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Festival di Rotterdam: LE PARADIS di Alain Cavalier (recensione)

Creato il 25 gennaio 2015 da Luigilocatelli

Le Paradis di Alain Cavalier. Francia. Sezione Spectrum.Le_Paradise_Still04I Cahiers du Cinéma l’hanno inserito tra i dieci film migliori del 2014 e dunque l’attesa (almeno da parte mia) era grande. Ecco com’è andata. Voto 7
Le_Paradise_Still08La libertà dei vecchi. Che non hanno più niente da dimostrare a nessuno, nemmeno a se stessi, che hanno dato e hanno avuto, e possono permettersi di fare quel che ai più giovani è precluso. Jean-Luc Godard a 84 anni si è concesso il lusso di girare uno dei film-evento del 2014, Adieu au language, riverito in ogni parte del mondo, fregandosene di ogni vincolo e convenzione non solo economici, ma pure narrativi. Alain Cavalier, suo coetaneo, piccolo grande maestro del cinema francese (memorabili almeno L’insoumis sulla guerra d’Algeria e Thérèse), e svizzero di nascita come Godard, realizza un film personalissimo, un home-movie, in cui, usando assai bene le nuove tecnologie e riducendo il budget quasi a zero, realizza in una sua casa di campagna, mi pare in Normandia, una specie di diario in cui mescola pensieri, percorsi nella memoria, citazioni dai Vangeli e dall’Odissea, interviste a ragazzi che hanno sessannt’anni meno di lui. Erraticamente. Senza un progetto narrativo forte. Creando immagini e visioni con niente, oggettistica bon marché, un robottino, una paperetta, e varie trouvailles, e cose disseminate in casa. Si parte con un piccolo pavone neonato che muore e vien divorato dalle bestie del bosco. Lì Cavalier farà costruire da un suo devoto, giovane assistente una piccola tomba, tre chiodi intrecciati sopra un sasso e conficcati nel terreno. Passano le stagioni, tutto scorre, in voice over Cavalier, senza mai mostrarsi, parla di vita e di morte, e di religione, con leggerezza e perfino ironia. Una lezione di cinema, e non solo. Inserito dai Cahiers du Cinéma tra i dieci migliori film del 2014. Amatissimo da quasi tutta la critica francese, LesInrocks e Libé compresi. Quel che convince meno è la visualità, Cavalier che cerca di creare forme pure, forme-design di una modernità ormai vecchissima e decrepita. Per non parlare di quando un ramo spezzato funge da crocifisso, in un poverismo e radicalismo che ricorda un po’ troppo sinistramente certi tremendi avanguardismi delle chiese anni Cinquanta e Sessanta. Va molto meglio quando la camera vaga libera a catturare le persone, i loro gesti, e la natura intorno.


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