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Fare jazz...senza finanziamenti: investimento conveniente?

Creato il 04 novembre 2012 da Alessandro @AleTrasforini

Sentire e/o leggere che un Ministero taglia fondi per un festival del jazz può essere, sia in termini relativi ed assoluti, una questione assolutamente discutibile: possono questi tagli essere legati alla cessazione di 'spesa improduttiva'?  Possono queste spese essere eliminate a prescindere, in un contesto nel quale il rigore sembra essersi trasformata nella sola'virtù' da perseguire?  Investire nella cultura è un'attività realmente così inutile per innescare la (fino ad ora?) mistica 'crescita'?  A queste domande sembra rispondere, in maniera purtroppo chiara, la decisione del taglio ai fondi per l'"Umbria Jazz Festival" promosso dal Governo Monti: la 'giustificazione' ventilata sarebbe quella vicina al fatto che 'il jazz non è cultura italiana'.  Di fronte ai fenomeni di matrice culturale, le obiezioni che si potrebbero fare a questa affermazione sono teoricamente infinite: attraverso quali fattori è possibile 'circoscrivere' la cultura esclusivamente italiana? Laddove esisteranno iniziative figlie di contaminazioni, sperimentazioni e suggestioni, sarà sempre più necessario 'limarle' in quanto non definibili come "100% made in Italy"?  Attraverso quali 'argini' è possibile delimitare i patrimoni musicali in termini di nazionalità e confini statali?  Nella fattispecie, infatti, il jazz non è 'solo' cultura italiana, ma 'anche e soprattutto' patrimonio mondiale; molte sono le opinioni e le citazioni poste a conferma di quella che dovrebbe essere un'opinione da non dover neppure giustificare: 
"Il jazz non appartiene a una cultura, ma è un dono che l'America ha fatto al mondo." (A.Alaadeen)
"Il jazz, se si vuole chiamarlo così, è un'espressione musicale; e questa musica è per me espressione degli ideali più alti. C'è dunque bisogno di fratellanza, e credo che con la fratellanza non ci sarebbe povertà. E con la fratellanza non ci sarebbe nemmeno la guerra."  (J.Coltrane)
"Il jazz è la rivolta delle emozioni contro la repressione." (J.A.Rogers)
Al di là di ogni possibile citazione, per fortuna o purtroppo, il jazz è un genere musicale che rimarrà per sempre alla radice della musica 'collettivamente' intesa: da questo ne sono poi derivati moltissimi altri, magari anche appartenenti alla localizzata 'cultura italiana'.  Quanti compositori, cantanti e musicisti avranno preso ispirazione anche dal jazz per la stesura, la produzione ed il successo di pezzi divenuti poi simboli della tradizione italiana? Quanta parte di jazz è destinata a sopravvivere per sempre nella cultura 'made in Italy'?  Al di là di ogni citazione ed opinione, comunque, è lecito soffermarsi sulle reali motivazioni che hanno spinto il Ministero per i Beni Culturali ad annullare i finanziamenti dopo molti anni di sostegno: 
"[...]Secondo quanto emerge dalla lettera inviata dal ministero agli organizzatori [...] il contributo non sarebbe stato concesso per la mancanza di ‘criteri di qualità’. Una risposta incomprensibile: non soltanto per la comprovata rilevanza musicale e culturale dell’evento, ma per il fatto che lo stesso dicastero ha contribuito ininterrottamente per 11 edizioni allo svolgimento dei tale manifestazione; riconoscendone quindi implicitamente il valore artistico e culturale.[...]" (Fonte: mipiaceiljazz.blogspot.it)
Sembrano essere queste le motivazioni imposte alla radicale revisione dei fondi, seguendo un'interrogazione presentata al Governo da Carlo Emanuele Trappolino, Deputato Pd. Dopo oltre un decennio, dunque, un'assenza di criteri di qualità ha imposto la necessità di dover annullare i finanziamenti.  Quante e quali tradizioni hanno avuto, rispettivamente, le rassegne di "Umbria Jazz" ed "Umbria Jazz Winter"?  Guardando ai numeri cumulati in questi anni da queste rassegne, è possibile riportare quanto segue: 
