Mercoledì 20 Febbraio 2013 16:03 Scritto da Martilla
La Fata del Topazio aveva sempre vinto, fin dalla prima edizione della gara, ormai erano passati più di cinquecento anni. Topazio era diventata famosa, era conosciuta in tutti i Boschi Incantati, avevano versato fiumi di inchiostro, a proposito delle sue vittorie, sul più importante giornale locale, La Penna del Gufo e, al suo castello, Topazio custodiva tutte le coppe in una stanza nella torre più alta, in cima alla scala a chiocciola.
La Fata era gelosissima dei suoi trofei: teneva la chiave della stanza appesa al collo, e tutte le mattine appena sveglia e tutte le sere prima di dormire saliva gradino per gradino, per controllare che le coppe fossero al loro posto, e che non ne fosse stata rubata nemmeno una. Aveva incaricato Canuto, uno gnomo fidato, di spolverare le coppe tutti i giorni con uno speciale prodotto lucidante, e uno straccino morbido, che le facesse brillare.
Topazio, però, ultimamente aveva cominciato a diffidare persino dello gnomo.
E dire che gli gnomi non possono fare magie, il povero Canuto non avrebbe certo avuto le capacità per trafugare quei tesori: la chiave era sempre appesa al collo di Topazio, la teneva anche quando dormiva, dentro la camicia da notte, ben stretta in mano, e anche mentre faceva il bagno. Ma non si fidava nemmeno di se stessa, perciò aveva protetto chiave e serratura con un Incantesimo AntiFurto, una formula potentissima, di cui si potevano servire solo le Fate esperte, che avrebbe impedito a qualsiasi altro Incantesimo Apriporte di introdursi nella stanza delle coppe e impossessarsene. I trofei erano di oro massiccio, così come la chiave. Ma non era certo il valore materiale che interessava a Topazio, bensì ciò che le coppe rappresentavano: cinque secoli di duro lavoro, di buone azioni, e di grandi soddisfazioni.
E poi “puf”, tutto svanito, arriva una ragazzina inesperta e ti scavalca così. Topazio era tanto, tanto amareggiata.
Acquamarina era un po’ più giovane di Topazio, e più inesperta, ma non per questo meno sveglia. Era stata premiata per un gesto di grande generosità: aveva rinunciato a un posto di prestigio presso l’Ufficio Magico per lasciarlo alla Fata della Quercia, che da tanti anni lavorava lì, e stava per essere declassata alle Mansioni Magiche, cioè scartabellare pratiche e plichi, anziché continuare a organizzare la struttura di Boscocipresso.
“Pazienza”, si era detta serenamente Acquamarina “sono giovane, è giusto che fatichi anch’io per ottenere ciò che desidero. Vorrà dire che smisterò documenti ancora per un po’”.
Ed era stata insignita del titolo di “Miglior Fata dell’Anno”.
Un’amica l’aveva iscritta al concorso di nascosto, e Acquamarina, benché contraria, non aveva potuto sottrarsi a quell’evento. Aveva vinto.
Ora avrebbe potuto portare in giro per il mondo la sua generosità e la sua Magia Bianca.
Ovviamente questa vittoria era giunta inaspettata, come un fulmine a ciel sereno. L’opinione pubblica, e del resto tutti quanti, davano per vincitrice Topazio, e la sorpresa aveva destato un tale sbalordimento da far andare in tilt tutte le redazioni dei Giornali Magici, tutti i Gufi, tutti i Piccioni Viaggiatori, perché le notizie e i pettegolezzi vorticavano a destra e a manca.
I maligni avevano già bollato la povera Topazio come “superata”, non risparmiandola di commenti gratuiti e velenosi. Fate Giornaliste piantonavano l’ingresso del suo castello per cercare di strapparle una foto o un’intervista, ma Topazio si faceva negare dai suoi servitori, chiudendosi in un triste mutismo, non volendo vedere nessuno.
Nemmeno le sue fedele servitrici riuscivano a consolarla. Le facevano sorprese, le regalavano fiori, le preparavano torte. Niente.
Topazio aveva perso l’appetito.
Ma la cosa che la atterriva più di tutte, a mente fredda, non era la sconfitta. Non era la seconda posizione nella classifica di Fatata, la rivista più di grido in circolazione.
La cosa più sconvolgente di tutte, la più spiazzante, era quel sentimento strano e nuovo che Topazio stava sentendo affiorare nel suo cuore, una sensazione molle e pesante come se avesse inghiottito del pongo.
Un sentimento che aveva preso la forma dell’invidia.
