I casi di femmicidio, nel recente passato, sono stati davvero tanti.
Capita a proposito la riflessione che Beppe Severgnini propone sul dilagare della violenza contro le donne in un articolo intitolato “Noi maschi dovremmo occuparci di più del femmicidio”.
Il medesimo tema, in forma romanzata, viene affrontato da Patrizia Rinaldi in “Blanca”, un giallo sui generis caratterizzato da un lirismo coniugato secondo le desinenze dell’intuito femminile.
Nell’opera, gli inquirenti del commissariato di Pozzuoli si devono occupare – oltre che delle misteriosi scomparse di due ragazzi - dell’assassinio di una donna (“Mi chiamo Margherita Meini in Russo e abito ai 600 Alloggi”).
Margherita si era già presentata al commissariato per denunciare un fatto: “In risposta a un periodo di crisi matrimoniale … il signor Gianni Russo aveva preso la figlia (ndr: Ninì) e l’aveva portata via.” Ma poi aveva desistito ed era scappata via. Nella sua reticenza, un chiaro segnale di minaccia, che prelude al femmicidio.
L’indagine è condotta dal commissario Martusciello e dall’ispettore Liguori, con il supporto dell’ipovedente Blanca (“Gli occhi non erano spenti, parevano distratti a guardare altrove”), la vera protagonista dei gialli di Patrizia Rinaldi: “Forse una donna avrebbe sciolto le reticenze di altre donne”.
Ben presto emergono indizi a carico del marito di Margherita: un personaggio violento, gretto (“Quando era incinta, Margherita vomitava di continuo … Avrebbe fatto passare la voglia a chiunque”) e maschilista (“Ah se la fosse presa normale, che sapeva fare il dovere suo a letto e a casa e che magari se ne andava pure a fare i fatti suoi, ma zitta, in silenzio, come fanno tutte”).
L’autrice esprime il suo pensiero con l’intensità poetica che caratterizza la sua prosa, affermando che Margherita “era diventata una figura da tabernacolo, davanti a lei si inginocchiavano le morti di donne uccise in casa, sulla strada, al lavoro.”
La storia è ovviamente ben più articolata e ha tutti i crismi del giallo appassionante, coinvolgente e sorprendente.
Ma il lettore, alla fine, sarà grato a Patrizia Rinaldi per la sua abilità nel tessere la rete di solidarietà femminile tra le donne del romanzo: innanzitutto tra la vittima Margherita e la sovrintendente Blanca, perché alla sensibilità di quest’ultima (“Mescolo suggestioni e osservazioni sensate, senza vergogna”) verranno affidate le sorti di Ninì, la figlioletta orfana che non poteva finire in mani migliori…
Bruno Elpis