"[...]L’edizione 2012 incassa poco meno di un milione di Euro, a fronte di 1,2 milioni dello scorso anno, ma con un cartellone di 180 concerti a fronte dei circa 260 dello scorso anno. L’incasso avrebbe potuto essere maggiore, fino a pareggiare addirittura quello del 2011 se soltanto l’arena fosse stata in grado di contenere le richieste per il concerto di Sting. Alleggerire il programma senza abbassare la qualità è stato il compito principale responsabilmente svolto da Fondazione e Associazione. Alcuni tagli, per esempio la marching band di mattina ed alcuni concerti teatrali, sono stati dolorosi ma necessari.[...] Musicalmente, è stato un grande festival, degno del livello qualitativo di Umbria Jazz. Un festival con il jazz nel cuore e che fa del jazz il cuore del cartellone, ma anche un festival di musica “altra”. Sonny Rollins, Sting, Erykah Badu, fino ad arrivare alla straordinaria notte di Ralf: significa che a UJ si suona la musica del mondo, senza preconcetti o steccati. [...] L’edizione 2012 si è anche caratterizzata per una decisiva svolta nell’uso dei nuovi media. Il sito ha registrato più di 150.000 visite e circa 537.000 pagine visualizzate nei 10 giorni. Tra le sezioni più cliccate quella ovviamente del programma a seguire foto e video. Umbria Jazz “dà i numeri” anche sui social: su facebook circa 20.000 gli engagement raggiunti in una settimana quasi  38.000 “likes” espressi da utenti la cui età è compresa tra i 25 e i 34 anni, con una portata nell’ultima settimana di quasi 400.000 contatti.[...]" (Fonte: www.umbriajazz.com)
Laddove i criteri di qualità siano distinguibili e/o pienamente identificabili, su cifre come queste dovrebbe essere opportuno riflettere con qualche 'pesantezza' in più: quanto conta il fatto che, forse, saranno anche queste rassegne a difendere e sostenere la candidatura a città come Perugia ed Assisi quali capitali europee della cultura? Quanto conta il fatto di avere a che fare con una rassegna che, nonostante i tremendi anni della crisi, riesce ancora a promuovere un notevole accesso (e successo?) di pubblico?  Per rispondere a domande come queste sembra necessario muovere ragionamenti concreti, reali, considerando specialmente quali risorse e quali cifre siano state dilapidate, negli anni, in altr(ettant)e manifestazioni culturali che non hanno meritato l'attenzione data loro: nonostante tutto, però, fa effetto sapere come il 'taglio' debba prioritariamente venire da settori come questi in tempo di crisi. Il settore culturale potrebbe essere, per l'Italia, un vero e proprio incentivo alla crescita ed alla necessità di immaginare un nuovo modello con cui creare valore: riconoscerne la reale importanza potrebbe costituire una prima 'scossa' con cui poter riavviare nuovamente altre speranze di crescita, diverse da quelle fino ad oggi percorse.  La cultura dovrebbe essere, salvo differenti punti di vista, la sola cosa capace di non far sentire l'essere umano un 'accidente' nell'Universo intero: esistono nuove possibilità per finanziare rassegne ed iniziative culturali? Attraverso quali 'binari' diventerà lecito muoversi un domani per ridare giusto peso alla cultura che conta, crea e può concretamente costruire occupazione?  'Fare' cultura è un'attività che, purtroppo, non garantisce solitamente investimenti cospicui sul breve termine: la necessità di investire con lungimiranti progetti è un altro pilastro su cui vale la pena riflettere a fondo. 
FARE JAZZ...SENZA FINANZIAMENTI: INVESTIMENTO CONVENIENTE?
Per saperne di più:
"Umbria Jazz 12, il Festival in note e cifre", www.umbriajazz.com
(http://www.umbriajazz.com/media/umbria-jazz-12-il-festival-in-note-e-cifre.html)
"Umbria Jazz, il bilancio: 80 concerti in meno ma stessa qualità", www.perugiatoday.it
(http://www.perugiatoday.it/cronaca/umbria-jazz-bilancio-edizione-2012.html)
"Umbria Jazz Winter, niente soldi dal Ministero per 'mancanza di qualità'", mipiaceiljazz.blogspot.it
(http://mipiaceiljazz.blogspot.it/2012/10/umbria-jazz-winter-niente-soldi-dal.html)

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