Ebbene, la Fata del Topazio era invidiosa.
Di Acquamarina.
E non poteva, perché la Fate Bianche, quelle che fanno Magia Buona, non conoscono odio né invidia, non possono provare alcun sentimento negativo.
Com’era possibile, allora, che Topazio fosse invidiosa? In effetti, la poverina non era del tutto certa che ciò che stava provando fosse invidia, proprio perché non poteva conoscerla. Eppure era assolutamente sicura che si trattasse di invidia. Un’invidia verde e strisciante, come un serpente di pongo.
Cosa fare?
Parlarne con qualcuno?
No. Avrebbe rischiato di essere disconosciuta. Una fata Bianca invidiosa non è degna di essere Buona, è una reietta, l’avrebbero esiliata di sicuro a Lagotorbido, il paese delle Fattucchiere.
Nascondere, dunque? Negare? Prima o poi sarebbe pur trapelato qualcosa, Topazio non avrebbe retto ancora a lungo.
E allora parlarne alla diretta interessata, anche se non sarebbe servito a nulla: la colpa non era di Acquamarina, ma dell’invidia di Topazio.
La poveretta passò una notte agitatissima, vittima di incubi orribili.
Si svegliò all’alba tutta sudata, sentendosi indegna di essere una Fata. Esplose in un pianto violento e si raggomitolò sotto le coperte, finché non fu ora di colazione.
In tarda mattinata, col pretesto di una passeggiata distensiva, riuscì a eludere il capannello di fotografi e giornalisti che presidiavano l’ingresso del castello. Al suo posto, una Fattucchiera come si deve avrebbe usato un Incantesimo Illusorio. O una Magia Apparente, per uscire dal castello indisturbata.
Ma Topazio non era una Fattucchiera. Non era nemmeno una Fata.
Cosa fosse, non lo sapeva più nemmeno lei.
Arrivò alla casetta di Acquamarina.
Bussò, sperando di trovarla.
Acquamarina aprì, sorpresa di trovare la Fata a cui aveva suo malgrado strappato il titolo di Fata Migliore dell’Anno.
-Posso aiutarti?- domandò, invitando Topazio a entrare.
Topazio raccontò i suoi problemi tutti d’un fiato, senza nemmeno assaggiare un biscotto al burro o una raviola alla mostarda.
Acquamarina ne fu molto impressionata.
Tacque a lungo, con un’espressione che sembrava scavare nella memoria, fino a un tempo lontano.
Topazio si preoccupò:- Hai intenzione di denunciarmi alle Autorità Fatate? D’altronde ne avresti tutto il diritto, sono quasi una criminale…- mormorò, con la voce rotta dal pianto.
Acquamarina sorrise:-Ma no, ma quale denuncia. Ti voglio raccontare una storia incredibile-
Qualche anno prima, nel regno di Lagotorbido, il popolo delle Fattucchiere era rimasto sconvolto da un fatto piuttosto insolito: una di loro, la Fattucchiera del Rame, si era svegliata una mattina con una strana sensazione di leggerezza.
Avrebbe dovuto fare il suo quotidiano giro del circondario a compiere cattive azioni di scarsa importanza, come far inciampare le vecchiette, far ribaltare i motorini, far piangere i bambini, far pestare le cacche, e così via.
Ma quella mattina Rame si era sentita così di buon’umore che proprio non le andava di rovinare la giornata a tutti. Allora era uscita, aveva comprato un grosso vassoio di paste fresche ed era andata a offrirle ai bambini all’ingresso della scuola. Aveva aiutato le vecchiette a fare la spesa, aveva dato da mangiare ai piccioni. E subito, la perfida Strega del Piombo, quella incaricata di controllare la cattiva condotta delle Fattucchiere, aveva fatto la spia a Cunegonda, la Fattucchiera Madre.
Rame era stata subito convocata a Palazzo Maligno e costretta a una severa, severissima punizione: l’esilio.
Si sarebbe dovuta ritirare nel triste Limbo Desolato, una landa grigia e deserta. Le Fattucchiere, a turno, le avrebbero portato pane e acqua.
Sarebbero dovuti passare due anni, allo scadere dei quali Rame avrebbe deciso se continuare a essere una Fattucchiera o diventare una Fata.
Di fatto, Rame non era più una Fattucchiera. Era diventata buona. Non poteva prendere in giro le altre, così.
- E tu me la ricordi molto- aveva detto Acquamarina a Topazio- però al contrario-
Topazio era rimasta molto colpita da questa storia. Era curiosa di sapere dove fosse adesso Rame, se vivesse ancora nel Limbo Desolato.
