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Festival letterari: perché farne uno?

Creato il 03 ottobre 2013 da Altovolume
Tanto tempo fa avevo letto questo articolo su Finzioni.
Si parlava dei festival letterari in Italia: si o no?
Settembre, ma l'autunno in generale, è tempo di festival, il più famoso è l'ormai classico Festival della letteratura di Mantova.
Nell'articolo di Finzioni si riportano due posizioni:
1. Uno degli argomenti a favore dei detrattori di queste manifestazioni è proprio questo: i festival riempiono le piazze e i ristoranti per un weekend, generano un buon introito per le amministrazioni comunali, ma non è dimostrato che portino ad un incremento del numero di lettori e nemmeno ad un ritorno economico sul medio-lungo periodo per le librerie delle città che li ospitano. Insomma, momenti di intrattenimento che non educano né avvicinano alla lettura.
2. I sostenitori di queste manifestazioni ritengono invece che esse rimangano momenti fondamentali di incontro, una valida alternativa ad un dibattito culturale ormai disperso nella rete nonché un momento di promozione e forse anche educazione alla lettura. C’è chi arriva a vedere nei festival un’occasione di salvezza per la comunità dei lettori.
Quest'anno purtroppo non sono riuscita ad andare a Mantova (avrei voluto vedere tantissimo Cyril Pedrosa).
In compenso, alcuni di voi lo sapranno, negli ultimi mesi mi sono dedicata anima, corpo - e qualcosa in più- ad organizzare un festival culturale che si svolge nella ridente Bassa Bresciana, dove ho la residenza: Il Festival Occhio Di Bue.

Festival letterari: perché farne uno?

la bassa bresciana è tutta così all'incirca: campagna, chiese
e cani sciolti.

