Femminicidio: il decreto legge risponde all’emergenza?

Creato il 08 gennaio 2015 da Retrò Online Magazine @retr_online

È una violenza senza pari. È ogni giorno. È un volto che somiglia al mio, al tuo, a tutti i volti del mondo. L’anno che si è appena chiuso conta oltre centoventi donne uccise, l’80 per cento delle quali dentro le mura domestiche dell’odio, dalla “mano amica” del convivente, del marito, del familiare. Viviamo in un Paese che spesso nasconde la tragedia dietro al sensazionalismo delle ventiquattro ore. Viviamo in un Paese in cui il “delitto d’onore” come reato è stato abolito soltanto nel 1981. Che cosa fare per evitare che la prossima Elena o Roberta o Giovanna non siano solo un plastico televisivo da seconda serata, ma rappresentino il motore per una seria evoluzione legislativa?

Si è ritenuto di dover intervenire attraverso lo strumento della decretazione d’urgenza, ex art.77 della nostra Costiutuzione, con il decreto legge 93/2013, convertito con modifiche dalla Legge 119/2013. L’intento, sulla base dei dettami della Convenzione dei Diritti d’Europa del 2011 proveniente da Istanbul, è quello di inasprire e rendere più determinanti gli strumenti della repressione penale per intervenire e punire i fenomeni di violenza sessuale , maltrattamenti in famiglia e atti persecutori (stalking). Non abbiamo una definizione né codicistica né giuridica del termine “femminicidio”: esso è solamente una nozione che appartiene alla letteratura criminologica. Appare calzante la definizione fornita dal più recente Devoto – Oli per cui la parola femminicidio comprende “qualsiasi forma di violenza esercitata sistematicamente sulle donne in nome di una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale, allo scopo di perpetuare la subordinazione e di annientare l’identità attraverso l’assoggettamento fisico o psicologico, fino alla schiavitù o alla morte”.

In Italia il continuo verificarsi di delitti contro la donna in quanto donna ha portato alla nascita della campagna “Snoq – Se non ora quando?”, movimento a tutela dei diritti delle donne che si organizza in comitati sparsi su tutto il territorio nazionale e che vede nel torinese una presenza assidua e attiva.

Analizzando brevemente la fonte giuridica sopracitata, possiamo evidenziare una maggiore severità della pena nei seguenti casi:

• quando il delitto di maltrattamenti in famiglia è consumato ai danni di donne incinte;

• quando il delitto di violenza sessuale è consumato in presenza o al cospetto di minori di anni diciotto;

• quando il fatto è consumato ai danni del coniuge, anche divorziato o separato, o dal partner/convivente.

Altra sfera di interventi riguarda il delitto di stalking:

• sono considerate situazioni aggravanti quelle commesse all’interno del vincolo matrimoniale e con supporto di strumentazioni telematiche e/o informatiche;

• è prevista l’irrevocabilità della querela per il delitto di atti persecutori nei casi di gravi minacce ripetute.

Sono inoltre previste norme specifiche riguardanti i maltrattamenti in famiglia.

Dare eco alla disperazione può esser sempre l’unico motore di una riforma? Il 2015 dovrebbe portare concretezza sopratutto in campo preventivo. Speriamo non sia preceduto da sacrifici che allungheranno la lista dei nomi da cronaca nera.

Tags:cronaca,decreto,donne,femminicidio,legge,politica,riforma

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