attribution: Romano Magrone
Uno degli incontri più importanti del Festival dell’Economia di Trento, dopo l’inaugurazione, è stato l’atteso intervento di Giuliano Amato.
Il titolo dell’incontro, moderato dal presidente dell’Università degli Studi di Trento Innocenzo Cipolletta, era “L’Europa tra 20 anni”. Un tema cruciale, dal sapore quasi profetico in un momento di difficoltà sociale e di tenuta dell’Eurozona. Ecco ampi stralci del lungo discorso di Amato, europeista di vecchia data.
C’è una grande illusione da parte nostra se pensiamo che lanciando l’integrazione europea per risolvere i problemi, possiamo trovare un clima che la trovi opportuna e utile come appare a noi. Non dobbiamo illuderci di ritrovare le stesse identiche collocazioni di europeismo federalista contro sporadici euroscettici. La situazione è cambiata e rende non meno necessaria l’integrazione, ma molto difficile il percorso per arrivarci. Non era illusoria l’integrazione europea come prospettiva dei paesi europei, l’Europa, via via che procedeva verso una crescente integrazione, ha sempre potuto offrire ai cittadini dei singoli stati membri qualcosa di più di quello che essi avevano in quanto cittadini degli stati membri, non solo la pace, ma altro. Più si veniva integrando il mercato più si moltiplicavano le occasioni per avere una cosa che serviva, da produttori diversi, a prezzi migliori.
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L’eguaglianza di genere si è affermata nella maggior parte dei membri della UE grazie alla giurisprudenza della Corte di Giustizia europea del Lussemburgo, che l’ha imposta agli Stati riottosi, oltre a tante altre cose, fino ad arrivare ad avere la Carta dei Diritti con il trattato di Lisbona, nella quale ci sono molti diritti che abbiamo in quanto cittadini europei e tutto questo è venuto accadendo rendendo sempre più stretta l’integrazione.
I cultori di Maastricht arrivarono a prendere atto che ci voleva una politica monetaria unica, arrivarono a creare una banca centrale europea, ma decisero che le politiche economiche e fiscali sarebbero rimaste nazionali.
Si è attivato quindi un processo nefasto che si è avvitato su se stesso negli anni della crisi.
I tre livelli di governo italiano fanno tutti austerità. Questo ci ha messo nella situazione che non abbiamo gli strumenti per fronteggiare gli effetti recessivi di un risanamento finanziario più necessario; siamo a quel tipo di cura devastante per l’intero organismo adottata senza che nulla si faccia carico dei side effects.
Davanti a questa situazione viene la domanda “come sarà l’Europa tra 20 anni?”.
Se non usciamo da tutto questo l’Europa sarà forse un mercato in parte comune, nel quale saranno cresciute le tensioni tra gli Stati membri e ciascuno tenderà a chiudersi il più possibile, con ripercussioni negative anche nei confronti dell’immigrazione, con società sempre più vecchie, costose e meno capaci di produrre PIL.
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Amato conclude poi con una frase di speranza sui giovani: vedo un Paese che si sta misurando con tristezza e continuo decadente lamento della propria condizione sull’immagine dei giovani nel call center come unica prospettiva. Abbiamo giovani bravi che anche in Italia lavorano, pronti a fare start up. Loro sono l’esempio che va sottolineato.
Articolo di Silvio Carnassale.