Il Festival Occhio di Bue è un festival culturale nato 3 anni fa.
Come tutti i festival si svolge a settembre e cerca di coniugare i tre principali pilastri della cultura: teatro, musica, libri.
Quest'anno era il mio primo anno come parte dello staff.
Devo dire innanzitutto che organizzare un festival così ricco e vario è una faticaccia, per mille motivi diversi che chi organizza eventi può immaginare (i permessi, la stampa, la siae...).
Un "piccolo" particolare che ho dimenticato: il festival dura tre settimane. Ovvero tre week-end pieni di eventi, e quindi di corse, telefonate, sedie da spostare e riunioni su riunioni.
Festival letterari: perché farne uno?Per quanto mi riguarda sono stata coinvolta direttamente in diversi campi oltre allo spostamento coatto di sedie, il più importante è la cura di una giornata particolare, la penultima, ovvero sabato scorso, chiamata Editoria Indipendente.
Come è nata quest'idea folle?
E' nato tutto da alcune parole dette per caso durante una delle prime riunioni, dove ho fatto presente che di editoria e libri ne so un po' (ma solo un po'). E quelle parole pian piano hanno cambiato forma, sono diventate vere e pesanti: mi è stato chiesto di provare a saggiare il terreno, a vedere cosa era possibile fare.
E io ci ho provato: dopo mille ricerche, liste, cancellature, e qualche milione di mail ho abbozzato una lista di editori e autori disposti a venire nella bassa bresciana per parlare essenzialmente di libri.
E' stato un azzardo, una scommessa, una sfida come ho ripetuto sabato agli editori, agli scrittori, ai relatori (tutti gentilissimi) intervenuti sabato.
Ho deciso e accettato di organizzare una giornata simile per portare qualcosa del brillante e luccicoso mondo delle grandi città in una realtà che non è certamente "alla moda", chic, elegante...in una realtà che è fatta di persone che vivono in un paese e si muovono verso altri paesi per la maggior parte dell'anno. Ho voluto portare qualcosa di nuovo e diverso, far respirare per un giorno un'aria diversa alla gente della bassa, ma sopratutto creare un'offerta culturale diversa.
Chi vive in paese lo sa bene: le librerie sono pochissime (qui sono quasi a zero), i libri e i giornali che girano sono quasi sempre gli stessi (quelli che arrivano in edicola), e l'unico luogo in cui copravvive la cultura sono le biblioteche, luoghi bistrattati da amministrazioni comunali sempre più in difficoltà.
Le premesse non erano buone.
Eppure gli anni scorsi a questi incontri letterari la gente non mancava mai. Certo giocava a favore che sono sempre stati gratuiti e che dopo c'era sempre un piccolo buffet...allora perché non provarci? Perché non provare a creare qualcosa di più grande, seppur modesto?
Il risultato non lo so ancora, non ho ancora fatto un bilancio vero e proprio.
Abbiamo fatto una riunione di fine e d'inizio e ho scoperto alcune cose.
  • Alcune case editrici hanno venduto e sono state contente, altre poco e niente.
  • I ragazzini delle scuole medie passati in mattinata con la scuola sono tornati nel pomeriggio per farsi comprare dei libri dai genitori.
  • Alcune persone hanno scoperto che l'editoria non  è solo Mondadori: non avevano mai pensato all'esistenza di altre case editrici.
  • Hanno detto che è vero che agli incontri/presentazione c'era poca gente magari, ma si sentiva che la qualità era alta. (...)
Senza contare le persone con cui ho avuto modo di parlare durante la giornata.
  • Alcune maestre mi hanno detto che è stata una bella cosa e mi hanno ringraziata perché loro purtroppo non riescono più ad andare da nessuna parte (...) e ho consigliato loro alcuni libri di cui sono state contente.
  • Altri mi hanno detto che sarebbe bello se si facesse qualcosa di simile durante l'anno. 
  • Sono state trovate idee per fare incontri mirati con alcuni ospiti di sabato. 
  • Un tizio (ma anche altri probabilmente) ci ha dato dei "comunisti" e che solo Mondadori pubblica cose serie. (...)
E poi ci sono gli scrittori e gli editori, tutti molto gentili e comprensivi.
Una parola la devo spendere per forza per Carlo Zambotti, autore di Servirà qualcuno che ci legga alla fine., libro edito da Gorilla Sapiens Edizioni.
Se capita vicino a voi andateci: andate a vederlo perché lo merita, perché è simpatico e alla mano e perché ha scritto un bel libro. 
In questo festival con gli scrittori e ospiti mi è capitato di tutto: dallo scrittore presuntuoso autopubblicato, a quello conosciuto che va in tv, a quello di nicchia, all'autrice che si fa mezza Italia per fare un laboratorio per bambini...fino a Carlo che è stato uno degli ultimi e che ho trovato esattamente come i personaggi del suo libro. Di questo parlerò più avanti perché merita un posto tutto suo. A lui ho spiegato un po' quello che voleva essere la giornata Editoria Indipendente e lui ha capito tutto, e prima di andar via mi ha detto "continua a combattere, non ti arrendere!".
Sono parole che mi sono rimaste dentro perché forse era quello che avevo bisogno sentirmi dire in quel momento, in questi giorni.
Ho pensato molto alla questione Festival: si, no, forse, è cultura/non è cultura, strapese e stracittà, servono/sono inutili.
Mi sembrano tutti discorsi sterili, vuoti, perfino banali.
Festival si e basta. E non necessariamente nelle città. Perché nelle città la cultura c'è, esiste, non ci sono scuse: teatro, cinema, librerie di catena, librerie indipendenti, feste, fiere, festival...c'è un'offerta culturale varia, a volte di massa e a volte di qualità però esiste.
In provincia c'è, spesso, da mettersi le mani nei capelli.
Chi dice che in Italia ci sono mille festival e che spesso non sono "utili" da un punto di vista culturale ha ragione: un festival come quello che ho aiutato a costruire non contribuisce a creare dibattito culturale, non crea una cultura "alta". Crea altro, la base necessaria da cui partire: la curiosità.
Prima di lamentarsi che la gente legge poco bisogna dire alla gente che  i libri esistono: non bastano le biblioteche, le librerie, i gruppi di lettura, i festival nelle città...a volte la cultura gliela devi sbattargliele sotto al naso.
