Claud Monet: "The music room"
Silenzio. Una città assente, avvolta da un caldo irreale. Pensieri che scottano si fanno strada nella mente pigra, passi frettolosi lasciano l’asfalto infuocato, motori incandescenti si allontanano in auto appiccicate di braccia odorose di olii solari, piante accecate dall’afa smuovono foglie smaniose d’acqua.
Tace il chiasso di sempre, il chiacchiericcio, nei cortili e per le scale, diviene sussurro, forse solo immaginato. Vestiti stesi ad asciugare aspettano un vento che sia vita per chi li sta a guardare, vele colorate nel cielo di città. Ascolto i rumori di casa. Qualche mobile scricchiola, il frigorifero stacca a intervalli accelerati, un rubinetto gocciola piccole stille tiepide, il cane del vicino abbaia ad un gatto per strada. Domenica di Ferragosto, giorno di ferie, di festa, di gite fuori porta. Mi guardo attorno.
L’angolo dei libri, dei cd, delle foto è in disordine, come e più di sempre. Mi avvicino e accendo lo stereo: lentamente la musica assorbe l’aria, veste gli spazi di quel silenzio, traduce in melodia ogni pensiero, tramuta in emozione il mio ascolto, diviene il mio respiro.
Mi lascio andare ad un corteggiamento di immagini evocate, di note parlate, di accordi ed armonie figli di un amore assoluto di corde che vibrano, di ritmi che incalzano, di toni che si sciolgono in sordine sfumate, di accenti che crescono, di voci che accarezzano il brivido di un controcanto. Distesa, nel bianco di un divano d’estate, ascolto il profumo di quei passaggi, piccole correnti di un vento caldo trasformano in danza il fruscio, sinuoso, di tende trasparenti che confondono di giallo il profilo di una nuvola.
S’innalzano, maestose, le onde in quell’oceano di musica, un crescendo di volumi che diviene inarrestabile, preme sui vetri che vibrano all’unisono, s’insinua tra le fessure in una fuga di desideri da condividere, inonda un raggio di sole, che s’inchina, spegnendosi. Domenica di Ferragosto. Sorrido a quel silenzio: oggi, nessuno verrà a chiedermi di abbassare il volume.