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Festa di Natale marmocchia… la nostra prima volta

Da Robedamamma @robedamamma

Festa di Natale marmocchia… la nostra prima voltaE insomma, il fatidico giorno è arrivato. C’è da dire che ero partita con il fermo proposito di mantenere un certo aplomb: niente smanacciamenti a salutare la nana, niente paragoni con gli altri marmocchi, gomitate nelle costole ai vicini per indicare la figlia fenomena, ma soprattutto niente fiumi di lacrime affogate in quintali di kleenex. Insomma, volevamo fare una cosa sportiva.

E come no.

Si aprono i cancelli la gente spintona manco fossimo all’ultima di campionato con le due capolista a pari punti. Per diamine, lì dentro c’è la mia Marmocchia: inizio a spintonare anche io. Grazie ad un gesto atletico del Ninnatore ci ritroviamo entrambi in seconda fila. Niente male, sogghigno soddisfatta alla vista degli altri genitori che si contendono i posti in ultima fila. “Tsè, principianti”. Ma ricordiamo che sono qui in veste sportiva, niente spirito di competizione, solo sano divertimento.

La maestra ci accoglie con qualche parola sincera e commossa su come i nostri siano bambini davvero speciali. Qualcosa nella gola mi si sta attorcigliando, ma s’era detto niente lacrime e non ci cascherò.

Sulle note di una dolce ninna nanna natalizia ecco arrivare i primi bambini, quelli più grandi. Uno alla volta, saltellando, fanno la loro apparizione. Mi friccica un occhio. Oh, andiamo, non sono nemmeno figli miei. Però guarda quella bambina che dolcezza. E fa i saltelli più aggraziati che abbia mai visto. Magari faccio solo un paio di singhiozzi silenziosi, così, tanto per allentare la tensione.

Cambia la musica e uno dopo l’altro entrano, impacciati ed emozionatissimi, questi affarini in pigiama. Sono i piccolini. Scivolano dentro ad un tunnel e corrono a prendere il loro peluche da una cesta. Poi si siedono, uno accanto all’altro, in un grande semicerchio. Sembrano dei cuccioli smarriti. Mi sta pigliando male di brutto.

E poi, a dare il colpo di grazia, ti arriva lei. Col caschetto a Play Mobile spettinato, il pigiamino a pagliaccetto che le sbuffa sulle caviglie, e quegli occhioni enormi. Senza un attimo di esitazione corre verso il centro del palco, prende il suo pupazzo di neve e va a sedersi, cantando, accanto ai suoi compagni. E’ piccola, piccolissima. Di certo la più piccola di tutti. Ma ha il piglio deciso e la determinazione di portare a termine la sua performance nel migliore dei modi. Ci tiene davvero. Lo sanno bene la sua mamma e il suo papà che negli ultimi giorni si sono dovuti sorbire in loop 24h no stop le canzoni natalizie del saggio.

Mentre canta e tiene il ritmo con le mani, un occhietto le scivola sulla fila di genitori alle prese con foto- e videocamere. Forse non vuole darlo a vedere, ma sta cercando qualcuno. E poi all’improvviso li trova. Completamente cotti, probabilmente già dalle prime tre note, stanno lì con l’espressione un po’ ebete e un po’ sognante. Lei soprattutto è in balia dello sbracamento più totale e fa, nell’ordine, tutto quello che si era ripromessa di non fare: smanaccia in direzione della nana, si lascia andare a gomitate e commenti sulla figlia fenomena, mentre piange tutte le lacrime di questo mondo.

Ma sono lacrime buone, intendiamoci, di amore, orgoglio e meraviglia. Lacrime che, onestamente, potrebbe anche piangere ogni giorno.

E, per dovere di cronaca, la canzone che ha aperto i rubinetti è questa:


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