-No, non si sa dove sia. Nessuno ha più sue notizie da un bel po’. Una mattina, la Fattucchiera del Marmo è andata per portarle il solito pane e acqua ma non l’ha trovata. Hanno girato il Limbo in lungo e in largo, ma niente. Sparita. E sì che è davvero impossibile nascondersi in quel luogo, dato che è deserto. Rame è scomparsa. Un gran bel sollievo, per il popolo delle Fattucchiere- disse Acquamarina, con disprezzo.
La Fata del Topazio tornò a casa con una bufera di pensieri che le vorticavano nella testa.
Voleva trovare la Fattucchiera del Rame.
Ma come fare? Dove cercarla? Sarebbe tornata al Limbo Desolato. In fin dei conti, era lì che Rame era sparita. Avrebbe fatto domande a Lagotorbido, senza temere la Magia Cattiva delle Streghe. Tanto ormai, forse anche Topazio era diventata cattiva.
Sbocconcellò solo un tozzo di pane a cena, e andò a letto prestissimo. Rimase sveglia per ore a pensare. Non si addormentò che all’alba, soddisfatta e piena di buoni propositi.
Si svegliò tardi, bighellonò un po’ per non destare sospetti nelle sue fedeli servitrici e nel povero Canuto che veniva a pulire i vecchi trofei come ogni giorno.
Decisa ad incamminarsi verso il Limbo Desolato, i suoi pensieri furono interrotti dal fruscio dei passetti di Talco, una sua servitrice, che le annunciava l’arrivo della Fata dell’Acquamarina. Piuttosto sorpresa, Topazio scese le scale e vide la Fata seduta sul divano grande, quello di fronte al caminetto.
-Vengo con te- esordì Acquamarina d’acchito, senza convenevoli.
-Con me.. Dove?- domandò Topazio.
-Non fare la finta tonta. Ieri ho capito benissimo che ti saresti messa in cerca di Rame. Non penserai di andarci da sola! Il Limbo Desolato è un deserto. Non hai mai messo piede in quei luoghi, sono pericolosi. Emanano una cattiva aura, ti penetrano nella testa e ti indeboliscono, non è consigliabile per una Fata nelle tue condizioni. Sei troppo confusa per un’impresa simile. Se ti beccasse una Strega finiresti tra le grinfie di Cunegonda, che non vede l’ora di trasformare Fate in Fattucchiere. Verrò anch’io. Quattro occhi sono sempre meglio di due. Troveremo Rame- Acquamarina disse seria, d’un fiato.
-E tu cosa sai del Limbo?. Sembri conoscerlo bene… Ci sei già stata?...-
- Ecco, io….No –
-Adesso non essere tu a fingere. Ieri, mentre mi parlavi della storia di Rame, sei arrossita. Ti brillavano gli occhi. L’hai conosciuta personalmente?-
-Vedi, lei…..-
-Sì?-
-Lei è… Mia sorella-
-Tua… sorella?!-
-Già…-
-E come può essere?-
- In effetti può capitare. È molto, molto raro, ma può capitare. È una storia lunga e triste.
Sai, come può accadere che due genitori dagli occhi scuri abbiano un figlio con gli occhi chiari, può anche succedere che da una Fata e da un Mago Buono nasca una Fattucchiera. È il caso di mia sorella-
-Significa che qualche tua nonna allora è una Strega?-
-Ricordo che quando ero bambina i miei genitori consultarono l’Albero Genealogico della nostra famiglia, senza trovare nessuna parente, o almeno nessuna parente vicina che fosse una Fattucchiera. Io, molti anni dopo, ho ripescato l’Albero Genealogico in soffitta. L’ho trovato in un vecchio baule, tutto impolverato. Mio padre lo aveva nascosto perché io, mia sorella e mia madre non ci tormentassimo con quella storia. E ho trovato una mia trisavola, Verena, una Fattucchiera delle Selve. Ma il problema era un altro. Fin da bambina, Rame fu diversa da tutte noi Fate. Aveva comportamenti strani, a scuola si isolava. Finché tutti non scoprirono il suo segreto. Avevamo cercato di fare attenzione. Tutto inutile.
