Per un impegno domenicale avevo deciso di anticipare sabato scorso la consueta gara di fine settimana e la scelta era ricaduta sul trail del lago d'Orta che dava la possibilità di misurarsi su diverse lunghezze: quattordici, ventidue e l’ULTRA 63 km.
Scartata la distanza lunga per una questione di sopravvivenza, chiuse le iscrizioni alla ventidue ben prima di aver potuto aderirvi, ecco che la 14 km, con partenza alle undici e iscrizione il mattino della gara era diventata una scelta obbligata.
Pogno
Giunto a Pogno, tranquillo paesino circondato da dolci e verdi colline faccio appena in tempo ad assistere alla partenza dei coraggiosi dell’ultra, un multicolore e volitivo corteo che, dopo un breve tratto-passerella per le vie del paese, si lancia all'attacco del mostro multichilometri.La giornata sembra fatta apposta per correre, con un sole sul quale nessuno avrebbe scommesso solo pochi giorni prima, visto che le previsioni metereologiche annunciavano tutt'altro.
M'iscrivo, e zompetto per tre km come riscaldamento.
Del percorso non so nulla: a volte l'ignoranza è preferibile.
Poco prima del via la massa fremente dei partecipanti, circa 150 persone è benedetta dal simpatico parroco locale, don Salvatore:
-Se vi capita qualcosa dopo questa benedizione non dite "ecco, è colpa della benedizione"; piuttosto "pensa se non mi avesse benedetto". -
Si parte subito in ascesa, ma salgo tranquillo, piuttosto agile. Al mio fianco Stefano, che rivedo dopo un bel pò di tempo, e la sua Mika, concentratissima. Dal quinto in poi l'ascesa diventa notevolmente più severa, e in certi tratti cammino, cerco di risparmiare forze e far sì che la frequenza dei battiti scenda un po’.
La Madonna del Sasso. Photo by Team 5Cascine Cislago
Dopo 5 km di ascesa, il santuario della Madonna del Sasso ci accoglie solenne e quasi abbacinante. Da lì il panorama sul lago d'Orta è bellissimo, ma la fatica vuole che gli rivolga solo uno sguardo distratto. Una breve sosta al ristoro, una manciata di biscotti messi in tasca e si risale. La pendenza è talmente severa che correre non è possibile. Salgo quindi camminando e sgranocchiando una galletta, reprimendo qualche imprecazione sul solito argomento "questa salita non finisce mai". Inutile illudersi che dopo il prossimo tornante, dopo la prossima erta la strada spiani è controproducente perchè quando non succede poi la delusione è grande e la fatica raddoppia. Allora vivo il momento, concentrandomi su ogni singolo passo, come se non esistesse che un eterno presente. Questo non mi consola molto, ma certo mi regala più concentrazione. Qualche breve tratto in discesa mi permette poi di rifiatare, fino alla via degli scalpellini, il cui ultimo tratto è attrezzato con robusti corrimano in legno, preludio all’emozionante passaggio sui monti della Luna, una sorta di tonde e spoglie collinette ricoperte da sabbia bianca, da cui lo sguardo può spaziare a 360 gradi sul lago .Monti della Luna. photo by Julia Baykova
Oltre queste c'è ancora spazio per un' altra breve ascesa, e poi un bellissimo tratto semipianeggiante in cui mi ritrovo solo, a correre nel sottobosco. Non vedo più nessuno né davanti né dietro. E' il momento più toccante, in cui mi sono sentito davvero parte del TUTTO. Pensare che fino a poche ore prima stavo rockkeggiando in un affollato locale.Poi, la bramata discesa: cinque km in picchiata fino a Pogno. Io amo le discese, ma qui ce n'era troppa pure per me, e tanto ripida da sentir male agli addominali nel tentativo di rallentare.
Infine l'arrivo, ancora con buona lena, e mia madre che mi applaude, incredula, informandomi che ero giunto 29esimo.
Davvero una sorpresa.
Una saluto a tutti.