Una delle cose che più infastidisce il fisico quadratico medio è il classico luogo comune: “Ah, sei un fisico… sei un po’ fuori dal mondo, eh?.. equazioni… robba nucleare.. cose incomprensibili per noi mortali..”.
Nessuno è immune da questo sarcastico mantra, che può essere proferito anche dai più insospettabili interlocutori: amici d’infanzia, familiari, la biondina che stai cercando di rimorchiare al bar..
Niente, tu fai di tutto per provare a spiegare quello che fai per vivere, in maniera molto semplice e poco tecnica, ed il tuo interlocutore dopo 6 decimi di secondo ha già spento il cervello e ti guarda con un sorriso accondiscendente che si riserva in genere al Don Chisciotte di turno.
Tutto questo nasce dal pregiudizio che chi fa ricerca, specie in fisica, in genere lavora su cose totalmente astratte ed inutili, misteriose e complicatissime equazioni differenziali che governano la formazione dei cirrocumuli in alta quota o il moto vorticoso della marmellata d’arancia ad alte temperature…
Il che porta secondo me anche a giustificare nella mente del cittadino il fatto che si investono pochi soldi nella ricerca. A parole tutti criticano i governi che non investono, ma sotto sotto molti pensano che siano soldi un po’ inutili, e che il tuo, in fondo, non sia un vero e proprio lavoro…
Si è parlato anche su questo blog recentemente del progetto europeo F7 sul grafene, questo materiale quasi magico che promette meraviglie tecnologiche ma che nessuno ha capito veramente bene a cosa serve..
Di nuovo potrebbe passare l’idea che l’Europa, intesa come istituzioni EU, butti i soldi in cose inutili, astruse, costose e soprattutto poco pratiche.
Ebbene, dietro i luoghi comuni spesso si nascono anche piccole verità, e sicuramente sprechi e studi poco applicativi ci sono – anche se qui bisognerebbe spiegare che anche uno studio apparentemente molto astratto può implicare profonde rivoluzioni. Un algoritmo di ottimizzazione testato su un materiale disordinato assolutamente inutile come un vetro di spin, può avere applicazioni in campi fra i più disparati, come lo studio delle memorie artificiali, o il controllo del mercato azionario delle borse, o del traffico sul raccordo anulare all’ora di punta, non fosse che per dimostrare che quest’ultimo non si può ottimizzare per definizione intrinseca di automobilista romano..
Ma la fisica si occupa anche di studiare cose estremamente pratiche, vicine alla vita di tutti i giorni, vita che anzi potrebbe essere rapidamente rivoluzionata da queste ricerche, e la tanto bistrattata Europa ogni tanto finanzia anche ricerche lungimiranti.
Sto parlando qui di un progetto che mi coinvolge personalmente, il “NEWLED“.
Il NEWLED è un progetto, un consorzio europeo, formato da gruppi di eccellenza sia teorica che sperimentale, che passerà i prossimi anni a studiare, progettare, costruire una nuova generazione di Led.
Che cos’è un Led? Un led (light emitting diode) è un diodo, ovvero un dispositivo costituito da materiali semiconduttori – ovvero in parole povere materiali che non conducono l’elettricità facilmente come i metalli, ma non sono nemmeno degli isolanti, sono una “via di mezzo”.
In questi materiali, a partire da una condizione iniziale in cui gli “elettroni” (cariche negative) e le “buche” (cariche positive costituite da un’assenza di elettrone, una buca appunto) si trovano in zone separate, quando viene applicata una tensione esterna (un campo elettrico), che abbassa la barriera che separa le cariche di opposta natura, le cariche si “ricombinano”, ovvero si annullano a vicenda, emettendo energia sotto forma di fotone. E che cos’è un fotone? Luce.
Insomma, per dirla semplice per i nostri amici perplessi, i led sono dei dispositivi che sfruttando un fenomeno fisico tipico di certi materiali, fanno luce. Sono una specie di lampadina.
Molti di voi avranno familiarità con questi led, che sono presenti, spesso in veste di ipnotica lucetta rossa o verde, in molti elettrodomestici della nostra vista quotidiana. Il classico ed insostituibile on/off.
I led, a seconda delle loro caratteristiche e del tipo di materiale che li costituiscono, emettono luce a lunghezza d’onda diversa, ovvero di colore diverso. E possono, e sono infatti sempre di più, utilizzati per la normale illuminazione di case, strade e città, specie se si dimostreranno più efficienti e meno costosi delle normali lampadine.
(Bellissime e un po’ inquietanti sono le Flame Towers, le torri fiammeggianti di Baku, in Azerbaijan, ricoperte da più di 10000 led per rendere l’aspetto fiammeggiante).
