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Festival di Sanremo: vince in maniera scontata Arisa. Ecco le mie considerazioni finali sulla 64esima edizione del Festival della Musica Italiana

Creato il 23 febbraio 2014 da Giannig77

E così va in archivio anche la 64esima edizione del Festival di Sanremo, che non sarà certamente annoverata tra le più memorabili e riuscite, almeno a detta di chi scrive.

la vincitrice Arisa

la vincitrice Arisa

Sin troppa sobrietà, pacatezza, verrebbe da dire mestizia, a partire da elementi (per me marginali) ma invero da sempre importanti nel contesto della manifestazione, quali la scenografia, i momenti di “spettacolo”, le sorprese. Ci sono state almeno le canzoni, ma purtroppo relegate quasi a comprimarie e allora, almeno ci fosse stato di che divertirsi e divagare con la mente.

Leggendo vari commenti, parlando con le persone interessate o meno, perché comunque di Sanremo in questa settimana parlano tutti, mi rendo conto (e non so quanto dovrebbero farlo anche lo stesso Fazio e il suo team) di come sia stata determinante ai fini del flop (perché di questo si tratta!) la pessima, squallida, pesantissima partenza della 5 giorni sanremese.

Se gente come mia sorella o altri che solitamente non si perdono una battuta, hanno mollato il colpo dopo la prima sera, senza nemmeno arrivare alla fine, per poi decidere di passare oltre, e di recuperare i loro artisti preferiti grazie ai passaggi radio e ai video presenti in rete sin dalle primissime battute, significa davvero che qualcosa è andato storto.

Fazio davvero sto giro non mi ha convinto, troppo fiacca la sua conduzione e all’insegna di un buonismo troppo sfacciato, di maniera. Molto meglio le due edizioni di Morandi, se devo fare un confronto generale. Non dico si debba arrivare ai vertici di creatività e di esplosività di un Bonolis o di un Fiorello, qualora davvero l’anchorman siciliano volesse prima o poi cimentarsi alla conduzione di Sanremo, ma qualcosa di più frizzante e attraente il conduttore ligure doveva architettarlo. Si salva la Littizzetto, seppur meno pungente e incisiva rispetto a 12 mesi prima. Nota di merito per alcuni ospiti stranieri da me assai graditi, non certo nomi altisonanti, specie per quanto concerne la popolarità di massa, ma invero tra i migliori del loro tempo, quali Rufus Wainwright, Damien Rice, Paolo Nutini e, non ultimo, ieri sera, l’istrionico e sfuggente cantautore belga Stromae.

Le canzoni tutto sommato sono state dignitose, i miei giudizi dati nei giorni scorsi restano sostanzialmente invariati, trattandosi comunque di gusti personali che ho tra l’altro sempre cercato di motivare, senza fermarmi a sensazioni “a pelle”. Devo dire che, anche con coloro con cui sono stato più severo, vedi Giuliano Palma, la Ruggiero o Frankie, non si possa parlare di “brutte canzoni”: semplicemente mi aspettavo di meglio, specie da quest’ultimo, che tornava alla ribalta dopo un po’ e che ci ha proposto una – migliorata comunque dopo la prima esibizione  – “Pedala”, molto somigliante comunque a brani di matrice folk-reggae poco nelle sue corde e più care a band storiche che, mi sa, davvero mai vedremo a queste latitudine, vale a dire gli Africa Unite. Se devo dare un giudizio complessivo, magari stupirò qualcuno, ma il pezzo meno convincente in assoluto è stato quello di Francesco Sarcina. Testo inconsistente, con brutte immagini poco efficaci e scarsamente evocative, un piglio nel canto esagerato ,troppo sopra le righe; una melodia che non decollava, se non negli inutili gargarismi e vocalizzi del Nostro, troppo impegnato a cercare una sua via, tra rimasugli di un Piero Pelù d’annata e un contemporaneo Kekko dei Modà, impossibile tuttora da scalzare nel cuore degli amanti dell’ “emo-pop”, concedetemi il neologismo.

