Un vecchio proverbio recitava: “Chi imita la formica durante l’estate, non va a chieder pane in prestito durante l’inverno”. Ma anche ora che la stagione estiva si è ormai conclusa, la terra continua a regalarci ottimi frutti che, se conservati secondo le antiche ricette delle nostre nonne e lavorati come farebbero le infaticabili formichine, si mostreranno fedeli compagni durante il freddo e lungo inverno. Tra questi uno dei più prelibati è sicuramente il fico.
Marmellata di fichi, fichi secchi, miele di fichi, crostate di fichi, torte salate di fichi, il suo utilizzo è molteplice nella nostra tradizione. Fiore all’occhiello di queste preparazioni sono le crocette di fichi secchi, il cui nome deriva appunto dalla sua forma. La sua produzione in Italia è tipica del meridione. Gli ingredienti per prepararle sono: fichi secchi, noci e zucchero.
I fichi una volta essiccati tendono ad “arricciarsi” e quindi bisogna innanzitutto allargarli con le dita.
Per preparare una crocetta abbiamo bisogno di quattro fichi secchi più o meno della stessa dimensione. Prendiamo i primi due, li apriamo, li disponiamo a croce, ci adagiamo le noci e li ricopriamo con gli altri due fichi.
La crocetta è quasi pronta. Ora bisogna solo appiattirla con il palmo della mano, immergerla in una ciotola di acqua a temperatura ambiente per qualche secondo, farla sgocciolare, sistemarla su una teglia, possibilmente foderata con carta da forno, e infornarla a 180° per circa 10 minuti. Una volta intiepidita non ci resta che cospargerla di zucchero.
Una variante molto utilizzata per la preparazione delle crocette è il ripieno di mandole spellate e tostate o scorzette d’arancia candite. Inoltre, se non si ha molto tempo a disposizione si può anche imbottire ogni fico singolarmente. Il suo dolce sapore, così radicato alle antiche tradizioni, non varia.
Mia nonna le conserva sempre in un contenitore di latta alternando alle crocette le foglie di alloro perché così facendo il suo profumo è assicurato per molti mesi.
Questa squisitezza può essere paragonata alla madeline di Marcel Proust, perchè ogni volta che la mangeremo ci ricorderemo della meticolosità e dell’amore che le nostre nonne impiegavano nel preparala.
A cura di Fabrizia Scorzo