Mia sorella non poté più rimanere nel Regno Fatato, qui a Boscocipresso, e fu mandata in un collegio di Streghe. Ci scriveva spesso, con la promessa che sarebbe tornata, ma non lo fece. Era una strega, e rimase a vivere a Lagotorbido. Mia madre per il dolore impazzì. Mio padre è invecchiato in fretta. E io sono rimasta con la nonna-
-Che storia triste- commentò Topazio, colpita
-Immagino che ora tu voglia trovarla a tutti i costi, giusto? Ma perché non l’hai cercata prima?-
-L’ho fatto- rispose Acquamarina- un anno fa. Mi sono allontanata da casa con la scusa di una gita tra amiche. Mi ero portata dietro un fagotto con dei viveri, cibo e acqua per tre giorni-
-Sei partita da sola? E non hai avuto paura?-
-Sì, ma volevo trovare mia sorella e riportarla indietro-
-E poi cosa successe?-
-Successe che lungo il cammino non stetti attenta, e una Fattucchiera mi trovò. Mi cacciò via con un Incantesimo Allontanante pericolosissimo, ho rischiato quasi di rimanerci secca. Mia nonna chiaramente scoprì tutto e andò su tutte le furie. Ma adesso è passato del tempo, e mi sono fatta un’idea di dove possa essersi nascosta Rame-
Topazio e Acquamarina si accordarono per partire l’indomani, e così fu.
All’alba erano già pronte.
Topazio aveva lasciato un biglietto per i suoi fedeli servitori, raccontando la verità.
Dopo un po’ di cammino, le Fate arrivarono nei pressi del Limbo Desolato.
L’atmosfera si fece grigia e opprimente.
-Ma proprio non c’è una scorciatoia?- chiese Topazio, già meno convinta di aver intrapreso quest’avventura.
-Purtroppo no, il Limbo è un passaggio obbligato che congiunge Boscocipresso a Lagotorbido. I due Regni sono equidistanti. Il Limbo sta esattamente a metà tra Bene e Male. È il luogo destinato a ospitare le Streghe Snaturate-
- E mi spieghi perché per noi Fate è diverso? Se una di noi diventa cattiva non vale la storia del Limbo Desolato…-
-Vedi, le Fate sono profondamente buone. Non condannerebbero mai una di loro a una pena simile, anche se non è più una Fata. Non è nella loro buona natura. Sta alla Fata decidere se essere ancora tale o avvicinarsi al mondo delle Fattucchiere-
-E io secondo te cosa dovrei fare?-
-Beh non ho mai provato invidia per nessuno, non saprei, ma di certo non credo sia una buona idea passare a Lagotorbido. Non ne usciresti più-
Topazio e Acquamarina erano intanto giunte ai piedi di un monte altissimo e innevato, che si stagliava imponente su quella landa cupa e desolata.
- Nessuno ha mai pensato che Rame possa essersi arrampicata fin lassù. La temperatura è troppo bassa, inadatta alla sopravvivenza. Nessuna Fattucchiera si è mai avventurata a cercare mia sorella fin qui. La montagna è piena di insidie, anche per una Strega-
“E per una Fata?” pensò Topazio, rabbrividendo.
-Forza- disse Acquamarina, procedendo verso la salita.
-Non avrai mica intenzione…- mormorò Topazio, con voce strozzata.
-È l’unico luogo dove può essersi nascosta, so che Rame è piena di risorse. Sceglierebbe il freddo pur di non dover rimanere in questo posto orribile. Ecco, indossa questi-
Con un impercettibile movimento, Acquamarina fece apparire una borsa fiorata, da cui estrasse due pesanti mantelli imbottiti di pelo, guanti, stivali e paraorecchie.
Con un gesto altrettanto leggero, fece sparire la borsa.
Topazio non ebbe altra scelta che seguire l’amica, pur spaventata e infreddolita.
La salita si mostrò meno ripida e impervia del previsto. La neve era sempre fresca pur non nevicando mai, e mai si formava ghiaccio. Topazio affondava i piedi nella coltre bianca, sperando che quella fatica potesse servire a qualcosa. Acquamarina sembrava molto sicura, quasi sapesse perfettamente dove trovare la sorella.
- Nessuna fattucchiera è mai stata interessata a trovare Rame. Un impiccio in meno, che differenza fa? Meglio per loro, se è sparita.
Una strana forza malsana spingeva Topazio a guardare in continuazione verso il basso. Lo strapiombo le causò un violento capogiro, e Topazio perse l’equilibrio, facendo franare piccoli massi.
-Attenta, non devi mai guardare in basso. E mai intorno a te. Sempre dritto-
Intorno si agitavano strane ombre, che si dileguavano non appena Topazio si voltava.
