Simpatica via di Spotorno
Sto arrancando lungo una salita al 9%. Vento freddo. Sono al quarto chilometro del trofeo Damanti- Buscaglia a Vado Ligure, organizzato dalla podistica savonese. La pendenza mi mette in affanno, lo ammetto, tant’è che ne cammino alcuni tratti, senza comunque perdere terreno. Cielo grigio ma non piove, ed è quello che speravo, dopo troppe gare di acqua e fango. Un pò di requie per le mie Saucony. Mi trovo in Liguria da sabato con il clan. Ambivo respirare sana aria di mare d’inverno con la speranza secondaria di scampare alla pioggia che da alcuni consecutivi weekend fa tribolare i runners. Desideravo una gara tranquilla ove il paragone con i primi non fosse impietoso, senza troppe velleità agonistiche, in accordo con il periodo che mi vede più focalizzato sulla costruzione.
Il Clan
Podisti nel tunnel
Non inganni, comunque, il fatto che il trofeo Damanti-Buscaglia sia definito “camminata non agonistica”. I camminatori, ci sono, per carità, in coda al gruppo dei partenti, muniti di bastoncini da nordic walking. I restanti altri corrono, bene, e lo faranno per circa nove chilometri di un tracciato che prevede salita per un buon 40%. Sommando runners e marciatori, i partecipanti ammontano a centotrè.
Sebbene durante il breve riscaldamento mi sentissi agile e veloce, dopo lo start dallo stadio “Chittolina” mi sono sentito molto meno baldanzoso, adottando di conseguenza la precauzione di tenere lo sguardo fisso sull’asfalto appena davanti ai piedi, onde non farmi condizionare dal passo dei primi, e adottare un’andatura che preservasse fiato da usare nell’imminente salita. Sì, perchè dopo soli due chilometri, il tracciato ha ignorato del tutto la costa e ci ha portato deciso su erte e strappetti che hanno lasciato il segno su gambe e fiato. Sì, perchè quando in Liguria volgi le spalle al mare per avventurarti all’interno troverai sempre, alla fine, una salita che ti aspetta in agguato. No more beaches here. Sì, infine, perchè questa è la schietta e severa Liguria dell’entroterra, dei ripidi sentieri, quella degli spazi faticosamente strappati dagli abitanti all’aridità delle montagne.
Si sale
“C’era il rinfresco”? Domanderà in seguito mia madre, suscitando l’ilarità di tutto il clan. Avevamo immaginato una gara con servizio di catering a metà percorso, ove solerti camerieri ti versassero aperitivi in flute di cristallo trasparente accompagnandoli con tartine di caviale.
Torniamo alla mia salita. Ecco, grazie a Dio o chi per lui è finita: là il banchetto del rinfresco. Pardon, del ristoro. Non prendo nulla, non lo guardo neppure: sono troppo occupato a cercare di recuperare. Ora si scende per due chilometri e settecento metri. Do’ gas come previsto. Allungo la falcata e mi abbandono sfruttando più la forza d’inerzia che il vigore dei muscoli.
Si scende
Dopo poco sono affiancato dalla mia auto, con Lia alla guida. Le avevo suggerito di aspettarmi al culmine della salita ma, seguendo il flusso dei runners a un certo punto si era trovata imbottigliata nel percorso, che si faceva sempre più stretto. Temendo potesse creare fastidio agli altri podisti, con un cenno della mano l’avevo invitata a parcheggiare in uno slargo a sinistra, attendendo il transito di tutti. Ora la strada è ampia, non c’è problema. E’ una strada sensazione, quella di essere accompagnati dalla propria auto in gara: è un deja vu ciclistico, dove la ford Fiesta diventa l’ammiraglia con il direttore sportivo che, dal finestrino aperto incita e consiglia. Lia non incita, però e i finestrini rimangono chiusi. Marco, dall’interno, scatta foto a ripetizione buona parte delle quali, causa condensa, paiono scattate da dentro una sauna finlandese.
Recupero qualche posizione, ma non abbastanza da essere del tutto soddisfatto della prova. Arrivo 37esimo su 73
Arrivo
Non una catastrofe ma il divario tra quello che ottengo e quello che vorrei ottenere è ancora troppo ampio per non avvertire una punta di delusione. E meno male che non avevo velleità agonistiche.
Prossima tappa del tour l’otto dicembre a Montelepre, paese natale di Salvatore Giuliano.
P.s un saluto particolare agli amici degli ALBENGA RUNNERS che mi hanno riconosciuto grazie al “costume”. Meno male che non si sono portati dietro la vecchietta
Ed saluto a tutti, in generale.