La tentazione di mandare tutto quanto parecchio a quel paese oggi ce l’ha, la ‘povna, perché a fronte dei due episodi di scuola come si deve che ha raccontato in questi giorni, ne ha lasciati correre, nuotati via, tali e tanti da vergogna che non basterebbero 52 settimane della morale a raccontarli. Si potrebbe partire dal collega Byker che presta la bici della scuola, donata da DaddyLongLegs, a “qualcun*” non bene identificato; e quando la ‘povna (che la usa per andare al Prefabbricato, alle riunioni con Barbie) se ne accorge le risponde: “Non ti posso dire chi è, ma ti prometto che torna”. E di fronte all’occhiata allibita della ‘povna oggi si precipita a parlare con Esagono, raccontandogli tutto (ma a lui, che è uomo e vicepreside il nome lo dice, ovviamente), perché “teme” (giustamente) “l’ira della collega”. Si potrebbe continuare con la collega di inglese che, a fronte di esplicita raccomandazione di silenzio sui commissari interni, ricordata da Esagono in consiglio di classe, dieci minuti dopo esatti si precipita a spifferare le informazioni alle famiglie dei Merry Men, provocando così una levata di scudi dei genitori e degli alunni: “Prof., le devo dire una cosa seria; guardi che i nomi dei commissari sono stati detti l’altro giorno ai ricevimenti, noi sappiamo che non si può, e anche i genitori hanno tentato di fermarla. Volevo dirglielo subito, a nome della classe, perché non pensaste che siamo andati a curiosare” – le parole sono della Pesciolina. Si finisce, in gloria, con Mr. House (con il quale la ‘povna deve partire in gita tra quattro giorni, e ora vorrebbe solo somministrargli dei gran schiaffi) che, a fine mattinata, se ne esce, bello bello: “Come è che scrivi insulti dei colleghi sul canale telematico?”. E, di fronte all’aria allibita della ‘povna (che lassù, primo, non scrive proprio insulti, secondo, ha una pagina blindata più del KGB ai tempi della guerra fredda), continua: “Ma sì, quell’intervista”. E viene fuori che qualche collega (donna, anzi, donnetta – perché gli ingegneri su queste cose sono talmente risolti da fottersene) ha letto l’intervista sulla lettura resa dalla ‘povna per un sito nazionale due settimane fa e, con buon ritardo (perché mai la scuola deve essere digitalmente aggiornata, del resto?), l’ha letta l’altro giorno e, di fronte alla solenne e originale affermazione: “Se i ragazzi non leggono è colpa anche della scuola e degli insegnanti, perché quando i docenti fanno leggere per dovere si vede, e coloro che amano davvero la lettura son pochissimi, e gli alunni, poiché adolescenti, non si ingannano” (un concetto, come si vede, dalla novità prorompente), si è sentito preso in causa, e se ne è andato a lamentare, secondo tradizione, nei corridoi, con una coda di paglia che la metà basta a costruire la casa del primo porcellino, tutta. Il resto lo ha fatto Mr. House, riferendoglielo, ma “senza peccatore. Che è giusto che ogni tanto qualcuno ti faccia diventare un poco umile”. (La ‘povna prima gli ha dato del cattolico, che se vuole l’umiltà se ne va in chiesa, e non alla scuola pubblica, e poi gli ha tirato un sonoro vaffanculo). La ‘povna è tornata a casa infuriata come solo lei sa essere; e non sono bastate, a placarla, 90 vasche in 53 minuti e le parole, diversamente consolanti, di Mr. Higgs, di Mafalda, di Esagono, dell’Ingegnera Tosta; così come dell’Anziana di Ginevra, di Noise, di BibCan, di Spersa. Perché la verità, anche a rabbia passata (ma la vendetta è, come noto, un piatto freddo – e la ‘povna sa aspettare, sempre), è che quello che ha raccontato oggi non è eccezione, ma regola. E che la buona scuola, quella di Renzi, certo, ma anche quella del quotidiano, non esiste. Lasciata troppo, e troppo spesso, al velleitarismo dei singoli. Che possono crederci, agire di concerto, magari metterci una pezza. Ma non potranno far nulla – neppure se arrivano a coprire ruoli importanti, neppure con un dirigente illuminato (come è il loro) – per creare una vera inversione di tendenza. Al massimo, potranno creare, finché saranno in quel luogo, una sporadica nicchia di benessere; ma che non riuscirà, mai, a radicarsi come prassi (non parliamo di regola). E, anche in questo caso, fortunatissimo, chi ha voglia di metterci la faccia lo dovrà fare, questo il messaggio, sempre un po’ meno di quanto potrebbe, con prudenza. Sia mai che, dimostrandosi troppo appassionato, finisse per dare troppo fastidio, nel confronto, alla massa degli stanchi ripetitori.
Magazine Diario personale
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