“Not enough war, not enough famine, not enough suffering, not enough natural selection…”
Monumenti storici e paesaggi incantevoli deturpati da doppi menti in primo piano. Un flusso ininterrotto di presenze umane che offuscano qualsiasi cosa di bello questo pianeta abbia da offrire. L’estate dei (delle?) selfie. Foto di cui non frega un cazzo a nessuno tranne a chi le ha scattate. L’anno scorso erano i piedi, mi pare. A mollo, nella sabbia, con i sandali e così via. Il prossimo anno chissà? Oggi, però, tutti con il telefonino in mano a circa un metro di distanza pronti a immortalare qualsiasi cosa con sopra la propria faccia: il selfie con la torre di Pisa, quello in barca, quello immancabile con lo spritz e quello con il biglietto aereo in mano. Ovunque, sempre, comunque. E poi le persone che dicono questa parola, la ripetono: “dai vieni che ci facciamo il selfie al tramonto” “ahò, ma te lo sei fatto il selfie col faro?” (mo’ spiegatemi che cazzo è il selfie col faro). Se il senso ultimo è assicurarmi che siete stati in vacanza vorrei tranquillizzare tutti: giuro che ci credo, sono assolutamente certo che vi siate divertiti tantissimo. Non penso di essere degno della vostra gioia però, tenetemene fuori. Le canzoni che ascolto io, quando, va bene parlano di nasi rotti e cuori distrutti, tutta questa felicità mi rende instabile.
Che poi gli autoscatti ci sono sempre stati, qui però mi sembra si stia andando un pochino oltre. Questo mettersi in mostra continuamente, secondo me, rivela aspetti psicologici abbastanza gravi; che tipo di persona ha il bisogno di vedere il proprio ego rafforzato a forza di like ogni cinque minuti? Ma davvero la conta dei ‘mi piace’ può essere assunta come unico metodo di validazione della propria esistenza, è questa la rassicurazione ultima in nostro possesso sul fatto di essere belli e fichi?
Che le donne, in generale, abbiano una certa inclinazione alla vanità mi sembra una cosa normale e anche salutare, che piaccia loro essere apprezzate per il proprio aspetto fisico mi sembra perfettamente nell’ordine delle cose. Comprendo benissimo che ricevere un like sia un po’ come ricevere un complimento. Che alla lunga commenti quali “wow, bellissima”, “troppo…” o “guapa!” possano sortire lo stesso effetto mi lascia qualche dubbio ma, vabbè, ci può stare. Dove la faccenda diventa veramente grave è quando tutti questi atteggiamenti transitano al genere maschile. Qui è il crollo del mondo come lo conosciamo, qui la parabola decadente dell’occidente si palesa in tutta la sua evidenza. Uomini con le sopracciglia lavorate, occhiali gaggi ed espressioni da bel tenebroso. Tutti questi bei maschioni in posa sexy con la moto e sfoggio del sorrisone maggico. Gli uomini che si fanno i selfie, il trionfo della froceria. Guardo ‘ste foto e non ne capisco il senso. Volevi fare il modello? Ambisci a qualche forma di celebrità? Hai bisogno di scopare? Ti prego, dimmi che cazzo ti passa per il cervello, perché io proprio non riesco a capirlo. Perché bisogna essere chiarissimi su questo punto: se sei un uomo e ti fai autoscatti a getto continuo per farli vedere in giro, sei un tipo a cui piace farsi le pippe allo specchio. Sicuramente lecito, ma non andrei a dirlo in giro.
Ecco, i Killer Be Killed sono il modo in cui Max Cavalera sublima la propria voglia di sentirsi dire che è fico. Lui non si fa una foto, ma raduna gente del giro ‘giusto’ (Troy Sanders dei Mastodon, l’ex Mars Volta Dave Elitch, Greg Puciato dei Dillinger Escape Plan), ci fa un album e si candida a essere l’uomo perfetto per tutte le stagioni. Il Gianni Morandi del metal. I compari, tutti di livello, servono solo a lui e alla sua necessità di essere sempre e comunque legittimato come il più migliore in circolazione, quello che si può permettere di avere settanta band differenti e cinquanta collaborazioni per disco, tutte inutili. E’ proprio il concetto alla base ad essere sbagliato infatti; il risultato a questo punto è solo un incidente di percorso (che, per inciso, fa anche cacare, dato che è un mischione senza senso di tutti i gruppi citati sopra).
Killer be Killed è più di un disco inutile. E’ una nuova forma di onanismo che può nascere da un ego smisurato se privo di rassicurazioni. E’ l’equivalente discografico di quello che fate tutti voi che vi mettete in posa, vi scattate una foto poi la lavorate e la postate all’unico scopo di farvi dire che siete belli. Morrissey tanti anni fa per molto meno invocava l’armageddon e si augurava una guerra nucleare. Auspicio che io rinnovo oggi nella sua interezza: se davvero esiste un aldilà, nulla di questo resterà impunito.