Discreti brani anche quelli di Ron, Giusy e Noemi, all’insegna però di un pop un po’ striminzito. Specie da Noemi mi aspettavo di più: rimane una validissima interprete, che tiene bene il palco ed è in grado di trasmettere qualcosa, ma stavolta non ho avvertito quel pathos nel canto, quel “graffiato” che è un po’ il suo marchio di fabbrica. Sul podio arrivano due outsider, i cui pezzi singolarmente non erano male, anche se c’ho messo diversi ascolti a digerire uno dei miei idoli: Raphael Gualazzi. Alla fine il pezzo non è male, non all’altezza di altre sue produzioni, ma significativo di un talento in evoluzione, cui poco ha giovato in ogni caso, se non in fase di scrittura del pezzo, l’apporto del mascherato Bloody Beetroots. Di quest’ultimo si è avvertita solo la presenza scenica sul palco, musicalmente sta su un altro pianeta (guardate i tantissimi video presenti sul tubo per capire di che sto parlando). Renzo Rubino – che per giorni ho chiamato Sergio, come ho fatto per mesi con una mia collega, chiamandola Sara, anziché Lara – è un buon prospetto, talentuoso sicuramente nel suo genere ma anche lui è andato più volte sopra le righe, quasi  volesse emulare Morgan. Per carità, rimanga sé stesso, che è giovanissimo e già quotato, e cerchi una sua strada originale e credibile. Bravi, interessanti, ma a mio avviso non meritevoli del podio.

Uno che doveva starci, nonostante mi sia espresso poco convinto del suo pezzo in gara, a discapito di quello eliminato che ritenevo più nelle sue corde, era il favorito Francesco Renga. Un altro invece che davvero lo meritava assolutamente era Cristiano De Andrè, che almeno si è rifatto con i premi della critica… dati al pezzo scartato, la splendida e autobiografica, seppur scritta dal bravo Fabio Ferraboschi, “Invisibili”. Già questo dovrebbe far rivedere una volta per tutti l’assurdo regolamento di presentare due brani! “Invisibili”, senza nulla togliere all’altro brano, indubbiamente efficace, aveva davvero una marcia in più e si sentiva quanto Cristiano avesse messo di suo nel pezzo. Io poi mi ci sono ritrovato molto e, riascoltandolo nella notte dal mio Iphone, il brano  è riuscito ad emozionarmi e a commuovermi. Mi ci sono immedesimato e poco importa se si parla di Genova e di suo padre, e non del mio, che è altrettanto “invisibile” da quasi 9 anni.

Tornando a discorsi più generali, insomma, nel mio podio dovevano finirci De Andrè, Renga (il mio potenziale vincitore, per tutta una serie di criteri, legati alla canzone stessa, alla sua interpretazione, al suo significato e alla sua capacità di arrivare a più persone, di rappresentare il brano “sanremese” per eccellenza), e Arisa.

Quest’ultima, ritrovatasi a rivaleggiare nella finalissima con i due ragazzi al pianoforte, ha avuto vita facile, tanto che sembrava per nulla stupita del suo eccellente risultato. Un brano ben confezionato , adattissimo a lei e alla sua ispirata e perfetta voce, scritta da un autore come Giuseppe Anastasi, suo ex fidanzato e ora collaboratore storico, che sarebbe giusto rivalutare come uno dei più interessanti della sua generazione.

Hanno fatto un figurone anche alcuni dei miei idoli, ma non solo; persone che davvero stimo e seguo da sempre, per i quali ho provato emozioni vere nel vederli calcare alla grande “quel” palco: i Perturbazione, Riccardo Sinigallia (peccato per la precoce e giusta, in base al regolamento, squalifica, ma almeno ha avuto lo spazio come gli altri e non c’ha rimesso per nulla!), e tra le Nuove Proposte i grandi Zibba, senza Almalibre – ma i ragazzi c’erano eccome – e Davide “The Niro” Combusti. Quest’ultimo ha interagito in rete con tanti di noi, nonostante le pressioni e le tempistiche del Festival davvero strette, testimoniando anche della nascita e della condivisione di amicizie che magari potrebbero portare in futuro anche ad interessanti collaborazioni, nel suo caso con il bravo cantautore tarantino Diodato, una delle sorprese di questa rassegna. Mi è piaciuto anche Filippo Graziani… porta un nome pesante e lui ne è consapevole, ma bisognerebbe andare oltre i paragoni, altrimenti rischieremmo per l’ennesima volta di schiacciare un gran talento che magari non arriverà mai alle vette del padre Ivan, ma che potrebbe regalarci in ogni caso delle belle canzoni. E’ dura comunque per i giovani in questi anni, il mercato è spietato e gli spazi e i tempi, seppur illimitati e condivisibili con tantissime persone, sanno anche clamorosamente restringersi, tanta è la concorrenza. Senza andare troppo a ritroso, negli ultimi anni, abbiamo visto calcare Sanremo Giovani validissimi cantanti: l’anno scorso, oltre a Rubino, anche il vincitore Maggio (io l’avrei voluto volentieri rivedere quest’anno, oltretutto ho apprezzato tanto il suo disco d’esordio!), il Cile e Nardinocchi; l’anno precedente la bravissima Erica Mou e Guazzone. E poi ancora gli IoHoSempreVoglia che provenivano dal mondo indie.

