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Ferdinand Gregorovius – Firenze – Il convento di San Marco e il Beato Angelico

Da Paolorossi

Due grandi cortili ornano S. Marco; le lunette di questi cortili sono dipinte a fresco e contengono fatti della vita di Antonino dipinti da Gherardini, Dantini, Pochetti e da altri pittori. Tuttavia il tesoro maggiore del convento è rappresentato dalle pitture murali del Fiesole, il più antico maestro della scuola di Giotto. Quasi tutte le celle, la sala del capitolo, i corridoi ed alcune lunette dei cortili contengono sue pitture.

Con Fra' Angelico cominciarono quelle strane reazioni che il convento, tanto sollecito di riforme, intraprese contro lo spirito moderno della pittura classica italiana. La vita del celebre pittore fu narrata dal Vasari. Più particolareggiatamente fu però descritta da Vincenzo Marchese, un domenicano di San Marco.

Non si sa esattamente dove Fra' Angelico nacque. Il Marchese ritiene che egli provenga da Castel di Vicchio nel Mugello, distante alcune miglia da Colle di Vespignano, la patria di Giotto. L'anno di nascita sarebbe il 1387; il suo nome era Guido. Dapprima imparò a Firenze a dipingere in miniatura, come suo fratello Benedetto che era abilissimo in quest'arte. Presto si sviluppò in lui una schietta inclinazione in senso religioso, che si delineò sempre più, in contrasto colle tendenze decisamente realistiche dell' arte fiorentina.

Guido, ossia Fra Giovanni, come ormai era chiamato, peregrinò allora da Foligno a Cortona, ove dipinse molto secondo la maniera di Giotto, Spinello e Simone da Siena; e, dopo un'assenza di circa 4 anni, tornò a Fiesole. In seguito fu chiamato, nel 1436, al convento di San Marco, fondato da poco, per ornarlo di pitture. Ciò avveniva nello stesso tempo che Masaccio dipingeva le cappelle della chiesa del Carmine, Brunelleschi edificava la cupola del Duomo, Ghiberti approntava le porte del Battistero e Donatello e Luca della Robbia gareggiavano nella scultura.

Poiché a Fra' Giovanni, benché avesse gran finezza nel dipingere, mancava ancora il disegno, la prospettiva ed il perfezionamento nei chiaroscuri, egli pure studiò dapprima le pitture del Masaccio e molto imparò da questo artista geniale, che di lui era assai più giovane.

A quest'epoca appartiene la grande pittura della sala del capitolo, che egli compì in S. Marco e che é una delle più belle che siano state fatte nel secolo XV, il suo capolavoro, l'ultimo fiore della scuola di Giotto; il soggetto ne é la passione, con santi in adorazione da ambo i lati. Il carattere dei due ladroni vi é riprodotto con molta perfezione. La testa del Cristo ha sofferto ; i suoi tratti non son più precisamente riconoscibili.

Nell'Accademia delle Belle Arti, che possiede un gran numero di quadri del Fiesole, due vengono considerati quali i più eccellenti : la Deposizione dalla Croce e l'Estremo Giudizio. Quella è squisita per la profondità dei sentimenti e la soavità dei colori, questo non è invece una composizione di grande rilievo. Fra' Angelico è più debole di tutto nella raffigurazione dell' inferno ; la sua natura è troppo fanciullesca, per aver potuto creare delle figure diaboliche. I suoi diavoli eccitano solo il riso, non incutono spavento, egli rappresentò l'inferno in sette compartimenti, secondo Dante, ed in fondo vi dipinse pure Lucifero, che dilania con le sue tre fauci Giuda, Bruto e Cassio.

Anche Angelico dipinse sotto l' influsso di Dante che era il compagno di Giotto, ed il Giotto della poesia. La " Divina Commedia " ha d' altronde ispirato tutti i pittori, a cominciare da Giotto.

Essa infiammò la fantasia degli artisti e la riempì di visioni sublimi e di idee poetiche ; i loro quadri erano già stati abbozzati nelle composizioni dei versi di Dante ; e molte scene dell' Inferno, del Purgatorio e del Paradiso attendevano solo di essere tradotte in colori, per divenire quadri viventi, io credo, in generale, che, senza Dante, la pittura religiosa d'Italia non avrebbe potuto svilupparsi così presto e raggiungere tale altezza.

Fiesole dipinse in S. Marco anche la discesa di Cristo nel Limbo, dal quale egli trae i patriarchi : un quadro di grande finezza di colori. Non meno interessante è la sua Adorazione dei Re Magi , uno dei pochi suoi quadri, nei quali sviluppa una certa gaiezza e varietà mondana.

Molti altri quadri che egli dipinse in S. Marco meritano di essere ricordati, l'Orazione nell'orto, il Battesimo, l'Incoronazione della Vergine, dove si ritrova l'ascendente di Dante, ed il suo Cristo in pellegrinaggio ; ma basta di essi. Tutti dimostrano la stessa semplicità di mezzi, la medesima concezione fanciullesca e la più profonda religiosità. Persino i suoi colori, dove predominano il bianco, il celeste ed un rosso pallido, si devono chiamare fanciulleschi.

Le sue figure più attraenti sono spesso quelle eseguite in piccolo, quasi in miniatura; esse sono molto graziose e di finezza ammirevole come, fra le altre, gli angeletti di uno schizzo di altare negli Uffizi e le figure sul reliquario di Santa Maria Novella.

Fra'Angelico morì a Roma l' 8 marzo dell'anno 1455; Nicolò V che lo aveva chiamato colà per dipingere in Vaticano, gli fece erigere un monumento sepolcrale nella chiesa della Minerva. Egli è stato l'ultimo grande maestro della scuola di Giotto; i naturalisti Maselino e Masaccio posero fine ad essa e crearono l' indirizzo moderno della pittura.

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( Ferdinand Gregorovius - brano tratto da "San Marco di Firenze" dal libro "Passeggiate per l'Italia - Vol 3" - 1907 )

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