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Tradizionalmente si inquadrano i fenici come una popolazione semitica, anticamente insediata nell’omonima regione (Fenicia, oggi Libano), nella zona costiera del Mediterraneo orientale.Nella prima metà del II millennio a.C., gli archivi diplomatici della città mesopotamica di Mari forniscono i primi documenti diretti sulla Fenicia: si tratta di lettere scambiate tra il sovrano di Biblo (altro nome di Gubla) e quello di Mari. La regione è divisa in singole città-Stato, la cui principale attività è il commercio marittimo. Intorno alla metà del millennio, gli archivi della città di Ugarit (un celebre porto nell’attuale Siria) forniscono una serie di indizi sulla politica di questa città e degli Stati vicini; l’influsso ittita vi appare predominante. Di poco successivo, l’archivio di Tell al-Amarna illumina la storia della Fenicia: tra gli Stati figurano Acco, Tiro, Sidone, Berito, Biblo, i cui sovrani appaiono nell’orbita egiziana. Il nome di Sidoni, che l’Antico Testamento e i poemi omerici danno ai fenici, suggerisce che nella prima fase Sidone abbia prevalso sulle altre città. Intorno al 1000 a.C., il predominio passa a Tiro: tra i re si distingue Pigmalione (820 – 774 a.C.), cui si collega la tradizione della fondazione di Cartagine. Seguirono altre colonie a Cipro nel X a.C., a Malta, in Sicilia a Mozia, in Sardegna a Tharros e lungo le coste iberiche, con mercati attivi dal IX a.C. ad Almuñécar e abitati fortificati a Toscanos intorno al 780 a.C. Dal IX a.C., la progressiva espansione degli Assiri riduce l’autonomia fenicia in oriente; gli annali assiri registrano le fasi della crisi: Sidone cade nel 675 a.C., un secolo dopo Tiro si piega alla subentrata potenza babilonese per poi passare sotto vari conquistatori. Sotto i Persiani, l’attività commerciale è ancora fiorente, poi decade progressivamente.La religione vede numerosi culti nelle grandi città fenicie, con divinità specifiche in ogni territorio di insediamento. L’assenza di un’azione centralizzatrice e regolatrice del clero fa sì che anche gli attributi divini possano oscillare, e che sincretismi di persone e di funzioni da un lato, sdoppiamenti dall’altro siano frequenti. Nel pantheon prevale la figura di El, ma il personaggio più attivo è Baal, dio della pioggia e della vegetazione, che ha per paredra Astarte, o talvolta Tanìt. Queste due figure femminili personificano la grande divinità orientale della terra madre. Tra le divinità cittadine spiccano Melqart (re, sovrano, signore) di Tiro e Ba‛alat (regina, signora) di Biblo. Al culto attendeva un sacerdozio organizzato in varie categorie. I santuari erano all’aperto, costituiti da stele o pilastri circondati da recinti sacri, in cui si riteneva fosse presente la divinità. Non mancavano tuttavia i templi chiusi, specie nelle città più importanti come Ugarit. Le suppellettili tombali testimoniano una fede nella sopravvivenza delle anime.L’architettura fenicia ha lasciato poche tracce, soprattutto a causa dei materiali utilizzati, prevalentemente mattoni crudi e pietra calcarea. La particolareggiata testimonianza biblica e la documentazione archeologica nota dai rinvenimenti di Tell Tainat e di Hazor dimostrano la diffusione in Fenicia della tripartizione della pianta dei santuari, con vestibolo, cella e sancta sanctorum disposti in asse. Interessanti per la loro articolazione sono gli ipogei delle necropoli (Sidone, Amrit). Per quanto riguarda la tradizione figurativa, sono importanti gli avori di Megiddo e i sarcofagi, ad esempio quello del re Ahiram. Accanto all’attività delle botteghe tradizionali è documentata anche quella di maestranze che ripropongono e rielaborano modelli egiziani di epoca tarda, in linea anche con una più diffusa maniera egittizzante, che dal IX a.C. investe l’intera regione siropalestinese, con temi che propongono la fusione delle tradizioni siroanatoliche e di quelle assire, ad esempio la divinità con quattro ali che abbatte un leone. A botteghe fenicie si attribuiscono le coppe sbalzate con iconografia egiziana rinvenute a Nimrud.
Intorno al VII a.C., dopo una flessione dell’attività delle botteghe continentali, a Cipro continua la produzione di oggetti di lusso metallici di tradizione fenicia, con l’adozione di iconografie distribuite per registri circolari. La partecipazione delle città fenicie alla conquista persiana dell’Egitto contribuisce a rinnovare le influenze egiziane in Fenicia alla fine del VI a.C., mentre nell’Occidente fenicio e punico al repertorio fenicio si affianca l’influenza greca.Nell'immagine: Biblo, il tempio degli obelischi.
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