“Non guardare mai intorno a te”, si ripeteva Topazio. Una sensazione di galleggiamento e un soffocato sovrapporsi di mormorii cupi spinse Topazio più volte a desiderare di fermarsi e rinunciare.
-Non pensarci nemmeno- la ammonì Acquamarina.
In effetti, dopo un bel po’ di cammino, Topazio scorse un pertugio laterale che conduceva a un minuscolo vano, sotto la neve, nel quale sarebbe potuta passare solo una persona accovacciata.
Il silenzio attorno era ovattato.
-Ecco, so che è qua. Non potrebbe essere altrimenti-
Una piccola grotta nella penombra lasciava intravvedere un lume acceso. Uno spicchio di luce illuminava debolmente un giaciglio con una figura scura raggomitolata.
Il volto di Acquamarina si illuminò. Topazio ebbe un tuffo al cuore.
Una figuretta addormentata e avvolta in un groviglio di panni respirava regolarmente. Una massa di capelli ricci le ricadeva sul pallido volto lentigginoso.
Quasi avvertendo le due presenze, Rame si svegliò. Spalancò gli occhi grigi e limpidi e riconobbe subito Acquamarina. Le due sorelle si scambiarono un lungo e silenzioso abbraccio.
Topazio avrebbe voluto porle una raffica di domande, ma esitava, intimidita.
“Come stai? Come sei riuscita a sopravvivere? Cosa farai adesso?”.
Arrivò il momento più temuto da Acquamarina, il momento della verità.
Suo malgrado, Rame era pur sempre stata attratta dal Maligno, e il fatto che nell’ultimo periodo fosse cambiata non significava che volesse diventare una Fata. Erano passati due anni, e di tempo per pensare ne aveva avuto. Se si fosse ricreduta? Se la sua bontà fosse stata solo un breve momento?
In fondo, nelle sue vene scorreva anche sangue di Strega.
-Io voglio essere Buona- sentenziò Rame, intuendo i pensieri della sorella- Sono più che convinta. Lagotorbido non fa per me. Non vi metterò mai più piede. Se mi vorrete, farò domanda di ammissione al Regno delle Fate, e troverò un Impiego Fatato. Ma basta cattive azioni-
Acquamarina, entusiasta, la abbracciò forte.
Quanto a Topazio, non sapeva proprio che pesci pigliare. Non si sentiva certo una Strega, ma si vergognava molto di aver provato un sentimento così basso come l’invidia!
Cosa fare? Non voleva tradire il popolo delle Fate continuando a rimanervi senza esserne degna, ma di certo non sarebbe andata a Lagotorbido.
Acquamarina e Rame insistettero perché rimanesse.
Rame ottenne la possibilità di diventare una Fata, anche se non fu così semplice.
Bisognava superare una serie di prove che dimostrassero i sentimenti buoni e puri che solo una Fata è in grado di provare. In passato, un sacco di Fattucchiere avevano simulato bontà con perfide magie, introducendosi sotto mentite spoglie nel Regno Fatato per carpirne i segreti.
Perciò, ora, i controlli erano diventati severissimi.
Fortunosamente, Rame superò brillantemente tutte le prove, e fu nominata ufficialmente Fata con una solenne investitura.
Non fu più la Fattucchiera, ma la Fata del Rame e la Fata Nutrice, la vecchia Felce, la incoronò personalmente.
Per Topazio furono giorni difficili, tormentata dal rimorso e dai sensi di colpa. Non sapeva come comportarsi, eppure non volle chiedere aiuto a nessuno, preferendo la solitudine e la riflessione.
Si chiudeva spesso tra i suoi lucidi trofei a pensare, e pensare, e pensare.
Una bella mattina di febbraio, Topazio bussò alla porta di Acquamarina e Rame, per comunicare loro la sua decisione.
-Che cosa?!- esclamò Rame- vuoi davvero lasciare Boscocipresso?-
-Sì, ma non ho la minima intenzione di andarmene tra le Streghe. Ho deciso di allontanarmi per un po’. Una mia cara amica mi ospiterà a Eleutheria-
-Ma è la Terra degli Elfi!- saltò su Acquamarina.
-Non preoccuparti, tornerò. È stata dura per me, scegliere questa strada. D’altronde, adesso come adesso, mi sarebbe impossibile rimanere qui. Non ho proprio voglia, però, di diventare cattiva. Lagotorbido non mi avrà mai.
Stare lontana mi servirà a pensare. E poi, con tutte le buone azioni che ho collezionato, è arrivato il tempo di lasciare spazio anche a qualcun altro, no?- disse Topazio, strizzando l’occhio alla Fata del Rame.