“HO TROVATO LA CURA AL MIO CANCRO. MA HO FINITO I SOLDI PER CONTINUARLA!”
intervista ad Arturo Villa, ammalato di carcinoma epatico con metastasi ai linfonodi, che da un anno si cura con un personale protocollo naturale.
“La verità è che io non voglio morire”. Di che stoffa è lo si capisce a pelle. E lo si apprende subito, dalla prima stretta di mano. “Mi chiamo Arturo Villa, ho 53 anni e vivo a Cesena. Ho un carcinoma epatico con metastasi ai linfonodi. E sto bene, grazie!”
Non occorre molto. Per entrare nel mondo di Arturo, nella sua vita cadenzata da un rigido protocollo mentale e salutare autoimposto, basta poco. Questione di minuti, forse secondi. E la sua storia vera entra dentro come solo una battaglia coraggiosa per la vita sa fare.
“Un anno e mezzo fa ho scoperto di avere il cancro. E il cancro è cancro, ragazzi, non si scherza. Io ho pensato bene di non farmi mancare nulla e di farmi venire quello più cattivo in circolazione, quello più silente, su cui la medicina tradizionale alza la mani dicendo che non c’è nulla da fare. Devi morire, mi hanno detto a gennaio di quest’anno. Ma io non voglio morire. E ho capito come fare”.
Una lotta per la vita quella di Arturo Villa. Una lotta che va oltre la medicina convenzionale, perché “tutto ciò che ne fa parte- dice-, mi è stato detto essere inutile nel mio caso”. E tuttavia una lotta che nessuno vuole sostenere. Nessun centro di ricerca contattato, nonostante le ultime 4 TAC in questi mesi riscontrino un arresto della proliferazione del cancro e una sua parziale regressione. Nessun sussidio statale. Nessun medico interpellato. Nessuna azienda che mostri interesse o quanto meno curiosità al suo protocollo personale, sostanzialmente basato su un cambio drastico di alimentazione e sull’assunzione di specifici integratori naturali necessari alla cura di una cancro tanto particolare quanto invasivo.
Nessuno, a parte noi di Be4eat. Che in Arturo crediamo e riconosciamo la forza di una disperazione disposta a tutto, anche a studiare, creare e protocollare da solo una cura che oggi sta dando i suoi primi risultati ma che ha bisogno di aiuto per essere portata avanti.
“Io il cancro l’ho fermato. Ora però ho finito i soldi!”
La verità, Arturo, è che la medicina ti definirebbe oggi come un morto vivente…
“Stando alla medicina convenzionale, sarei dovuto morire pochi mesi dopo quel fatidico gennaio 2013. Mio padre e mio nonno erano morti a metà agosto, così quella era la data che mi ero prefissato di raggiungere. Sei mesi, e poi via. Ora lo racconto così, ma potete immaginare cosa si scatena dentro. Avevo un cancro al fegato scoperto per caso, grazie ad una risonanza che mi ero autoprescritta e che aveva diagnosticato anche una metastasi ai linfonodi. Avevo il cancro più terribile in assoluto, quello che non risponde a nessuna chemioterapia né radioterapia. Per me esisteva solo un farmaco di nuova generazione, che avrebbe dovuto allungarmi la vita di qualche mese infliggendomi non poche agonie. Per qualche settimana andai a letto tutte le sere in compagnia del mio cancro e pensando alla morte. Se ci ripenso a quei momenti, sto ancora male. Ma per fortuna ho reagito e ho studiato”.
Cosa hai studiato?
“Tutto ciò che su Internet c’era sul mio cancro e sulle sue possibili cure. Ero una persona estremamente ignorante. Avevo passato la vita dietro un computer, ero un informatico. E non mi ero mai preoccupato della mia salute. Mi sentivo immortale. Mangiavo tutto ciò che non assomigliasse ad una verdura o frutta. Mi piaceva bere, soprattutto il grappino con tanto caffè. E l’attività fisica era stata inventata per tutti i miei amici, meno che per me. Così quando mi ritrovai questo cancro tra le mani, ero un ignorante di prima categoria. Non sapevo cos’era, non sapevo come trattarlo, non sapevo nemmeno che potessero esistere delle cure alternative. L’unico vero motivo per cui ora sono ancora qui è che ho avuto la stragrande fortuna di avere un cancro che non rispondeva alle cure tradizionali, altrimenti mi ci sarei buttato senza sapere perché o per come e sicuramente oggi starei peggio di come sto adesso.”
Ciò che colpisce di più è che non hai scelto un protocollo o una cura alternativa specifica già esistente, ma ne hai creata una tua. Perché?
“Su Internet c’è un gran casino. Quando ti siedi lì e cerchi di avere una risposta alle tue domande si apre un mondo di nozioni, informazioni, protocolli e verità nascoste che si contraddicono le una con le altre e che ti portano fuori di testa se non sai tenere la redini a freno… Ho pile di pdf stampati, libri, studi, ricerche e pubblicazioni scientifiche sul mio cancro e sulle sue possibili cure. Tuttavia, prima di perdermi nei meandri di tante teorie diverse che pretendono di avere tutte ragione, decisi di puntare su due cose essenziali: il mio sistema immunitario, che doveva tirarmi fuori dai guai; e il mio fegato ammalato da risistemare. Nient’altro. Per questo ne è nato un bricolage, un mio protocollo personale che ha preso un po’ qua e un po’ là in base alla risposta del mio corpo e al suo bisogno reale in quel momento. Io sto curando me stesso e il mio cancro. Non ho bisogno di rendere credibile la mia teoria: ciò che faccio funziona se ho risultati. E l’unica cavia del mio studio, sono io. Il resto non conta”
Eppure è proprio credibilità ciò che chiedi quando scrivi sul tuo blog e pretendi di essere preso sul serio?
