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Discorso di benvenuto all'arrivo del Papa a Cuba — L'Avana, gennaio 1998
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la terra che lei ha appena baciato si onora della sua presenza. Non troverà qui quei pacifici e benevoli abitanti naturali che la popolavano quando i primi europei arrivarono in questa isola. Gli uomini furono sterminati quasi tutti dallo sfruttamento e dal lavoro schiavistico a cui non poterono resistere, le donne trasformate in oggetto di piacere o schiave domestiche. Vi furono anche quelli che morirono sotto il filo delle spade omicide, o vittime di malattie sconosciute importate dai conquistatori. Alcuni sacerdoti lasciarono testimonianza strazianti della loro protesta contro tali crimini.
Nel corso dei secoli, più di un milione di africani crudelmente strappati dalle loro lontane terre occuparono il posto degli schiavi indios già estinti. Essi diedero un considerevole contributo alla composizione etnica e all'origine dell'attuale popolazione del nostro paese, dove si mescolarono la cultura, le credenze e il sangue di tutti quelli che parteciparono a questa drammatica storia.
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ammiro sinceramente le sue coraggiose dichiarazioni su quanto avvenuto con Galileo, i noti errori dell'Inquisizione, gli episodi sanguinosi delle Crociate, i crimini commessi durante la conquista dell'America, e su determinate conquiste scientifiche non contestate oggi da nessuno che, a suo tempo, furono oggetto di tanti pregiudizi e anatemi. Serviva per questo l'immensa autorità che lei ha acquisito nella sua Chiesa. Cosa possiamo offrirle a Cuba, Santità? Un popolo con meno disuguaglianze, meno cittadini senza nessuna protezione, meno bambini senza scuole, meno malati senza ospedali, più maestri e più medici di qualunque altro paese del mondo che Sua Santità abbia visitato; un popolo istruito a cui lei può parlare con tutta la libertà che vorrà e con la sicurezza del fatto che possiede talento, elevata cultura politica, convinzioni profonde, assoluta fiducia nelle proprie idee e tutta la coscienza e il rispetto del mondo per ascoltarla. Non ci sarà nessun paese meglio preparato per comprendere la sua felice idea, come noi la intendiamo e così simile a quella che noi predichiamo, che la distribuzione equa delle ricchezze e la solidarietà tra gli uomini e i popoli devono essere globalizzate.
Discorso di commiato alla partenza del Papa da Cuba — L'Avana, gennaio 1998
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credo che abbiamo dato un buon esempio al mondo: lei visitando ciò che alcuni hanno insistito a chiamare l'ultimo bastione del comunismo; noi ricevendo il capo religioso al quale hanno voluto attribuire la responsabilità di aver distrutto il socialismo in Europa. Non sono mancati quelli che presagivano avvenimenti apocalittici. Alcuni anche lo sognavano. Era crudelmente ingiusto che il suo viaggio pastorale fosse associato alla meschina speranza di distruggere i nobili obiettivi e l'indipendenza di un piccolo paese bloccato e sottoposto a una vera guerra economica da quasi 40 anni. Cuba, Santità, si confronta oggi alla potenza più potente della storia, come un nuovo Davide, mille volte più piccolo, con la stessa fionda dei tempi biblici, lotta per sopravvivere contro un gigantesco Golia dell'era nucleare che cerca di impedire il nostro sviluppo e farci arrendere per malattia e per fame. Se non si fosse scritta allora quella storia, si sarebbe dovuto scriverla oggi. Questo crimine mostruoso non si può passare sotto silenzio ne ammette scuse. Santità,
quante volte ascolto o leggo le calunnie contro la mia patria e il mio popolo, ordite da coloro che non adorano altro Dio che l'oro. Ricordo sempre i cristiani dell'antica Roma, tanto atrocemente calunniati, come già dissi il giorno del suo arrivo, e che la calunnia è stata molte volte nella storia la grande giustificatrice dei peggiori crimini contro i popoli. Ricordo anche gli ebrei sterminati dai nazisti, o i 4 milioni di vietnamiti che morirono sotto il napalm, le armi chimiche e gli esplosivi. L'essere cristiano, ebreo o comunista non dava diritto a nessuno di sterminarli. Migliaia di giornalisti hanno trasmesso a migliaia di milioni di persone nel mondo ogni particolare della sua visita e ogni parola pronunciata. Infinità di abitanti e di stranieri sono stati intervistati in tutto il paese. Le nostre catene televisive nazionali hanno trasmesso al nostro popolo, dal vivo e in diretta, tutte le messe, le omelie e i discorsi. Mai, forse, tante opinioni e notizie su una nazione tanto piccola poterono essere ascoltate, in un tempo così breve, da così tante persone nel nostro pianeta. Cuba non conosce la paura; disprezza la menzogna; ascolta con rispetto; crede nelle sue idee; difende fermamente i suoi principi e non ha niente da nascondere al mondo. Mi commuove lo sforzo che Sua Santità compie per un mondo più giusto. Gli Stati scompariranno; i popoli finiranno per costituire una sola famiglia umana. Se la globalizzazione della solidarietà che lei proclama si estendesse per tutta la Terra e gli abbondanti beni che l'uomo può produrre con il suo talento e il suo lavoro si ripartissero con equità tra tutti gli esseri umani che oggi abitano il pianeta, potrebbe crearsi realmente un mondo per loro senza fame né povertà; senza oppressione né sfruttamento; senza umiliazioni né disprezzo; senza ingiustizie né disuguaglianze, dove vivere con piena dignità morale e materiale, in vera libertà. Questo sarebbe il mondo più giusto! Le sue idee sull'evangelizzazione e l'ecumenismo non sarebbero in contraddizione con esso. Per l'onore della sua visita, per tutte le sue espressioni di affetto ai cubani, per tutte le sue parole, anche quelle con cui posso non essere d'accordo, in nome di tutto il popolo di Cuba, Santità, le dico grazie.