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Fascismi del Web

Creato il 31 agosto 2012 da Dave @Davide

di Davide Piacenza

Qualche giorno è ormai trascorso dalla frase sui “fascisti del Web”, pronunciata dal segretario del Pd Bersani nel suo intervento al festival del partito a Reggio Emilia, ma – dopo una penosa serie di batti e ribatti polemici con Beppe Grillo – il dibattito che ha scatenato non accenna a placarsi. Da una parte il leader di un movimento politico suppostamente “nato dalla Rete” – e quindi espressione più pura e sincera dei suoi contenuti – dall’altra un grande partito segnato dai retaggi della sua storia.

Per Grillo, ovviamente, il gioco è facile: è scontato che l’ex comico faccia leva sui talloni d’Achille dei grandi partiti (nel caso di quello di Bersani, l’immobilismo politico e l’essere sceso a patti “coi piduisti”) e cerchi, in tal modo, di conquistare il consenso di quella fetta di elettorato che cerca incessantemente l’alternativa. Quello del grado di apertura al Web, però, è un appiglio ormai quasi più vecchio dei pezzi da mausoleo del Pd e del Pdl.

Fascismi del Web
Intendiamoci: in un paese come il nostro, ancora segnato dal digital divide e da un certo grado di analfabetismo digitale, sapere usare canali di diffusione “alternativi” (sempre che lo siano ancora) è certamente un merito. Non lo è, tuttavia, arrogarsi il diritto di “parlare a nome del Web”, come se quest’ultimo fosse una voce unica, un luogo ben definito e dai contorni chiusi, in cui si esprimono idee sostanzialmente omogenee con metodi concordati.

Se da una parte, quindi, Bersani che invita i supporter di Grillo ad “uscire dalla Rete e venire qui” è perlomeno patetico, bisogna anche sottolineare come il tanto discusso Web sia qualcosa più di accedere al blog di Beppe Grillo e commentare le sue notizie con livore più o meno giustificato.

Ma, si diceva, il dibattito sugli effetti della “corsa al Web” – vecchio come il mondo, ma in Italia regolarmente in prima pagina da anni – non vuole saperne di sfumare. Oggi in un’intervista alla Stampa il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, ha commentato la vicenda in toni preoccupati: “A volte la sensazione che il web sia una gigantesca lettera anonima di massa ce l’ho. Un terreno dove non si sviluppano né le critiche né le risposte, il che può contribuire a generare populismo e autoritarismo”. Umberto Eco, il celebre studioso, qualche giorno fa ha pubblicato sull’Espresso un pezzo dal titolo “Che casino, troppe informazioni“, in cui affermava:

. E l’accesso incontrollato alle varie fonti, espone al rischio di non saper distinguere le informazioni indispensabili da quelle più o meno deliranti. [...] andate a vedere “nonciclopedia.wikia.com/wiki/Groenlandia” dove si dice: “La Groenlandia è un’isola situata in un punto del globo terrestre che, se esistesse davvero, confermerebbe l’ipotesi che la Terra è quadrata.

Come fa un ragazzo a sospettare che l’autore di questa notizia stia scherzando, o sia un personaggio eccessivamente stravagante? Così può accadere coi libri. Difficile che un editore accetti di pubblicare notizie del genere, se non precisando sulla copertina o sul risvolto che si tratta di una raccolta di allegri paradossi. Ma quando non ci fosse più alcuna mediazione a dirci se un libro va preso sul serio o no?

Il problema sollevato da Eco è uno: il surplus di fonti e informazioni causato dalla facilità di condivisione tipica di Internet. I ragazzi – povere anime – sarebbero sommersi da troppe notizie (gran parte delle quali “irrilevanti”) e si troverebbero così a dover fare i conti con “siti scritti da personaggi eccentrici” che, in buona sostanza, finirebbero per traviarne il giovane senso critico.

Ma il senso critico è tale proprio perché, col tempo e l’esercizio, rende in grado di discernere – e poco importa se sul famigerato Web, in una biblioteca o un negozio di dischi. Forse il sig. Eco è convinto che in una moderna libreria non si vendano che libri cartacei amorevolmente scelti da stimati pedagoghi o filantropi. Forse non sa di Fabio Volo, di “Cinquanta sfumature di grigio” e via discorrendo. Per quanto mi riguarda, su Internet ci sono troppi contenuti così come in biblioteca ci sono troppi libri e nei negozi di dischi troppi cd. Nessuno pretende che siano tutti “buoni”, ma un essere umano dotato di cerebro sa distinguerne la qualità. Esattamente com’è in grado di carpire immediatamente che Nonciclopedia è una celebre parodia di Wikipedia. Nient’altro.

Insomma: giocare al tiro a segno con una non meglio definita “Rete”, dichiararsi suoi fedeli alleati, propagandarla o volerla regolamentare sono facce diverse di una medaglia che continua a rimanere fedele a se stessa, ancorata ad anacronismi e pregiudizi che col Web – quello vero – c’entrano poco o nulla. Forse, prima di dichiarare, attaccare e definire, sarebbe meglio cercare di comprendere appieno ciò di cui si sta parlando, senza trita retorica e facile qualunquismo. Ma ho l’impressione che per questo servirà altro tempo.



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