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Antonio e il figlio Guido nel mirino: non avrebbero fatto pagare le prestazioni
PADOVA—La circolare firmata nel maggio 2003 da Pietro Grasso, allora direttore sanitario dell’Azienda ospedaliera di Padova, parlava chiaro. «La procedura di fecondazione in vitro (Fivet) e quella di fecondazione in vitro mediante iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo (Icsi) - informava il dirigente - sono da erogare in regime di fatturazione, secondo le relative tariffe. Fivet: 400 euro. Icsi: 700 euro». Ecco perché, quando l’altro ieri il professor Gianni Nardelli, nuovo primario della Clinica ginecologica, ha scoperto che ad oggi nella sua struttura nessuna di quelle prestazioni risulta mai essere stata pagata, un dubbio lo ha immediatamente pervaso. Perché per sette anni le due tecniche di procreazione assistita, nonostante la precisa indicazione della direzione sanitaria, sono state erogate gratuitamente, creando in questo modo un grave ammanco alle casse dell’Azienda ospedaliera.
Un primo conteggio, basato sul fatto che nella Clinica vengono effettuate decine di «Fivet» e di «Icsi» ogni mese, avrebbe fatto emergere un danno stimato attorno ai 500 mila euro, ma i soldi che mancherebbero all’appello potrebbero essere molti di più. Una voragine. Nardelli ha immediatamente informato il direttore generale dell’Azienda ospedaliera, Adriano Cestrone. Ed è scoppiato il caso. Il numero uno dell’ospedale ha subito rilasciato una dichiarazione di fuoco. «Procederemo al recupero delle somme, sia nei confronti dell’allora direttore della Clinica che del responsabile dell’Unità operativa semplice di Fisiopatologia della riproduzione umana - ha sbottato ieri Cestrone - E adotteremo quindi tutti i provvedimenti previsti dal contratto e dalla legislazione».
L’attenzione si è spostata sulle due figure individuate dal direttore generale. E così sono spuntati nuovamente i nomi del professor Antonio Ambrosini, l’ex direttore della Clinica ginecologica, già coinvolto dallo scandalo dei cosiddetti «parti-fantasma» (per il quale risulta ancora indagato dalla procura) e di suo figlio Guido, associato di Ginecologia (anch’egli indagato, ma per la vicenda dei cateteri animali usati su donne) che, dal 2007 al 2010, è stato il responsabile dell’Unità di Fisiopatologia della riproduzione. La struttura che si occupa proprio delle tecniche di fecondazione assistita. Guido Ambrosini, che ieri pomeriggio è stato sentito dai direttori amministrativo e sanitario dell’ospedale, avrebbe ammesso di non aver mai fatto pagare le prestazioni, perché non sarebbe stato a conoscenza della circolare firmata nel maggio 2003. Una spiegazione che però non avrebbe convinto. Sulla circolare firmata dall’ex direttore sanitario Grasso sono indicati chiaramente i nomi dei destinatari, tra cui c’è anche, in qualità di responsabile dell’Unità operativa complessa di Ginecologia, il professor Antonio Ambrosini.
Giovanni Viafora
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