C’era una volta una zona del globo a forma di stivale con tacco e punta immersi in un mare stupendo e a contatto con altri splendidi terreni. La cultura vi era padrona: Arte e Lettere passeggiavano a braccetto visitando le varie Contee e lasciando ovunque traccia del loro passaggio. Viandanti e pellegrini provenivano da ogni parte del mondo per ammirarne la grande bellezza.
In questo lembo di terra, nel tempo, iniziarono a nascere aggregazioni importanti: associazioni di individui al servizio del bene comune operavano per salvaguardare il benessere, garantire diritti, vegliare sull’osservanza dei doveri.
E fu la legge.
E fu la partecipazione degli abitanti le contee per nominare i propri conti e relativi consiglieri, poi su su fino alla punta della piramide.
Essere in alto provocava vertigine, un senso di disagio; qualcuno, tuttavia, stanziale, si abituò a queste altitudini, cominciò a respirare meglio e a sentirsi bene quasi in uno stato di ebbrezza.
E fu il potere. E fu il dominio. E fu il predominio.
E nacque Senilità, un gruppo d’individui che, partendo dalla Contea principale, allungò i suoi tentacoli in varie direzioni lungo lo stivale.
“Abbiamo esperienza” dissero e tanto bastò per certificarli abili gestori della cosa pubblica; la metamorfosi in manipolatori d’istituzioni e creatori di profitto a tutti i costi fu rapidissima.
Ma questi “signori” che pensavano di potere comprare tutto, speculare su cose e persone, finanche su indigenza e bisogno, non calcolarono che il meccanismo così ben congeniato, studiato nei minimi dettagli, perfetto ai loro occhi, potesse a un certo punto urtare un ostacolo e avere una battuta d’arresto.
Il motore cominciò a battere in testa.
E fu Gioventù: un’ampia schiera di persone per bene, una maggioranza fino a quel momento troppo silenziosa che iniziò a fare sentire la propria voce. L’eco del loro ardore si sparse per le Contee sostenuto da Purezza, Onestà, Giustizia.
E fu guerra, non di armi ma di valori contro disvalori.
“Sono folli! Vivono al di fuori della realtà! La loro passione fatta solo di cuore non servirà a nulla. Occorrono testa, tanto cervello, molta furbizia. Loro non sono in grado, non conoscono Scaltrezza!”
Mentre Senilità pronunciava queste parole, si voltò e vide un gruppetto di nuove leve, timide, in disparte, timorose.
“Ma guarda che giovani rampolli! Venite … Venite … v’insegnerò la vita, quella vera, un meraviglioso ingranaggio in cui diventerete ruote motrici.”
E così, li acchiappò con seduzione, li educò in tutta fretta e modellò a sua immagine, facendone copie e facsimili.
Ebbene, Gioventù urlò il suo “Non ci sto!”; non voleva crescere, diventare “adulta” se questo comportava trame oscure, progetti all’ombra, calpestare chiunque come un sigaro ciccato, sfruttare persino una condizione simile a un mozzicone di sigaretta. E se qualcuno deragliava, veniva cacciato dalla porta principale del maniero: nessuna attenuante, nessuno sconto.
Non si poteva tradire il motto inciso all’ingresso del castello
Per Senilità, Esperienza e Saggezza erano lontanissime conoscenti; nelle sue lande, inesistenti i matrimoni con Onestà e Moralità, brave fanciulle bramate dai conti per la loro aria di primavera da trasformare in vento di tardo autunno. Bruciavano dal desiderio.
Ma le ragazze preferivano prati verdi e fiori freschi.
Per Gioventù non esisteva età: nella sua terra si viveva grazie agli anni del cuore, alla purezza e all’ardore, nulla a che vedere con lo scorrere cronologico del tempo.
Se Senilità non avesse sputato insieme al suo catarro quella sfumatura di anima di cui è dotato ogni essere vivente, se Gioventù avesse avuto il suo stesso raggio d’influenza, se il suo anelito verso il nuovo, il davvero vergine, avesse potuto percorrere strade senza barriere, allora il mondo sarebbe stato ciò che DOVEVA essere.
Fiaba o realtà?
Utopia o possibilità?
Al lettore la scelta.
Il cantore che, accompagnato dalla sua lira, ha narrato nei principali castelli delle Contee questa epopea del Malaffare e l’allegorica lotta tra la lestofante Senilità e la proba Gioventù conclude, sempre in musica, con questo auspicio
Verrit humum bene scopa recens ¹
e saluta con il consueto finale
Acta est fabula
¹ scopa nuova spazza bene la polvere