Sono proprio dei pellegrini, in quel senso emiliano che sta tra l’incompetente e lo scroccone: si lo sono questi parlamentari che in un momento drammatico prendono e spariscono per quasi un mese e mezzo. La scusa ufficiale è il pellegrinaggio in terra santa che 170 di loro hanno deciso di fare, il solito viaggio organizzato dal ciellino Lupi ai primi di settembre, per dare un obolo a Cl e ingraziarsi l’elettorato cattolico.
Che c’è di meglio per rinfrancare lo spirito ed elevarsi che fuggire dai problemi che del resto proprio la grande parte dei partecipanti alla gita ha provocato? Altro che pellegrinaggio, questa è una vera e propria fuga dalle responsabilità, vanno prima al mare e poi sul monte Tabor a mettere la testa sotto la sabbia, come gli struzzi non fanno, ma loro sì, lasciando che siano gli eventi e non loro a prendere le decisioni sul governo e sul da farsi. Una roba che per calmarsi, altro che Tabor, ci vorrebbe il tavor.
Per fortuna pare non siano più guidati da monsignor Fisichella, quello che contestualizzava bestemmie e bunga bunga del premier, perché chissà come tornerebbero spiritualmente rinfrancati e purificati e pronti alle eleganti cene di Arcore.
Ma si che vadano pure a quel Paese e se possibile ci rimangano anche: anzi potrebbero valorosamente interporsi tra israeliani e palestinesi a testimoniare qualcosa che non sia loro pochezza e la loro ipocrisia. Altro che appello al Papa come vorrebbe il Codacons: sarebbe un’ ennesima insopportabile intromissione del potere della Chiesa. Però a questo punto sarebbe quanto meno corretto che Camera e Senato facessero i nomi di tutti 170 pellegrini, oltre che chiarire chi pagherà il viaggio. Se la gita è una cosa buona e giusta non si vede perché ci dovrebbero essere dei problemi. Poi saranno gli elettori a giudicare se invece non è una sorta di diserzione.