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Fare a pezzi la preda [.1]

Creato il 02 aprile 2015 da Philomela997 @Philomela997

Rubrica Scarabocchi- Progetto Fauno

Lo Sparagmos, ovvero fare a pezzi la preda.

L’argomento è complesso e per fissarne alcuni punti in modo chiaro, soprattutto per me, vi dedicherò due interventi distinti. Iniziamo mettendo nuova carne al fuoco: andiamo a Le Baccanti di Eurupide.

Siamo alla porta di Tebe, davanti alla quale giunge dall’Asia uno splendido giovane dai lineamenti femminei e lunghi riccioli biondi, seguito da un corteo di donne che cantano e danzano agitando sacri tirsi. È il dio Dioniso che ha «assunto una forma mortale» e viene a Tebe perché sia riconosciuta la sua divinità e ristabilita la verità sulla discendenza da Zeus, che i tebani negano. Per punirli ha pervaso di follia divina tutte le donne tebane, anche la madre del re e le di lei sorelle. Lasciate le case e la città, fuggono sulle montagne per celebrare il rito dionisiaco. Il re Penteo vuole la cattura dello straniero, causa di questi immondi riti, e le guardie glielo conducono con le mani legate, lieti di poter dire al loro re che «la preda è vinta», «la fiera è mansueta», «la nostra caccia non è stata vana».

I personaggi principali si fronteggiano: Dioniso e Penteo, il dio e l’uomo, il re e lo straniero. Penteo non lo riconosce e si rifiuta di considerare sacri i suoi riti. Lo offende e commette sacrilegio. Il coro grida vendetta al cielo. Dioniso, rinchiuso nelle stalle, si libera dando sfogo alla sua potenza e torna dalle baccanti, ma non muta la cocciutaggine di Penteo. Quello che lo seduce è il racconto del messaggero che descrive le sfrenate imprese delle donne sul Citerone:

“O mie veloci cagne,
ci danno la caccia questi uomini! Ma voi seguitemi,
seguitemi, armatevi coi tirsi!”.
Noi si riuscì a fuggire e si evitò così
d’essere fatti a brani dalle Baccanti, ma loro, s’avventarono
sui vitelli al pascolo, a mani nude, senza armi di ferro.
E una la vedevi tenere tra le mani una giovenca squartata
con le mammelle gonfie, che ancora muggiva,
altre fare vitelle a brani.
Vedevi fianchi e zampe
volare qua e là e i brandelli penzolare
dagli abeti e gocciolare sangue.
I tori, prima violenti, e pronti a dare sfogo alle loro corna
crollavano a terra con tutto il peso del corpo
schiantati da migliaia di mani di giovani donne.
E quelle ne spolpavano le carni
più rapide di un battito delle tue palpebre di re.  (730-750)

È il culmine del rito dionisiaco: lo sparagmos e l’omofagia, il fare a pezzi gli animali selvatici e il consumare cruda la loro carne. Penteo è sgomento e infuriato, eppure non riesce a resistere alla desiderio di vederle. Eccolo lì, mansueto come un agnellino, che si fa vestire da donna, abbellire e condurre verso la morte, mentre il dio che lo guida si trasfigura in toro.

Noi non lo vediamo, perché il senso dell’osceno che caratterizza il mondo greco (osceno: che sta fuori dalla scena) impedisce di rappresentarlo; così il centro della tragedia è affidato nuovamente alle parole di un secondo messaggero. Penteo, nascosto sulla cima di un albero, è scoperto dalle donne invasate dalla furia divina. Esse non vedono un uomo, ma un cucciolo di leone: si lanciano nella caccia.

Il cacciatore è la belva, il re diventa vittima, lo sparagmos culmina quel rito a Dioniso che l’empio aborriva.

Noi vediamo solo Agave, sua madre, portare davanti al palazzo la testa di Penteo impalata sul tirso, chiamando il figlio a festeggiare le sue doti di cacciatrice, mentre il nonno Cadmo cerca di ricomporne le membra.

Lo sparagmos, l’uccisione della preda facendola a pezzi, compie l’inversione dei ruoli: il persecutore diventa il perseguitato, il braccato diventa il giustiziere.

«Penteo si trasforma in capro espiatorio» scrive Jan Kott. «Il capro espiatorio è surrogato che deve assomigliare a colui che sostituisce». Penteo sostituisce il vitello, la giovenca, il toro; sostituisce il cucciolo di leone. Chi è il toro? Chi è il leone?

«Il capro espiatorio è l’immagine di colui al quale viene sacrificato. Il rituale è una ripetizione del sacrificio divino. Penteo viene fatto a pezzi perché anche l’altro è stato fatto a pezzi.»

Nella tragedia l’altro al quale si sacrifica è Dioniso. Ma Dioniso dove, quando è stato fatto a pezzi?

AGAVE :  E dove è morto[Penteo]? Qui, in casa ? O dove?

CADMO: Proprio là, dove un tempo le cagne sbranarono Atteone.   (1290 e ss.)

Atteone, Penteo, Dioniso… volete saperne di più? Nella prossima puntata.

Fare a pezzi la preda [.1]

Citazioni da:

Euripide, Baccanti, Mondadori, a cura di Giorgio Ieranò. Testo e commento on line: http://volta.valdelsa.net/thiasos/baccanti/hpsommario.htm

Jan Kott, The Eating of God (trad. ita Divorare gli dei), Editrice SE 1970.

Immagine: Kylix a figure rosse con la scena della morte di Penteo, Louvre, http://www.antika.it/005765_ceramica-greca-stile-a-figure-rosse.html


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