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Ieri Felipe è andato per l'ennesima volta in Catalogna (la seconda da quando è Re) ed è stato a Martorell, per visitare uno stabilimento della Seat e celebrare i 30 anni dal lancio della prima Seat Ibiza. In Spagna la Seat, appartenente al gruppo Volkswagen, non è un marchio qualunque: non solo consente al Paese di essere uno dei maggiori fabbricanti d'auto del continente (sì anche più dell'Italia, che ormai ha abdicato anche questa vocazione), ma moltissimi giovani, tra cui lo stesso Felipe, hanno avuto come prima auto una Seat Ibiza e molte famiglie hanno iniziato il proprio cammino con un modello di questo marchio. La Seat è, insomma, una ragione d'orgoglio che appartiene all'immaginario collettivo.
Per raggiungere lo stabilimento il re ha guidato personalmente una Seat León e ha voluto fortemente accanto a sé Artur Mas, il presidente della Generalitat catalana, l'uomo che guida l'indipendentismo catalano, che ha firmato le autorizzazioni per il referendum del 9 novembre e che adesso si trova sotto inchiesta proprio per averlo autorizzato. Il significato simbolico e politico di questa scena, con tutte le fotografie conseguenti, non è sfuggito a nessuno (alla Moncloa lo avranno recepito?!).
Il Capo dello Stato visita la Catalogna e intrattiene un dialogo cordiale con il suo Presidente, che è anche il leader del movimento indipendentista. Il Presidente della Catalogna accompagna il Re di Spagna durante la visita a una delle più importanti realtà economiche della regione (e implicitamente ne riconosce l'autorità). Felipe continua a includere la Catalogna nei suoi progetti di Spagna (è il 'nostro' catalano, ogni volta che parla della lingua ufficiale della Regione), Mas continua ad avere interesse a dialogare con Madrid. E non passa inosservato che è Felipe, il Re, a guidare l'automobile, mentre Mas, il President, siede al suo fianco, come co-pilota, con un altrettanto evidente senso gerarchico che né Felipe né Mas hanno messo in discussione.
C'è un convitato di pietra, che nella mediocrità che sta dimostrando in questi anni, neanche si sentirà tirato in causa: Mariano Rajoy. E' a lui che toccherebbero i gesti di inclusione, di ascolto e di dialogo che invece sta interpretando il Re. E' Mariano Rajoy, che, visti i risultati del referendum, per quanto illegale, avrebbe dovuto compiere gesti di comprensione e rispetto verso i catalani e avviare un dialogo con le autorità di Barcellona, invece di mandargli i giudici e di continuare a ignorare le istanze della società catalana. Non è con l'immobilità del rispetto cieco della Costituzione che si trattiene la Catalogna e che si conquista la stima dei catalani, ma è con l'ascolto e con la capacità di saper adeguare le leggi comuni e persino la Costituzione ai nuovi tempi.
"Il nostro re, lo è di tutti, anche, almeno per il momento, di Mas e di altri che non lo vogliono, ha dimostrato con quest'incontro saggezza e buon giudizio" scrive Ángel F. Fermoselle su elmundo.es "Speriamo che quelli che si mantengono, per inflessibilità o incapacità, lontano dall'assioma essenziale della necessità di comunicazione con chi pensa in modo diverso, abbiano capito che questo divorzio a cui vuole condurci il Govern, forse, solo forse, può ancora sottoporsi con successo all'ultima terapia di coppia o, meglio, di Paesi. Risulta del tutto evidente che le pretese del presidente catalano e quelle del Capo di Stato sono diverse nell'essenziale: è evidente che pretendere d trovare un felice punto d'incontro tra le aspirazioni di entrambi sembra un'impresa erculea e di risultato improbabile. Ma, in un tempo in cui in politica il dibattito è concentrato su quale partito conta più casi di corruzione; o su chi tradisce di più le promesse elettorali; o su chi è più intransigente sulle necessità dei cittadini, bisogna ringraziare e applaudire per quest'incontro tra i due statisti. L'immagine di Felipe VI e Artur Mas insieme produce l'effetto contrario di quello che provoca quasi tutto quello che riguarda il conflitto dell'indipendentismo catalano; invece di dividere offre speranza; invece di contribuire al rumore assordante di un dialogo che non esiste, promuove la concordia e la ricerca di criteri comuni, che risultino vantaggiosi per tutti. Da quando è salito al trono, Felipe sta spiegando un'indovinata serie di virtù politich eche molti non sospettavano possedesse".
Come cambiano la percezione delle cose, un gesto o una foto. Quanto sa dire un giovane Re, con un solo gesto, a un vecchio Capo di Governo inflessibile per mediocrità, incapace di interpretare i nuovi tempi e di disegnare la Spagna che il XXI secolo esige.
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