“Io mi sento credibile. C’è una profonda differenza tra me e un medico o un ricercatore che scrive sulla cura del mio cancro. Io se sbaglio, muoio! Quel dottore se sbaglia, muori tu mica lui! Può sembrare banale, non lo è. Quando mi scrivono su facebook segnalandomi quella o quell’altra teoria di quel dato dottore che dice che mangiare la frutta zuccherina, che io evito, non fa male al cancro, io gli rispondo sempre che va bene, quando quel dottore avrà un cancro, lui si mangerà tutti i tipi di frutta. Io preferisco selezionarla in base allo zucchero e alla reazione del mio corpo. Quando non avrò più il cancro me la mangerò tutta, giuro. Nel frattempo continuo a studiare e sperimentare solo ciò che funziona su di me per davvero.”
E cosa funziona per davvero?
“Il mio protocollo e i miei tre pilastri fondamentali: l’Ascorbato di potassio; il Ganoderma Lucidum e il SynchroLevels. Su questi tre fondamenti non transigo mai, uniti però a tutto il mio sistema di cura. I medici non capiscono di cosa parlo. Sulla mia scheda l’oncologo ha scritto: si cura da solo con il SynchroLevels. Non è vero! Non mi curo con il SynchroLevels. Insieme al SynchroLevels c’è una infinità di altre azioni, come un drastico cambio alimentare e stile di vita, l’eliminazione di tutte le proteine animali, la somministrazione di più di 3 litri di succhi verdi, l’utilizzo di alcuni integratori naturali indirizzati alla mia particolare patologia che può rendere più difficoltosa l’assimilazione dei nutrienti, la scelta quasi crudista della mia alimentazione e l’attenzione quasi spasmodica alla mia serenità mentale. Tutta la mia cura si incentra sulla necessità di vivere serenamente la mia condizione e di godere della vita. Non è l’integralismo che porta alla guarigione. Dentro al mio protocollo, che mi richiede quasi tutta la giornata nel seguirlo e prepararlo, c’è anche la pizza con mozzarella la domenica sera e il pesce di tanto in tanto mangiato in compagnia. Non è la trasgressione che conta, quanto i livelli guida. E quelli sono alla base del mio protocollo che nessun medico e nessun centro di ricerca contattato vuole prendere in considerazione nonostante i benefici raggiungi finora. Sono vivo e dovrei essere morto. Le ultime 4 TAC testimoniano che il mio cancro non solo si è fermato, ma è anche regredito. E io mi sento benissimo. Sto meglio ora che ho il cancro di quando non ce l’avevo.”
Cosa ti dicono i medici?
“Niente. Nessuno dice niente. Alcuni hanno tentato di dirmi che a volte succede, casi di rallentamento nell’avanzata di questo tumore ce ne sono già stati. E allora io gli chiedo, perché? Avete studiato perché in alcuni casi il mio cancro, quello più temibile, quello che ha il più altro tasso di proliferazione in assoluto, quello che ti fa fuori in pochi mesi, si rallenta? Cosa è successo? Cosa hanno fatto per cambiare il decorso? Io sono qui, mi offro. Sono a disposizione di medici, centri di ricerca, case farmaceutiche o aziende che producono integratori naturali. Il mio cancro sta regredendo. Ho cambiato alimentazione, ho cambiato stile di vita, ho assunto alcune tipologie di integratori studiati su misura per me e sulla risposta della mia malattia: sono a vostra disposizione. Studiatemi. E vedete se voi, che ne sapere più di me, riuscite a trarne qualcosa di buono per tutti. Sai quanti hanno risposto al mio appello? Nessuno…”
Chi risponde però è la rete?
“Gli amici in rete sono unici. Mi hanno salvato la vita. Grazie a loro e alla loro colletta sono riuscito a sovvenzionarmi altri 3 mesi di cura. Non è stato facile chiedere soldi in rete. Sono sempre stato bene finanziariamente e chiedere aiuto mi è pesato. Ma la risposta è stata inaspettata. Non avrei mai immaginato che tante persone avrebbero risposto alla mia sommessa richiesta di aiuto in modo così generoso. Ora però sono punto e a capo. Tra un mese tutto torna come prima e mi trovo nell’assurda condizione di essere riuscito a trovare il modo di sconfiggere il mio cancro e di non potermi pagare la cura”.
Di quanto hai bisogno?
“600 euro al mese. Sono andato a chiederli ai centri di ricerca e agli ospedali. Pensavo che se io rifiutavo le cure da 6.000 euro al mese che mi passa lo Stato, si poteva trovare una formula per usufruirne di una piccolissima parte (600 euro) continuando a studiare e a fare ricerca su un cancro che miete continue vittime in Italia. Ma la risposta, ovviamente, è stata picche. Non possono assumersi la responsabilità di come mi sto curando. E ora comincio davvero ad aver paura di non farcela…”
A proposito di responsabilità, cosa rispondi a chi ti scrive e cerca di emulare il tuo esempio?
“Io lo dico sempre. Non posso assumermi la responsabilità della malattia di qualcun altro. Non sono un dottore, non ho studiato per salvare la vita alle persone. Sono solo un uomo che sta studiando il suo cancro perché non vuole morire. Alcune cose le ho capite. E ho ottenuto dei risultati su di me di cui sono felicissimo. Ma non posso sostituire un medico e non posso consigliare una terapia piuttosto che un’altra. Pubblico sul mio blog i risultati della mia cura perché sono convinto che la gente deve sapere: deve sapere che esistono altre strade. Deve sapere che una sentenza di morte certa può essere cambiata. Deve sapere che c’è speranza anche lì dove viene negata. Sempre. E comunque. Anche quando ti mancano i soldi per andare avanti…”