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FEFF 15 – Speciale_Corea del Sud

Creato il 25 aprile 2013 da Eda

Solo tre giorni a Udine quest’anno per una dozzina di film visti. Qualità generale molto buona (soprattutto i primi due giorni) e atmosfera immutata dagli anni passati, anche se la crisi si fa sentire anche in questa oasi felice. Iniziamo dai coreani che si confermano solidi come sempre, nei prossimi giorni arriveranno le altre mini-recensioni:


feff_national security
National Security di CHUNG Ji-yeoung
Namyeong-dong 1985, Corea del Sud, 2012, 106 min.
voto: ★★/4

Regista particolare Chung, molti attivo negli anni 80 e 90, dal 1998 al 2010 ha totalizzato la bellezza di ZERO film, per tornare un paio d’anni fa al successo con Unbowed. National Security è un film politico e, nonostante la sua denuncia alle torture sia universale, farà sicuramente più effetto sul pubblico coreano. La storia si concentra sui 22 giorni di prigionia e torture inflitti nel 1985 dal regime all’attivista politico Kim Geun-tae, uno dei protagonisti del processo di democratizzazione del paese. Un film in forte sapore di denuncia se si pensa che è uscito durante le scorse elezioni coreane che hanno incoronato presidente proprio la figlia del dittatore dell’epoca. A parte qualche flashback sulla vita dell’attivista e il finale “documentario”, tutta la pellicola è ambientata nella cella – e nella limitrofa camera delle torture – di Kim, a cui tiene “compagnia” una squadra di 4-5 persone addetta alla sua sorveglianza. Le immagini sono indubbiamente forti, ma non scadono mai nello splatter e il regista non distoglie lo sguardo durante le ripetute sessioni di tortura che occupano la maggior parte del film. Il senso di oppressione è forte e il progressivo logorio fisico-psicologico del protagonista è ben reso dall’interpretazione di Park Won-sang che riesce a creare empatia con lo spettatore. L’aspetto che ho trovato più interessante è però l’interazione del detenuto con i suoi carcerieri e la loro descrizione. A parte un vero e proprio boia che entra in scena un paio di volte infliggendo le torture più pesanti, gli altri appaiono, con il passare del tempo, persone “normali” che svolgono solo il loro lavoro o che cercano di fare carriera, dalle discutibili scelte morali ma non insensibili alle atrocità che avvengono nella stanza. D’altra parte il ritmo latita vista la ripetitività della pellicola, gli intermezzi onirici sono piuttosto banali, il tema è di quelli da vittoria facile e alle volte si ha la sensazione di un piacere voyeuristico nell’esibizione delle torture.

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All About My Wife di MIN Kyu-dong
Nae anae-ui modeun geot, Corea del Sud, 2012, 121 min.
voto: ★★½/4

Se c’è un genere nel quale i coreani eccellono, è sicuramente quello della commedia romantica e le ottime pellicole presentate al FEFF nel corso degli anni non fanno che confermare questo assunto. All About My Wife ne è l’ennesimo esempio. Il film racconta la crisi di una coppia al settimo anno di matrimonio. Lui non ne può più della logorroica moglie, ma non ha il coraggio di lasciarla. Prova a farsi trasferire per lavoro, ma una volta sul posto se la ritrova in casa. La soluzione allora diventa assoldare un conclamato Casanova che la seduca e le faccia lasciare il marito. Seguono complicazioni assortite del triangolo venutosi a creare. Leggera e frizzante, l’opera di Min può vantare una storia abbastanza originale, dialoghi intelligenti e una costruzione dei personaggi credibile, seppur al limite della caricatura. La vera marcia in più la forniscono gli interpreti che fanno a gara di bravura, tra il gigionesco dongiovanni di Ryu Seung-ryong e l’insicura rompiscatole di Lim Soo-jung (già protagonista di I’m a cyborg but that’s ok). La pellicola scorre sicura tra riuscite gag e situazioni paradossali fino all’ultima mezz’ora quando, come capita purtroppo spesso in questi film, emergono toni più melodrammatici e prende il sopravvento il sentimentalismo della vicenda tradendo – in parte – il tono del resto del film che si chiude in maniera fin troppo accondiscendente.

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New World di PARK Hoon-jung
Sinsegye, Corea del Sud, 2013, 134 min.
voto: ★★½ /4

I coreani non vanno affatto male neanche sul versante thriller/poliziesco come dimostra l’ambizioso New World, opera seconda dello sceneggiatore dell’acclamato I Saw the Devil che dimostra ottime doti, potendo disporre di grandi attori  e di un budget impensabile per un regista nella stessa posizione in Italia. Piccola divagazione: la Corea al momento è una delle realtà che più investe nel proprio cinema, credendo nelle scuole e nei registi locali. Il risultato è stato un +22% sui biglietti staccati nel 2012 e una quota di film nazionali attorno al 60%, spaziando per altro su tutti i generi. A buon intenditor…
Questo New World si rivela una riuscita via di mezzo coreana tra Il Padrino e The Departed (o, meglio, la saga di Infernal Affairs), concentrandosi soprattutto sulla descrizione dei meccanismi e delle dinamiche di un’organizzazione mafiosa coreana in seguito alla morte del boss (se accidentale o meno non viene chiarito), tra sanguinose lotte di potere, attività legali di facciata e investigazioni della polizia alla caccia dei pesci grossi. Anche qui troviamo uno splendido terzetto di interpreti (in locandina), tra i quali spicca il Choi Min-sik di Old Boy che interpreta un commissario della polizia davvero memorabile, ma non gli sono da meno il gangster cazzaro ma leale di Hwang Jeong-min che strappa più di una risata e il suo braccio destro (Lee Ja-sung, personaggio centrale della vicenda). Il materiale trattato è molto vasto, ma il giovane regista dirige con mano sicura, tratteggiando un affresco potente e realistico, raggiungendo nei suoi momenti migliori alti picchi drammatici. L’operazione ha un retrogusto derivativo per chi conosce le pellicole citate in apertura e alle volte New World appare un pò meccanico e farraginoso nel dipanarsi della complessa sceneggiatura, ma rimane comunque una produzione notevole nonché impeccabile dal punto di vista tecnico (discorso per altro valido per tutte le pellicole di questo post).

EDA


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