Magazine Diario personale
E quando sabato scorso, nel cuore della Maremma Toscana, dopo un tragitto di circa venti minuti a bordo di un pulmino omologato per otto persone, in strade sconnesse e ancora umide per la pioggia caduta incessante nei giorni subito precedenti la nostra gita fuori porta, siamo approdati presso le terre della Fattoria La Maliosa, in un baleno la mia mente è tornata alla vigna del nonno. Certo la sua non aveva ottenuto la certificazioni Biologica e Biodinamica, ma i suoi sistemi di coltura erano molto simili a quelli praticati oggi nella Fattoria. Tutt’intorno alle due vigne(di cui una vecchia con viti miste di Ciliegiolo e Alicante e una nuova, nascosta e quasi segreta con viti di Ciliegiolo in purezza, posta più in basso rispetto alla precedente, con un‘umidità maggiore e un terreno con limo ed argilla in quantità importanti che non lo rendono facilmente lavorabile, ma il vino rosso che se ne ricaverà avrà proprietà importanti) e all’oliveto della Fattoria (che è stato infittito di recente per far si che l’olio ricavato avesse potuto ottenere la certificazione IGP), una natura incontaminata nella quale stupirsi di fronte ad un raro e commestibile asparago selvatico, ad un fiore ancora non completamente schiuso, ai fiori dell’arancio bianchi e candidi, ad un mandorlo senza più fiori e con al loro posto dei boccioli verdi e pelosi contenenti una mandorla acerba, ma già commestibile, una pianta di rosa canina o un albero con i fichi verdi già grandi come una noce.
Un’impresa coraggiosa e faticosa, quella della Dottoressa Antonella proprietaria della Fattoria, la quale crede fervidamente nel suo progetto che sta portando avanti con molta determinazione e meticolosità. Ad accompagnarla Enrico, l’Enologo della Fattoria, che ci ha spiegato che nell’agricoltura Biodinamica, un’agricoltura quasi mistica e spirituale, viene data una grande attenzione al benessere del terreno “perché se il terreno sta bene le piante che vi cresceranno non potranno essere che sane”. Nessun concime, ma solo sovesci cioè la sepoltura di particolari piante a scopo fertilizzante, la rotazione delle colture e due preparati per fertilizzare il terreno da utilizzare seguendo il calendario elaborato ogni anno da Maria Thun: il cornoletame e il cornosilice. Il cornoletame conosciuto anche come preparato 500 è composto da letame di mucca che verso fine settembre viene messo dentro le corna di vacca; queste vengono poi sotterrate in un luogo adatto. Intorno al periodo pasquale vengono dissotterate. Il letame posto internamente alle corna è completamente trasformato in humus inodore, scuro, colloidale. Tutto il preparato viene poi conservato in una cassa imbottita di torba al riparo da luce e calore. Al momento dell’utilizzo il cornoletame viene sciolto nel dinamizzatore con acqua a 37° e viene distribuito sul terreno asciutto al calar della sera, a gocce grandi nelle dosi di 80/90 gr. per ettaro. Il cornosilice o preparato 501 invece viene prodotto frantumando cristalli di quarzo bianco, inumidendoli e formando un impasto che viene inserito nelle corna di vacca. Le corna vengono sotterrate da Pasqua fino all’autunno. Dopo aver dissotterrato le corna si preleva la polvere bianca della silice e si conserva in barattoli alla luce. Al momento dell’utilizzo il cornosilice viene disciolto in acqua a temperatura ambiente e si nebulizza sulle piante. Le dosi sono di 2/3 gr per ettaro e questo preparato deve essere spruzzato la mattina.
Un’attenta cura per mantenere la terra fertile, per mantenere in buona salute le piante e per accrescere la qualità dei prodotti. E i vini e gli oli che attualmente si fregiano del marchio la Maliosa testimoniano che Antonella e il suo team stanno facendo bene, anzi molto bene! Un olio che si può degustare, meglio se guidati da Fausto, prima e durante il #picnicbiodinamico sur l’herbe, organizzato per noi. Ad immortalare la scena quasi surreale, al posto di Monet c’erano tante reflex i cui clic svanivano trasportati dagli aliti di vento fresco che soffiava con regolarità e rendeva le nuvole onnipresenti, particolarmente ballerine.
E dopo il picnic terminato a Cantucci e Vino, ma di quello Santo, ad attenderci c'erano i 37 ° dell'acqua delle Terme di Saturnia. Un'acqua termale ricca di sostanze uniche e benefiche(la mia pelle dopo il bagno era liscia come la seta) che sgorga ininterrottamente da 3000 anni all'interno di un cratere al ritmo di 800 litri al secondo. E passare dalla piscina, alle saune secca e umida, agli idromassaggi e al bagno romano vi assicuro che può far raggiungere quella che in gergo(non so poi quanto)tecnico definiscono la pace dei sensi (e vi assicuro che già con il picnic c'eravamo andati vicini!).
Nel complesso oltre alle piscine termali, sono presenti anche l'hotel, una SPA e un campo da golf a 18 buche che si estende per 70 ettari. E sapete che presso il ristorante Gourmet All’Acquacotta del Resort Terme di Saturnia, il neostellato Chef Alessandro Bocci utilizza l’olio della Fattoria La Maliosa per realizzare i suoi piatti?! Ma questa è un’altra storia e quanto prima ve la racconterò con dovizia di particolari ;-)!
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