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Fiaba: “La canzone del menestrello” (II parte)

Da Cultura Salentina

19 ottobre 2010 di Vincenzo D'Aurelio

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Saputa la terribile notizia, la principessa voleva salvare ad ogni costo la vita del suo amato e così, all’imbrunire del giorno assieme ad una sua fidata ancella, si camuffò da popolana ed uscì dal castello. Le due erano dirette verso la casa di una vecchia strega e quando vi giunsero, la principessa gli parlò della sciagura accorsa al suo amato menestrello.

 

-   “Io voglio assolutamente salvarlo”, disse la principessa, “e voi dovete fornirmene i mezzi”.

La vecchia pensò e poi disse:

-   “La tua storia mi commuove e io ti farò felice. Ascoltami; quando il tuo amato salirà sul patibolo dovrà chiedere, come suo ultimo desiderio, di cantare una canzone. Tuo padre ne rimarrà commosso. Tu, invece, fingi una grave malattia e il tuo amato dovrà presentarsi per salvarti la vita con questo falso intruglio. Tu lo berrai e ti riprenderai così che a tutti sembrerà che il tuo amato ti abbia strappato dalla morte. Il resto verrà dolcemente da sé”.

La fanciulla commossa ringraziò la vecchia e la ricompensò con una borsa piena di monete d’oro. La lasciò e fece ritorno al castello. Qui giunta scese nelle segrete del castello, raggirando le guardie e consegnò l’intruglio al menestrello e riferendo ciò che doveva fare.

Giunse il giorno del supplizio del povero ragazzo.

In una delle più grandi piazze della città era stato allestito il patibolo dove si vedeva la scure che avrebbe tagliato la testa del povero menestrello. A poca distanza era stato allestito il palco reale dove avrebbe preso posto l’intera famiglia sovrana. Sin dal mattino il popolo si era già riversato numeroso sul luogo poiché tutti erano curiosi di vedere in faccia colui che aveva avuto il coraggio di amare la figlia del loro re. Quando il menestrello comparve, legato e trattenuto dai soldati, un mormorio generale di ammirazione e di rimpianto si levò tra la folla. A tutti sembrò una condanna ingiusta quella che spettava al menestrello essendo lui un giovane dal viso e dalle movenze così leggiadre e gentili. Dopo poco il re, che intanto aveva occupato il suo posto sul trono con al fianco la principessa pallida e tremante, fece un cenno con la mano al suo fido. Questi si avvicinò al condannato e, come si usava in quel tempo, gli chiese quale fosse il suo ultimo desiderio. Il menestrello rispose:

-   “Dite al re che gli domando la grazia di farmi suonare per l’ultima volta una canzone con il mio liuto”.

Il re acconsentì e ordinò che gli fosse portato lo strumento richiesto. Il menestrello, allora, cominciò a toccare le corde intonando le note di una melodia soave e al contempo malinconica. La canzone narrava la triste storia della sua vita e le parole erano tenere e piene di pietà tanto che il popolo si commosse. Anche il re rimase profondamente colpito così come la principessa e gli stessi soldati che lo avevano accompagnato sul patibolo. All’improvviso, in quel profondo silenzio che avvolgeva tutta la piazza, echeggiò un urlo acutissimo e straziante; la principessa era caduta per terra esanime. Una gran confusione di gente si accalcò intorno al palco reale per informarsi sulle condizioni della giovane principessa tanto che nessuno più badava al condannato. La principessa fu sollevata da terra e posata su due grandi cuscini ma lei non dava alcun segno di vita. Invano il re chiamava dolcemente il suo nome e tutti vani furono i tentativi di farla rinvenire. Lei sembrava morta!

All’improvviso una voce sovrastò il frastuono della folla accalcata:

-   “Maestà, io solo ho la facoltà di far ritornare in vita vostra figlia”.

Tutti si volsero indietro per vedere chi avesse proferito quelle parole; era il menestrello. Il re, allora, ordinò che il prigioniero fosse liberato dalle catene e portato davanti alla principessa moribonda.

-   “Attento”, disse il re, “se tu salverai la vita a mia figlia io farò salva la tua ma se non riuscirai a strapparla alla morte sarai ucciso nel modo più crudele”.

Il menestrello annuì  con un accenno del capo e si avvicinò alla fanciulla. Iniziò ad accarezzarle dolcemente il viso, la fronte e gli occhi, poi le strinse le mani e le sussurrò nell’orecchio qualche parola. Prese poi la fiala, che la fanciulla gli aveva consegnato e che teneva nascosta in petto, e le fece bere il contenuto. Dopo pochi minuti, mentre tutti erano in grande ansia e il re più di ogni altro, un debole sorriso e poi un lieve respiro uscirono dalle labbra della principessa. Tutti allora gridarono:

-   “E’ salva!”.

Dopo circa un’ora, infatti, la principessa aveva ripreso piena conoscenza.

Il popolo, di fronte a quel gesto del menestrello, considerò il giovane alla stregua di un eroe e il re, contento della salvezza di sua figlia, gli donò la libertà come promesso.

I giorni proseguivano tranquilli ma la giovane principessa era sempre più innamorata del suo menestrello che per lei aveva tanto sofferto e patito. Una sera i due innamorati, decisi a non nascondere più il proprio amore, si presentarono presi per mano al cospetto del vecchio re. La principessa era vestita di bianco e il menestrello da cavaliere. Il re capì cosa loro volesse e cosa poteva fare di fronte a tanto amore?

Li benedisse e dopo pochi giorni li fece sposare.

L’amore così trionfò sopra tutti gli ostacoli e i pericoli mentre il popolo gioiva per il suo principe eroe.

(leggi la prima parte…)



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