"Non amavo altro che le parole... Avrei innalzato cattedrali di parole sotto l’occhio azzurro della parola cielo” (J.P. Sartre) La ribellione, la malinconia, gli occhi bistrati, il pensiero aperto. L’avidità di vivere e far finta che non sia vero, le maglie a righe, la musica jazz, le caves di Parigi negli anni cinquanta. E lei, Jiuliette Gréco sopra tutti, smarrita ad arte per diventare una musa scendeva le scale del Tabou e ne usciva a notte fonde aspettando l’alba sulla Rive Gauche. Il volto pallido, gli zigomi alti, l dolcevita nero e lo spirito maudit la resero l’incarnazione perfetta dell’esistenzialismo. Di lei si innamorò il genio del jazz, Miles Davis, una passione intensa e breve giocata fra la capitale francese e la splendida New York.
Parigi viveva anni favolosi, la cultura era nei bar. Il “Café de Flore”, la “brasserie Lipp” erano i luoghi dove letterati ed artisti ordinavano da mangiare e passavano lunghe ore a chiccaherare e guardando lontano. Sartre, Picasso, Mirò, la Beauvoir, Camus: l’alternativa per loro era Les Deux Magots, il più antico tra i caffé letterari, creato nel 1880 il cui nome si rifà ad un celebre negozio di tessuti e biancheria.
Se avessi la macchina del tempo vi porterei laggiù, in una di quelle caves a ballare fino a notte fonda. Per poi guardarci con gli occhi stanchi, riflessi lungo la Senna Sous le Ciel de Paris.Indosso il libro di Bertrand Dicale, Jiuliette Gréco le vite di una cantante
Photo Credit: Maddalena Barletta
I was wearing
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