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Festen

Creato il 22 febbraio 2015 da Jeanjacques
Festen
Una cosa che mi ha sempre fatto sorridere di Miss Italia, quelle poche volte che ho seguito lo show, è che tutte le concorrenti, quando si chiedeva loro in cosa credevano, rispondevano sempre con la famiglia. E i nostri politici devono pensare di essere delle belle ragazze poco più che ventenni perché, ogni volta che sono in campagna elettorale, rispondono sempre che le loro preoccupazioni sono rivolte alle famiglie degli italiani. Recentemente ha fatto molto discutere addirittura l'esistenza delle sentinelle in piedi, tanto da sfociare nell'aggressione violenta nei loro confronti nella mia città (e la violenza la ritengo una delle più potenti e distruttive espressioni dell'ignoranza, ancora più che starsene in silenzio a manifestare per delle ideologia malsane e retrograde), che della famiglia si fanno portavoce. Insomma, la famiglia non sta molto cara solo ai mafiosi, ma anche alle persone più 'comuni'. Ma a conti fatti, cos'è la famiglia? Stando al dizionario, una famiglia è un nucleo sociale rappresentato da due o più individui che vivono nella stessa abitazione e, di norma, sono legati tra loro col vincolo del matrimonio o da rapporti di parentela/affinità. Per me è un qualcosa di quantificabile in una definizione o in un pensiero, pertanto, così come esiste in quanto valore, esiste anche come disvalore. Perché ha senza dubbio la sua importanza, che per altri potrà essere maggiore o minore, ma non la vedo come un valore assoluto. Ogni famiglia è diversa e ogni famiglia ha il diritto di essere amata o, anche, odiata. Perché nulla esiste mai sotto un'unica ottica.

La famiglia Klingenfeld, composta da elementi particolarmente originali e sui generis, si riunisce in una lussuosa villa per festeggiare il sessantesimo compleanno di Helge, il capostipite, potente magnate dell'acciaio. Durante la cerimonia Christian, il figlio primogenito, accusa il padre di aver violentato lui e la sorella Linda, morta suicida l'anno prima, quando erano piccoli, facendo degenerare in una baraonda la festa. Ma quello che ha detto sarà vero o meno?

In una delle sue imitazioni del critico cinematografico Enrico Ghezzi, il comico Corrado Guzzanti aveva detto che il Dogma 95 era il divieto per le persone alte 1,95 m di sedersi al cinema per non oscurare la visione delle persone dietro di loro. In realtà quello era un movimento creato nel 1995, da qui il nome, creato dal regista Thomas Vinterberg insieme al collega Lars Von Trier. Questo Festen è il primo film a farne ufficialmente parte e, ironicamente, fin dall'inizio il regista ammette di averne infranto una regola poiché uno degli abiti è stato acquistato appositamente per il film e non è di naturale proprietà dell'attore che lo indossa. Come a dire, iniziamo bene! L'adesione al movimento comunque dà al film un look molto particolare, in certi casi fin troppo improvvisato e che mal si sposa con quell'esagerazione che Vinterberg sembra aver voluto mantenere in ogni circostanza, complice anche una camera a mano in certi casi davvero frastornante (specie all'inizio) e un vago spaesamento di certi attori che ci regalano delle facce che rimangono impresse. Ma rimane un film potente, quello senza dubbio. Uno di quei film che non si vedono spesso e che dalla loro hanno molto coraggio, proprio perché non hanno remore nel gettare merda (scusatemi il francesismo) su quanto la società e il pensiero comune ci impongano. Come ho scritto nel primo paragrafo, io non vedo la famiglia come un valore assoluto, specie perché il concetto di famiglia è mutabile. La famiglia sta dove c'è gente che si ama, dove c'è amore, a prescindere da quelli che sono i rapporti familiari - ironicamente, marito e moglie prima di sposarsi sono degli sconosciuti. Eppure molta gente è ancora ancorata a questi concetti, alcuni sono ancora allo stadio "toccatemi tutto, ma lasciatemi stare la famiglia". Quindi la qualità maggiore di questo film sta nell'aver messo in discussione un valore universale, facendone vedere la vacuità e infondatezza. Non so come sia la società danese, quindi non posso comprendere con esattezza come un film simile possa essere recepito dalle 'loro parti', ma l'intento di Vinterberg è quello di mettere nel sacco tutto il mondo. Il marcio non c'è solo in Danimarca, a quanto pare, e di questo dobbiamo esserne tristemente consapevoli. Ma a parte la lodevole provocazione di base, il film come prosegue? Come già detto, è un film potente, ma la potenza è un qualcosa di estremamente pericoloso. Puoi essere un pugile con un gancio pauroso, ma se non colpisci l'avversario nelle zone e nei tempi giusti, per quanto tu sia forte non è scontato che tu riesca a vincere. Festen è un po' così, un film che dalla sua ha una forza allucinante ma che non la usa fino in fondo, lasciandosi prendere da delle esagerazioni davvero eccessive - che strano gioco di parole - senza riuscire a dosarle come dovrebbe. Però non ne esce sconfitto. Magari fa qualche errorino in certi punti, sbaglia un passaggio e riceve qualche colpo di troppo, ma sa come incassare e portarsi a casa la vittoria in maniera del tutto dignitosa - tanto che nel '98 ricevette il premio della giuria al Festival di Cannes. Non male per un giovane regista alle prese col suo secondo lungometraggio, vista anche l'ambizione di un simile soggetto, che gli ha aperto le porte per una carriera di tutto rispetto - e scopro ora che è proprio lui ad aver diretto il video di The day that never come. Quello che ne esce, fra abusi mai confessati, cori razzisti, risse e ripercussioni violente, è un ritratto crudo e amaro di una famiglia potente ma solo a livello economico. Ma cos'è alla fine, la famiglia? Solo una parola, come tutto il resto. E' una cosa assume un determinato valore solo se noi decidiamo di chiamarla in quella maniera. E quella lì, sia per Christian che per noi, non è di certo una famiglia. Ma possono esserci sempre le basi per fondarne una nuova, come ci fa intendere la scelta finale del protagonista...

Film ancora acerbo, reso ancora più acerbo dalle regole del Dogma. Ma sicuramente qualcosa che ha lasciato un segno nella storia della settima arte.Voto: ★ ½

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