi ultimi, così facendo, sovrastano e non di poco la fazione avversaria, decretando il più totale insuccesso di questa modalità, che si rende ulteriormente priva di senso anche a causa delle mappe multigiocatore mal concepite. Sono troppo grandi e dispersive, anche se troverete mezzi per gli spostamenti (caratterizzati dalla stessa patetica guidabilità della modalità single-player), eliminando quel fattore frenesia più che indispensabile in un FPS online.