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Fedesupporter: “Il caso Cagliari-Roma: l’arte del predicare bene e razzolare male”

Creato il 27 settembre 2012 da Tifoso Bilanciato @TifBilanciato

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Riceviamo da Federsupporter e volentieri pubblichiamo il post apparso sul loro sito.

Il mondo del calcio vive, ormai, più che di eventi sportivi, di scandali e di polemiche. Il “fattaccio” del giorno è la mancata disputa della gara Cagliari-Roma del 24 settembre scorso. Anche in questo caso, come in altri, alcuni non hanno esitato a salire sul pulpito per impartire lezioni di lealtà, probità e correttezza sportiva, nonché, più in generale, di etica e di morale tout court. Ed anche in questo caso, non sono mancate da parte delle stesse persone espressioni scandalizzate e indignate nei confronti di comportamenti altrui. Peraltro, si segnalano alcuni “indignati speciali”, in quanto posti ai massimi vertici di Istituzioni sportive.

Si parte dall’attuale Presidente della Lega Calcio di Serie A, dr. Maurizio Beretta, il quale, riferendosi all’episodio in oggetto, ha parlato di “comportamento incomprensibile”. Giudizio senz’altro condivisibile, ma che non può non destare qualche perplessità, se si pensa alla situazione in cui si trova, da tempo, chi lo ha pronunciato. Il dr. Beretta, infatti, è contemporaneamente Presidente della Lega Calcio di Serie A e ricopre importanti incarichi in un primario Istituto di Credito che è azionista rilevante, con, in virtù di patti parasociali, influenza e poteri determinanti, di una società di calcio di Serie A, la AS Roma spa, che fa parte della suddetta Lega. Società i cui interessi, per uno strano scherzo del destino, si sono venuti a trovare oggettivamente contrapposti a quelli della Società Cagliari Calcio (il Giudice Sportivo ha, nel frattempo, assegnato alla AS Roma la vittoria a tavolino per 0-3).

Viene, pertanto, da chiedersi se il dr. Beretta non trovi alquanto imbarazzante una situazione del genere e in che modo ritenga che la sua permanenza alla presidenza della Lega Calcio di Serie A e il contestuale svolgimento di un incarico professionale a favore di un socio rilevante, anzi determinante, di una società appartenente alla stessa Lega si concilino con il disposto di cui all’art. 10 del Codice di Comportamento Sportivo approvato dal CONI il 2 febbraio scorso. Art. 10 il cui titolo è “Prevenzione di conflitti di interessi” ed il cui 1° comma fa obbligo a tutti i soggetti dell’ordinamento sportivo di prevenire situazioni, anche solo apparenti, di conflitto con l’interesse sportivo, in cui vengano coinvolti interessi personali o di persone ad essi collegate”.

Nella Premessa al suddetto Codice, poi, si legge che esso “specifica i doveri fondamentali,inderogabili ed obbligatori, di lealtà, correttezza e probità previsti e sanzionati dagli Statuti e dai regolamenti del CONI, delle Federazioni sportive nazionali, ivi compresi quelli degli organismi rappresentativi delle società” e che tutti i soggetti dell’ordinamento sportivo “sono tenuti all’osservanza del Codice e la loro violazione costituisce grave inadempimentomeritevole di adeguate sanzioni”.

Se, dunque, il principio che deve valere nei confronti del Cagliari e del suo Presidente è quello della “dura lex sed lex”, non si vede perché tale principio non debba valere anche nei confronti di chi ha definito incomprensibile il comportamento della Società e del Presidente suddetti. Se questo comportamento è incomprensibile, è legittimo ritenere che altrettanto e, forse di più, incomprensibile sia il fatto che il Presidente della Lega Calcio di Serie A si trovi, da tempo, in una di quelle situazioni, anche solo apparenti, di conflitto di interessi vietate e sanzionate dal Codice di Comportamento Sportivo del CONI.