E che dire di un’edizione che porto nel cuore, quella del 2010? Gareggiavano gente come La Fame di Camilla, che l’anno scorso hanno annunciato il loro scioglimento, Luca Marino, Nicholas Bonazzi, Mattia De Luca, Romeus e Jacopo Ratini, che ho avuto modo di conoscere, pur non avendolo mai incontrato di persona. Un grande talento, c’ha riprovato anche quest’anno, dopo aver presentato un bellissimo brano, ma senza fortuna. Eppure, la sua esperienza sanremese non la dimenticherà mai e mi è capitato di scrivergli in questi giorni: è stato bello scoprire come sia ancora in stretto contatto con molti di quegli artisti che condivisero con lui quel palco, appunto Marino o il chitarrista dei La Fame di Camilla, segno come scritto prima, che possono nascere anche dei buoni e spontanei sodalizi, al di là delle competizioni e del fatto che in pochi minuti ci si possa giocare una carriera. Ci sono anche i rapporti, le persone, il sudore e l’impegno dietro quei 4/5 minuti, spesso condensati ad orari da nottambuli, e chi organizza un Festival così rilevante ne dovrebbe, ahimè, tenere conto. Quell’anno, in cui emerse almeno la bravissima Nina Zilli, vinse uno dei ragazzi più inconsistenti fuori usciti dai talent show, Tony Maiello. Non me ne voglia il ragazzo, che trovo davvero impersonale, ma il confronto ad esempio con Marco Mengoni, per distacco a mio avviso, il più completo e talentuoso proveniente dal “vivaio” di X Factor, è davvero impietoso.

Tutto per dire comunque che, forse, quest’anno, nonostante abbia portato in luce pochi esempi di coloro che stanno facendo carriera in confronto di chi lo meriterebbe, c’è davvero chi potrebbe, indipendentemente dall’andamento della classifica finale, continuare bene il proprio percorso, specie appunto Zibba e The Niro che hanno alle spalle un nutrito numero di sostenitori.

Va beh, mi sono reso conto di aver perso un po’il filo del discorso, è ora di resettare il tutto, chiudere questa lunga settimana sanremese e guardare avanti, sperando comunque che la musica non sia ricordata solo in questi frenetici 5 giorni. Si ritorna alla realtà, dopo aver vissuto quasi in una bolla di sapone, tanto che in pratica nessun artista in gara, ha parlato di cose”sociali”, della situazione attuale del Nostro Paese. Il tema, piuttosto, declinato talvolta in modo stucchevole e retorico, è stato quello universale, e proprio per questo, “ingiudicabile” e indefinibile oggettivamente, della bellezza. Mi è parso efficace comunque il monologo di Crozza: forse davvero sarebbe il caso di ricordarci più spesso chi siamo e cosa siamo stati in grado di rappresentare nel Mondo, anziché guardare al futuro con rassegnazione e scarsa fiducia, vergognandoci del presente che stiamo attraversando. Io nel mio piccolo cerco sempre più di un appiglio per andare avanti con serenità d’animo, col sorriso, con tanti piccoli e grandi progetti. Basterebbe poco per migliorare la nostra vita, ma bisogna partire dalle piccole cose, da noi stessi.

Lo stupendo brano di Cristiano De Andrè: “Invisibili”


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