Mi pare che troppo spesso il mondo della cultura che si definisce "di un certo livello" dimentichi l'importanza della lettura e i benefici che possono scaturire da questa.
A me piacciono i vari festival della letteratura, i saloni del libro e simili: sono disposta a muovermi per andare a vedere gli autori che mi piacciono, per comprare i libri che dico io, per sentirmi meno sola come lettrice.
Però capisco anche che questi eventi sono "solo" per i lettori, spesso per quelli forti. La gente che più ha bisogno della potenza dei libri non ci andrà mai. Perché sono troppo lontani, perché non sanno che esistono, perché un libro loro non l'hanno mai preso in mano e in libreria non ci hanno mai messo più piede da quella volta in quinta elementare (se siamo fortunati, in quinta superiore).
Ed ecco che quindi spettacolarizzare un po' il festival e la cultura va bene: va bene perché per quanto inutili da un punto di vista strettamente "intellettuale" sono estremamente utili da un punto di vista promozionale.
Mi ha stupita e lasciata piacevolamente sorpresa sentire che dei ragazzini delle medie sono tornati nel pomeriggio con le famiglie per comprare dei libri: libri che la nostra carolibreria di fiducia teneva già in negozio e che la biblioteca possiede...eppure senza metterglieli sotto il naso non li avevano mai visti.
Ci sono altre questioni contro i festival, su cui posso essere d'accordo, anche se credo che la soluzione sia vigilare meglio anzichè eliminare i festival.
Rischio Sagra
Si è vero: c'è il rischio che nelle piccole realtà un festival diventi una sagra di paese, stracolmo di autori autopubblicati, eap, amici di amici (magari pure pagati). C'è il rischio che la qualità vada a quel paese.
E' un rischio concreto che però può e deve essere evitato, ma questo dovrebbe succedere sempre, anche durante altri eventi.
Soldi pubblici
Questi festival sono spesso finanziati da enti pubblici: nel nostro caso non è stato così, non abbiamo ricevuto niente da nessun ente pubblico.
Abbiamo cercato sponsor nella zona e con quello che abbiamo racimolato abbiamo costruito il festival, mettendo del nostro laddove c'era la necessità.
Noi eravamo/siamo tutti volontari che hanno sempre creduto in questo progetto, chi più chi meno.
In molte altre realtà i festival sono però -giustamente- finanziati dall'apparato pubblico: in questo caso credo sia scontato dire che ci deve essere una doppia attenzione nell'organizzare per offrire agli utenti un'offerta culturale adeguata.
In questi casi inoltre dovrebbe essere obbligatorio per le istituzioni vicine (biblioteche e scuole) una collaborazione, per poter dare continuità al festival anche durante l'anno: l'ideale secondo me sarebbe fare del festival lo sbocco finale di un percorso culturale pensato, costruito e ragionato dall'intera comunità interessata.
Se la comunità riceve dei benefici dal festival trovo sia giusto che l'ente pubblico finanzi anche in minima parte, il resto si può trovare ottenendo sponsorizzazioni presso privati.
Certo io parlo di festival piccoli perché sono quelli a mio parere più utili per creare una nuova possibile domanda di lettura: quando invece le cifre e gli investimenti iniziano ad essere consistenti bisogna valutare caso per caso. Valutare se sia così necessario investire tanto in un festival con nomi prestigiosi, aperitivi, pubblicità presso tv e giornali...quando durante l'anno alla biblioteca magari non è concesso comprare alcun libro.
Qual è il fine di questi festival? Fare davvero promozione alla lettura/cultura o creare solo "eventi" per dare visibilità a chi li organizza?
Bilancio culturale
Festival pieni, librerie vuote.
Non credo che si possa pretendere che un festival, evento isolato e confinato a pochi giorni spesso, aumenti la domanda di lettura in automatico. Chi pensa questo credo sia un pazzo che non sa niente. Certo esiste qualcuno che rimane "folgorato" durante la festa, che trova il suo libro perfetto, ma sono pochissime le persone di questo tipo.
La domanda di lettura la si deve creare giorno per giorno da chi è deputato a crearla: insegnanti e bibliotecari in primis, e molti altri (chi gestisce teatri, musei, associazioni culturali...).
Il festival deve essere un pretesto, un incentivo, una "scusa" per andare oltre: per scoprire la biblioteca, per entrare in libreria, per aprire un libro piuttosto che accendere la tv.
E' come quando t'innamori: prima c'è il fantomatico colpo fulmine, l'amore folle...poi però se non curi il rapporto, se non lo chiami, se ti dimentichi il suo compleanno...la passione si spegne e dopo qualche tempo ecco che tutto è tornato come prima: tu sul divano e il libro in mezzo ai giornali della settimana scorsa. 
Spetta al bibliotecario/insegnante/chiunque-altro alimentare questa passione.
Non al festival che ha un inizio e una fine ben definita.
Finisco citando un articolo sulle librerie che ho appena letto e che approvo in pieno: esprime quello che ho cercato di fare anch'io con Editoria Indipendente.
Oltre al centro storico c’è di più. Sì, è molto grave che non esistano misure per contrastare il depauperamento commerciale dei centri storici (chiusura di librerie ma anche di botteghe artigiane, gallerie, ecc.), ma siamo sicuri che la nostra libreria non possa svolgere una migliore e più utile funzione altrove? In centro bene o male se si cerca un libro lo si trova… ma quante zone ci sono nelle città italiane, e ai loro confini, senza alcuna possibilità di trovarne nel raggio di chilometri? Sicuri che l’allure da casa borghese sia essenziale allo svolgimento della vostra attività?
Le difficoltà strutturali: la “gente” non legge.Tieni in liberia anche libri che non leggeresti neanche sotto tortura? Ti stupisci che dopo aver letto un libro brutto una persona che magari aveva cominciato a leggere già con qualche sforzo perda interesse? Cosa fai per stimolare l’amore per la lettura, a parte vendere libri?Se vendi libri ti cancello, Francesca Santarelli, Tropico del libro
 Le parti sottolineate sono quelle con cui concordo in particolar modo. 

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