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“Fiducia” e “voto di fiducia” non sono la stessa cosa

Creato il 18 settembre 2015 da Libera E Forte @liberaeforte

Risultati al termine del voto di fiducia posta dal Governo sulla Legge' di Stabilita' nell'aula della Camera, Roma 20 dicembre 2013. Hanno votato sì in 350, no in 196 e uno astenuto. ANSA/ALESSANDRO DI MEO

“L’esperienza insegna che con i voti di fiducia si può galleggiare più o meno a lungo e portare a casa qualche buon risultato, ma difficilmente si cambia in profondità, perché ciò avvenga deve scattare la scintilla, si chiama fiducia non voto di fiducia, qualcosa che parte dalla politica e dalla sua reale capacità riformatrice ma si cementa nel cuore profondo del Paese, ne raddoppia le energie e diventa un valore condiviso”.

Sono le parole di Roberto Napoletano sulla rubrica Memorandum del Sole 24 ore del 13 settembre (‘La “fiducia” di Einaudi e la scintilla che serve al Paese’), in cui viene citato un estratto dall’intervento di Luigi Einaudi nei giorni della Costituente (8 gennaio 1947) sul dibattito di come regolare la fiducia al governo:

“Altra premessa che si pone alla necessità di una votazione solenne di fiducia o di sfiducia al governo, è la fiducia nei programmi oltre che nei capi. Ora, i programmi posso essere formulati da chiunque, e non si distinguono mai l’uno dall’altro: badando ad essi non si costruisce niente. Se v’è una costruzione solida, essa dipende dalle persone che rappresentano il programma e vogliono attuarlo. Figurarsi che soltanto con una votazione fatta su un programma si possa assicurare stabilità al governo, è figurarsi qualcosa che può stare sulla carta, ma che non ha nessun rapporto con la realtà”.

Napoletano si dichiara concorde con questa interpretazione e la commenta così: “Perché un governo sia stabile e produca effetti duraturi con la sua azione è necessario il consenso parlamentare, ma sono decisivi la qualità degli uomini, il senso della missione, il gioco di squadra e la determinazione che mettono nella fase più delicata di questa missione e, cioè, quella dell’attuazione”. Insomma, va bene “metterci la faccia”, ma la gente piuttosto che attribuire responsabilità nel giorno della resa dei conti, preferirebbe probabilmente prendere atto di qualche cambiamento sostanziale che sia stato non solo declamato ma anche compiuto, seriamente e in profondità.

MC


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