Magazine Palcoscenico
Purtroppo il risultato non è entusiasmante, prima di tutto perché ci sembra che l'influenza sia stata fin troppo determinante nella costruizione dello spettacolo, a partire anche dalla scelta dei personaggi e degli attori, con cui si è cercato innanzitutto una verosimiglianza estetica o fisica ai due protagonisti del film. Si è cercato di interpretare Tyler Durden o Brad Pitt? Il Tyler di Brad Pitt è già esso una lettura, un'ipotesi, come si può fare un'ipotesi di un'ipotesi? E la stessa ricerca di abiti - la giacca di pelle rossa di Tyler - che richiamano il film è l'ennesima conferma di quanto quest'ultimo abbia determinato la rappresentazione. Troppo facile e riduttivo ricalcare. Tyler (Sebastiano Gavasso) è caricaturale, non convince, non affascina, ci ricorda piuttosto un esaltato di provincia più che un rivoluzionario anarchico che dovrebbe affascinare col suo pensiero libero e sregolato, ammaliare col suo carisma. Non pervenuto, lontano anni luce dal vero Tyler Durden che tutti ammirano. Più convincenti sono sembrati invece i due altri attori nei personaggi di "Lui" (Diego Migeni) e Marla Singer (Cecilia Cinardi), che hanno donato una concretezza e una verità propria ai loro personaggi. Per il resto, lo spettacolo ci appare molto distante dall'opera stessa di Palahniuk, non si percepisce il clima oscuro e decadente, il nichilismo, i messaggi che sarebbero dovuti passare non sono passati perché buttati via con troppa enfasi. Anzi, spesso lo spettacolo tende addirittura verso la commedia brillante per alcune gag che si è scelto di inserire, fin troppo caricate. Si è messo dentro troppo e troppo si è cercato di far vedere, mentre poco si è tentato di trasmettere o interpretare o rileggere: pensiamo ad esempio alla scenografia che, sebbene funzionale e intercambiabile, crediamo fosse per certi versi ininfluente; altre volte invece persino imbarazzante, come ad esempio nella scena dell'incidente dove viene fatto apparire il muso di un auto che ricordava un po' la macchina di Topolino. Quest'ultima scena è proprio quella a cui pensiamo quando diciamo che si è ricalcato il film: ricalcare è l'unica soluzione che si è trovata, possibile? Per concludere infine col chiudere un'occhio - il minore dei mali alla fin fine - sugli errori tecnici nei combattimenti. Tanti se, tanti ma, una scelta coraggiosa e innovativa, forse anche un'opportunità sciupata perché si è percorso un sentiero già battuto e troppo facilmente ricalcabile: quello del successo cinematografico di Fincher.
Matteo Di Stefano
FIGHT CLUB - LA PRIMA REGOLAispirato al romanzo di Chuck Palahniuk
regia Leonardo Buttaroni
con Diego Migeni, Cecilia Cinardi, Alessandro Di Somma, Marco Zordan, Yaser Mohamed, Matteo Fasanella, Leonardo Buttaroni
scenografia Paolo Carbone
musiche originali Filarco
visto al
TEATRO TRASTEVERE
Via Jacopa de' Settesoli 3 - Roma
mail [email protected]
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