Insomma, il pezzo in assoluto più bello degli Smiths e non c’è verso di trovarne una versione live eseguita dagli Smiths in persona su youtube, anche perché mi sa che un tour di “Strangeways here we come” non c’è mai stato, considerando che tra i problemi di Marr e i dissidi interni all’uscita del mio loro album preferito, il gruppo di Morrissey a quel punto era già alla frutta. Su questo chiedo l’aiuto del pubblico a casa, sono troppo pigro per trovare una biografia esaustiva in rete che vada oltre Wikipedia. Chiedo anche l’aiuto di qualche chitarrista perché sono certo che sia un brano particolarmente complicato da suonare, quelle strane alchimie di strumenti che poi a riproporle non ci riesce mai nessuno perché da qualche parte nella versione originale si nasconde un elemento segreto con tutti quei maggiori e minori e rivolti che non si capisce. Un po’ come “Because the night” che sembra facile ma vi sfido a farla tale e quale.
Intanto ascoltatela una volta che non fa mai male, anzi, è una di quelle canzoni che potrei andare avanti all’infinito, e l’andare avanti all’infinito mi ha spinto a scrivere le riflessioni che trovate dopo il video.
Questo dev’essere anche il motivo per cui in rete non si trova nemmeno una cover decente, a parte una versione di Morrissey con la sua band – ma converrete con me che senza Marr e i suoi capotasti non è a stessa cosa:
e poi il geniale arrangiamento di Mark Ronson con l’altrettanto geniale coda di “Keep me hanging on” delle Supremes
divertente quanto volete ma che non appaga la nostra sete di “Stop me” dal vivo. Così, in questa frenesia degna di un rain man, mi sono messo a cercare tentativi stravaganti di dire la propria con questo pezzo, con l’obiettivo di condividere con voi i risultati.
Tralasciamo le numerose testimonianze live di Johnny Marr, che lo esegue regolarmente nella scaletta delle sue esibizioni, tralasciamo le tribute band diffuse in tutto il mondo, tralasciamo le versioni per adolescente depresso che canta chitarra e voce nella sua cameretta con letto disfatto alle spalle e addentriamoci in territori inesplorati, a partire da una versione per ukulele e abbronzatura
per continuare con una versione solo piano come la potrei fare io e anzi, vi dirò, il tipo che la suona qui mi somiglia molto, per postura, età, temperamento e modo di muoversi sulla sedia, con la differenza che è tecnicamente più preciso di me
Davvero superlativa e originale invece questa esecuzione per liuto, camicia da dipinto barocco e voce da eunuco
vi propongo anche questa specie di Arisa in playback
una cantata da una vocalist femminile che scommetto che piacerebbe un sacco a Morrissey, malgrado gli accordi approssimativi di chitarra
la migliore, se non altro per approccio, di questa americanissima “school of rock”, alla cui sfida The Cure contro The Smiths, come si legge sul telone dietro la band, avrei voluto partecipare con piacere. Gustatevi anche il finale armonicamente anarchico
ma sono tutte cose stranote e quindi perché diamine non mi avete fermato. Anzi, scommetto che adesso arriva Fabio De Luca che sicuramente conosce qualche versione alternativa che davvero, nessuno l’ha mai sentita prima. Stop.