Sempre a proposito del caso Cagliari-Roma, il Presidente della FIGC, dr. Giancarlo Abete, ha parlato di comportamento “inaccettabile, sconcertante” che provoca “un danno di immagine a tutto il calcio italiano”. Peccato, però, che lo stesso Presidente non abbia ancora trovato e non trovi altrettanto inaccettabile e sconcertante, nonché idoneo a provocare il suddetto danno di immagine, il fatto che il Presidente della Lega Calcio di Serie A, cioè di un soggetto associativo facente parte della Federazione calcistica, sia, non da ora, in una di quelle situazioni vietate e sanzionate dall’art. 10 del Codice di Comportamento Sportivo del CONI; Codice che, per ammissione del medesimo Presidente Federale (ved. Com. Uff della FIGC, n. 122/A del 7 marzo scorso), si applica alla Federazione, senza la necessità di alcun formale atto di recepimento. Situazione che avrebbe dovuto e dovrebbe indurlo ad intervenire, se necessario, anche mediante atti di commissariamento della Lega Calcio di Serie A, nonchè mediante l’attivazione della Procura Federale.

D’altronde, non si può neppure dimenticare che la FIGC, dopo che un Presidente di una società di calcio di serie A, la SS Lazio spa, e componente del Consiglio Federale, era stato condannato per il reato di frode sportiva, ha deliberato il 7 marzo scorso di abrogare il comma 3 dell’art. 22/ bis delle Norme Organizzative Interne Federali (NOIF), secondo cui restavano sospesi dalla carica di dirigente di società coloro i quali avessero riportato una condanna, sebbene non definitiva, per una serie di delitti, tra i quali, per l’appunto, quello di frode sportiva.

Aggiungasi che il Consiglio della FIGC, il 22 giugno scorso, cioè a pochi giorni della scadenza del termine ultimo (30 giugno ) di iscrizione ai campionati, ha sospeso l’applicazione dell’art. 16 bis delle NOIF che sanziona – sanzionava – con la non iscrizione ai campionati di appartenenza, l’inosservanza del divieto di controllo, diretto o indiretto, in capo al medesimo soggetto (guarda caso lo stesso soggetto al quale si sarebbe dovuto applicare l’abrogato comma 3 dell’art. 22/bis) di più di una società del settore professionistico. Laddove, secondo alcune notizie di stampa (vedasi in particolare “Il Corriere dello Sport” del 23 giugno scorso, articolo a firma di Fabrizio Patania), la decisione avrebbe suscitato il riso beffardo di alcuni membri del Consiglio stesso.

Non solo, ma, come rilevato e specificato nelle mie note del 18 agosto scorso (cfr.www.federsupporter.it), tale decisione presenta evidenti profili di illegittimità, poiché, essendo il divieto in discorso l’attuazione di una disposizione dello Statuto federale, non poteva essere adottato dal Consiglio della FIGC un provvedimento sospensivo dell’attuazione della disposizione stessa, integrando il provvedimento una sostanziale modifica o, più precisamente, la caducazione di una norma statutaria che solo l’Assemblea avrebbe potuto adottare.

Ma non basta, da ultimo, la Giunta del CONI, con decisione straordinaria di necessità ed urgenza, ha stabilito il 4 settembre scorso (vedasi Comunicato Ufficiale in pari data) di “sospendere l’attuazione dell’art. 11 del Codice di Comportamento Sportivo. Vale a dire di quella norma che dispone – disponeva – la sospensione automatica in via cautelare dagli organismi centrali e territoriali del CONI e dagli organismi delle Federazioni sportive nazionali, nonché dagli organismi rappresentativi delle società, i componenti di tali organismi condannati, ancorchè con sentenza non definitiva, per delitti, tra i quali, quello di frode sportiva.

