E’ difficile analizzare le cause di questa strage che si ripete giorno dopo giorno, anno dopo anno, suscitando stupore e incredulità nei vicini di casa, ma spesso anche negli stessi parenti. Alcuni uomini si sentono minacciati dalla crescente importanza rivestita dalle donne a livello professionale, sentono oltraggiato o per lo meno minacciato il proprio ruolo di comando in famiglia e cercano quindi di fermare la donna che rivaleggia con loro ricorrendo a schiaffi, messaggi persecutori, appostamenti e intimidazioni. Per poi arrivare a stuprarla e ad ucciderla. Sono stati quasi novanta gli stupri denunciati nella prima parte del 2012, il doppio dell’anno precedente. Innumerevoli poi anche le denunce di stalking e maltrattamenti.
una foto d’epoca delle sorelle Mirabal
Le Nazioni Unite hanno scelto la data del 25 novembre con una risoluzione del 1999 inricordo dell’assassinio delle tre sorelle rivoluzionarie Mirabal, avvenuto quarant’anni prima ad opera del regime dittatoriale domenicano di Trujillo. Oggi avvertono che il nostro Paese è ancora lontano dal pieno riconoscimento della parità tra i sessi. In Italia le donne sono ancora discriminate e troppo spesso oggetto di violenza. Non è quindi un caso se l’Italia si trova attualmente all’80° posto, dopo il Ghana, nella classifica realizzata dal World Economic Forum sulle condizioni di vita femminili nel mondo. Lo si chiama Gender Gap Report e mette in evidenza, in modo inequivocabile, anche le differenti chances tra maschi e femmine a livello di accesso agli studi, alle professioni, in riferimento alla carriera e alla possibilità di realizzarsi fuori dall’ambito familiare.
L’espressione “femminicidio”, però, venne utilizzata per la prima volta a partire dal 1993, dopo che nella città di Ciudad Juàrez, al confine tra U.S.A. e Messico, vennero brutalmente torturate, violentate e uccise circa 4500 donne e bambine di età compresa tra i 6 e i 25 anni. La parlamentare Marcela Lagarde, definì in quell’occasione il femminicidio come: “Il prodotto dalla violazione dei diritti umani delle donne in ambito pubblico e privato, attraverso varie condotte misogine, che possono culminare con l’uccisione della donna stessa”. Insomma un odio profondo verso il genere femminile, tanto immotivato quanto bestiale, che miete tante più vittime quanto più si temono le conseguenze di una denuncia dei maltrattamenti subiti.
In Messico e in molti altri stati latinoamericani; l’ONU è riuscita, dopo vari tentativi, a far inserire il reato di femminicidio nelle singole legislazioni nazionali. Dopo aver ricevuto la relazione del suo Rapporteur Special –Relatore Speciale- Rashida Manjoo riguardo all’Italia, le Nazioni Unite si sono però dovute attivare ugualmente affinché questa piaga vergognosa venga debellata anche nel Belpaese. Nella relazione, compilata sulla base dell’analisi dei dati raccolti dai Centri Antiviolenza, Manjoo non usa mezzi termini: “Il Femminicidio in Italia è crimine di Stato, tollerato dalle pubbliche Istituzioni e la maggioranza delle violenze non viene denunciata perché avviene in un contesto culturale maschilista, dove la violenza in casa non è sempre percepita come un crimine”. Il ministro della Giustizia Severini auspica venga presentato un disegno di legge contro il femminicidio prima del termine della legislatura, ma già si teme che esso svanisca presto, assorbito dalla montagna di altri disegni in attesa di approvazione. Al riguardo non si può non segnalare la recente proposta di legge presentata Giulia Bongiorno e Mara Carfagna, che prevede l’ergastolo in caso di femminicidio aggravato da motivi discriminatori. Però, interviene Paola Severino: “Non serve condannare gli uomini all’egastolo al fine di impedire che altri uomini commettano lo stesso reato (…) Bisogna andare oltre e creare una cultura dell’anti-violenza e dare alla donne la possibilità di non essere uccise, comprendendo che non sempre l’amore vince su tutto e che lo stalking può essere causa di morte. La prevenzione non è facile”. E neppure l’amore lo é. Ma l’amore è una scelta che non può e non deve condurre alla morte.
Silvia Dal Maso
croci nel cimitero di Ciudad Juàrez