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Fare i conti con il secolo asiatico

Creato il 12 agosto 2013 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR

Fare i conti con il secolo asiatico

Non importa quanto si dia importanza ai numeri, le varie economie dell’Asia sono destinate ad avere un ruolo centrale nell’economia globale di questo secolo. Questo fatto provoca delle inevitabili conseguenze. In primo luogo, lo suggerisce la direzione delle nuove opportunità di crescita nell’economia mondiale dei prossimi anni. Le potenze asiatiche fra cui il Giappone, la Corea del Sud, la Cina e le altre come l’ASEAN, l’Australasia e l’Asia del Sud incidono già per quasi il 40 per cento della produzione mondiale. Il secolo asiatico è arrivato. In Asia, secondo l’OCSE, si contano già mezzo miliardo di consumatori che fanno parte della classe media nel mondo, a fronte del miliardo in Europa e nel Nord America. Secondo stime approssimative basate sul reddito e sulla crescita della popolazione, la classe media in Asia salirà a 3.2 miliardi nel 2030 e si fermerà a poco meno di un miliardo in Europa e nel Nord America.

In secondo luogo, lo straordinario cambiamento della struttura dell’economia mondiale, che dopo 200 anni di squilibrio ha assistito al riassestamento fra il peso economico e la densità di popolazione, è stato accompagnato dalla crescente influenza politica dell’Asia. L’ascesa di paesi come la Cina e l’India minaccia il ruolo delle potenze industriali consolidate in Europa e nel Nord America. La gestione della recessione economica ha richiesto l’inserimento delle potenze emergenti di ogni parte del mondo nell’amministrazione economica globale, in particolare con l’istituzione del G20, dopo la crisi mondiale finanziaria del 2008. Il sistema internazionale del dopoguerra Bretton Woods è in fase di revisione e gli accordi finanziari internazionali stanno cambiando in modo imprevedibile. In seguito all’ascesa della Cina e delle nuove potenze, la politica del post-guerra fredda e i piani di sicurezza sono infatti da rivedere. Lo sviluppo dell’Asia sta anche influenzando la cultura; infatti, non solo i paesi della zona asiatica ma tutto il mondo si sta adeguando in modi differenti e con diversi approcci a queste realtà.

Come fa notare Jayant Menon dell’Asia Development Bank, nell’articolo principale di questa settimana dell’ultimo numero di East Asian Forum Quarterly (EAFQ), “l’ascesa della potenza asiatica come forza economica nel corso degli ultimi 40 anni rappresenta uno degli esempi di maggior successo di sviluppo economico nei tempi moderni. Se l’Asia continua ad aumentare il suo forte tasso di crescita degli ultimi anni, nel 2050 potrebbe incidere per più della metà della produzione mondiale. Il reddito medio pro-capite potrebbe superare quello odierno europeo che ammonta a $40,000 (in termini di parità di potere d’acquisto), e potrebbero non esserci più paesi poveri in Asia”. Tuttavia Menon avverte, se questo è davvero il secolo asiatico, allora ci sono problemi a breve e lungo termine che l’Asia dovrà affrontare lungo il suo percorso. Strategie e piani politici che risultavano efficaci in passato, quando essa  era principalmente una regione dal basso reddito e dalle finanze limitate, lontana dall’avere un posto rilevante all’interno degli schemi mondiali, hanno meno probabilità di funzionare efficacemente in futuro.

Il continente asiatico inoltre, spiega Menon, deve riscattare dalla povertà milioni di persone, e i modi e la qualità della crescita saranno fondamentali. Se questa crescita continua a far aumentare le disuguaglianze e le differenze nei Paesi, la coesione sociale e politica può essere messa a rischio: incrementare le disparità fra Paesi potrebbe portare a migrazioni di massa o, addirittura, a un conflitto. Diversi Stati stanno incontrando difficoltà a uscire dalla trappola del reddito medio e, per questo motivo, hanno bisogno d’investimenti nelle risorse umane, nella ricerca e nello sviluppo, per poter così passare da un’economia di ripresa a un’imprenditoria “di frontiera”. Necessitano anche di una struttura governativa in grado di sostenere questi cambiamenti e di favorire la collaborazione creativa che sta alla base delle moderne economie dal reddito alto; alcune nazioni come la Cina e il Giappone, nota Menon, devono prepararsi all’invecchiamento della popolazione, mentre altre devono trovare degli impieghi proficui e soddisfacenti per la crescita della loro popolazione in età lavorativa.

Paesi popolosi come l’India possono beneficiare del vantaggio demografico solo se riescono a creare posti di lavoro sufficienti ad assorbire la forza lavoro sempre più in aumento. Se falliscono nell’impresa, l’imponente disoccupazione e i relativi problemi sociali sono la probabile conseguenza. Una buona parte della futura crescita asiatica, probabilmente più dell’80%, avverrà nei centri urbani, e si calcola che la popolazione urbana dell’Asia raddoppierà fino a raggiungere i tre miliardi nel 2050. La crescente urbanizzazione e lo stress da essa imposto nelle città costituiscono un’altra grande sfida che richiede una pianificazione tempestiva. Tutte queste questioni devono essere affrontate nell’ambito di una crescita sostenibile dal punto di vista ambientale, ora che la corsa alle risorse sta accelerando il passo.

In questo numero di East Asian Forum Quarterly, i più importanti analisti provenienti da tutta l’Asia, dall’America e dall’Europa affrontano questi sviluppi. Molte cose sono chiare, nonostante possano esser state sottovalutate e scarsamente accettate fino a poco tempo fa. La Cina, l’India e le altre potenze asiatiche avranno un ruolo fondamentale nella politica mondiale. Tuttavia, ci sono ancora molte questioni da definire, ed è ancora più chiaro che questo è un argomento sul quale sarà necessario tornare.

(Traduzione dall’inglese di Chiara Pasquin)


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