Ma per essere utilizzati al posto delle classiche lampadine, i led devono emettere una bella, potente luce bianca. Esistono delle tecniche attualmente che permettono di trasformare la luce colorata dei led in luce bianca, e si basano principalmente sul una sorta di “filtraggio” dei vari colori che i led emettono naturalmente fatto da uno strato di fosforo posto sul led, che converte in genere la luce blu emessa da alcuni led in bianca, a discapito della luminosità in genere.
Ma c’è un altro inconveniente legato alla conversione con il fosforo. Il fosforo non è gratis. Il fosforo è un materiale che fa parte delle così dette “terre rare”. Che poi non sono così rare, nel senso che la più rara delle terre rare, il lutezio, è comunque in natura 200 volte più disponibile del’oro. Il termine terre rare, deriva per lo più dalla loro scoperta relativamente recente (a partire dalla fine del 1700) e soprattutto dal fatto che la loro estrazione è complicata e costosa. Inoltre, e questo strategicamente è il punto fondamentale, per una strana congiuntura geologico-politica, il 97% delle terre rare esistenti al mondo si trova nel sottosuolo della Cina, che ovviamente ne controlla il mercato a suo piacimento, fino a paralizzarlo, come fece anni fa, bloccando le esportazioni di terre rare verso il Giappone per una ritorsione politica contingente.
E’ abbastanza chiaro a tutti quanto sia fondamentale per l’economia mondiale il ruolo della Cina, che è il paese che ha probabilmente la maggiore espansione industriale, il maggior consumo di materie prime, a partire dal petrolio e gas naturali, di cui è il primo acquirente dalla Russia, e non a caso si sostiene spesso che l’economia russa si basa esclusivamente e pericolosamente sulla vendita di petrolio e gas alla Cina. La Cina è inoltre di recente entrata massicciamente nella ricerca e produzione di energie alternative, a partire dal fotovoltaico. Tutto questo influenzerà fortemente le future dinamiche socio-economiche del pianeta, ed è chiaro che la piccola Europa dovrà trovare un suo ruolo. Non siamo né grandi produttori, né grandi consumatori. Ma potremo essere dei grandi innovatori, specie in campo tecnologico.
Da qui nasce l’idea di un nuovo tipo di led, il NEWLED appunto, che si basa su un’idea rivoluzionaria: creare un led costituito da diversi strati di materiale semiconduttore, ognuno in grado di emettere un colore diverso, in modo che il mescolamento dei vari colori emetta direttamente una luce bianca, senza usare convertitori. E’ un fenomeno credo familiare a tutti, basta pensare ad esempio alle trottole con tutti i colori dell’arcobaleno, che girando davano un risultato visivo di bianco puro, per il nostro occhio.
Detto così può sembrare una cosa semplice, ma ovviamente ci sono molti problemi di ordine pratico che dovranno essere risolti nell’ambito di questo progetto per produrre questi nuovi led, ed il più ostico è la così detta “deep-green gap”, ovvero la “lacuna del verde scuro”.
Questa che a una prima lettura sembra solo una distratta dimenticanza nell’astuccio dei colori di uno scolaro, è un grosso ostacolo fisico nella progettazione di questi nuovi led. Consiste nel fatto che con le tecniche attuali è molto difficile costruire un dispositivo con i materiali e le strutture che normalmente si utilizzano che emetta una luce di colore verde scuro, che è indispensabile nel mescolamento dei colori per produrre il bianco.
Uno degli obbiettivi dei ricercatori impegnati in questo progetto è di riuscire a costruire un dispositivo che emetta anche del bel verde scuro, e il compito del mio gruppo sarà quello di effettuare delle simulazioni a livello atomistico dei materiali utilizzati nei led al fine di prevedere e determinare quali dovranno essere le caratteristiche ottimali del dispositivo, dal punto di vista delle dimensioni fisiche, della composizione chimica, e di tanti altri parametri tecnologicamente controllabili in fase successiva di produzione.
Le più avanzate tecniche di simulazione al computer, che si basano su modelli che nascono direttamente dalle equazioni della fisica, della meccanica quantistica, quelle stesse che spesso sono viste dai non addetti ai lavori come quanto di più lontano dalla realtà quotidiana, ci permetteranno un giorno non lontano di avere lampadine più economiche, più luminose e più durature.
Ed io potrò sinteticamente rispondere alla biondina del bar che mi chiede che cosa faccio nella vita: “Faccio lampadine”. Sperando che non mi chieda uno sconto per montarle l’impianto elettrico a casa…