Per effetto di tale decisione, motivata con il fatto che la sospensione non potrebbe essere comminata senza una data di scadenza prestabilita, ha potuto riprendere a partecipare alle riunioni del Consiglio Federale quello stesso soggetto, condannato in primo grado per frode sportiva, membro del Consiglio, peraltro già condannato, in primo e secondo grado, per manipolazione del mercato finanziario e per ostacolo all’attività di vigilanza della Consob, il quale si era, in precedenza, già giovato dell’abrogazione del comma 3 dell’art. 22/bis delle NOIF. Ciò nonostante che il TAR del Lazio, Sezione III quater, con sentenza del 30 maggio scorso, investito della questione di legittimità del provvedimento di sospensione cautelare assunto ai sensi del citato art. 11, avesse sancito la piena legittimità del provvedimento, anche se privo dell’apposizione di un termine incerto solo nella data, dovendosi ritenere tale incertezza rispondente alla “primaria esigenza di tenere lontano dalla carica il soggetto accusato di aver commesso fatti penalmente ed eticamente rilevanti” (cfr. per maggiori dettagli, le mie note del 5 settembre scorso, sempre sul richiamato sitowww.federsupporter.it). Primaria esigenza che, pur asseverata come del tutto legittima, la Giunta del CONI, invece, ha inopinatamente considerato, addirittura in via di straordinaria necessità ed urgenza, non più sussistente, smentendo, nei fatti, ciò che il Consiglio aveva deliberato appena sette mesi prima (4 febbraio 2012).

Dulcis in fundo, non poteva mancare da parte del Presidente della Lega Calcio di Serie A l’ennesima strumentalizzazione di un episodio, quale quello Cagliari-Roma, al fine di promuovere, come fa incessantemente da tempo, l’approvazione della legge sugli stadi.Naturalmente, come sempre, egli omette di dire che, per realizzare moderni impianti sportivi, così detti “polifunzionali”, non v’era e non v’è affatto bisogno di una legge ad hoc, come dimostrato dalla Juventus con la realizzazione dello “Juventus Stadium”.

Omette, inoltre, di dire che il vero ed unico motivo del ritardo dell’approvazione di tale legge è consistito e consiste nella proterva e pervicace pretesa di alcuni Presidenti di società di calcio di poter costruire, potendosi anche avvalere di provvedimenti di ultima istanza di governi “ amici” o ritenuti tali, cospicui insediamenti abitativi e commerciali, vere e proprie città o cittadelle, che dir si voglia, di cui gli stadi costituirebbero un mero accessorio, ovvero, per meglio dire, pretesto, in barba e in spregio di norme poste a tutela dell’ambiente e del paesaggio. Norme che, come più volte sancito dalla Corte Costituzionale e come spiegato in miei precedenti documenti e come è contenuto nel libro “L’impresa sportiva come impresa di servizi: il supporter consumatore” (di cui sono coautore insieme con il Presidente di Federsupporter, Alfredo Parisi, Tempesta Editore 2012), non sono frutto e non possono essere oggetto di discrezionalità politico-amministrativa, bensì frutto ed oggetto di esclusive valutazioni tecniche ad opera di organismi a ciò preposti sulla base di requisiti scientifici e professionali. Insediamenti da realizzare, magari, su terreni, oggi di scarso o nessun valore, perché inedificabili, di proprietà dei suddetti Presidenti o di soci o sodali in affari dei Presidenti medesimi.

Come si può, dunque, constatare, i rappresentanti delle Istituzioni sportive che chiedono oggi, a gran voce e con accorato sdegno, l’immediata ed esemplare punizione del Cagliari (peraltro, come più sopra evidenziato, già, in parte, avvenuta) e del suo Presidente, non paiono propriamente essere nelle condizioni di poterlo credibilmente fare, così come, più in generale, l’ordinamento sportivo, a causa di continue manomissioni, per lo più ad personam, è diventato incerto ed inaffidabile, con scarsa credibilità, dando l’impressione che le norme da esso previste siano un po’ come le lucine dell’Albero di Natale che si accendono e si spengono a intermittenza. Al punto che tali norme ben potrebbero contemplare, ai fini della loro applicazione, così come le grida manzoniane, la rituale formula di chiusura “Ad arbitrio di Sua Eccellenza”. Tanto varrebbe allora, forse, abrogare l’art. 1 del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC che parla di principi e doveri di lealtà, probità e correttezza: principi e doveri che sembra ormai si debbano interpretare ed applicare “ad usum Delphini” e “ad usum stultorum”.

Avv. Massimo Rossetti


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