Magazine Bambini

Figli a ore

Da Andreapomella

Figli a oreLa colazione viene servita nella sala ristorante a partire dalle 7.30. Scendo le scale dell’albergo nella radiosa mattina d’agosto, l’uomo e il bambino sono seduti al primo tavolo. L’uomo ha una folta barba grigia, gli occhi piccoli e penetranti, ha l’aspetto di un montanaro rude e silenzioso. Il bambino è suo figlio. Stanno studiando sulla cartina l’itinerario del giorno, mentre sorseggiano latte e caffè da grosse tazze fumanti. Tra loro c’è quella mancanza di confidenza che denota un’incrinatura, un’anomalia familiare. La separazione è stata dura, la sentenza del giudice inappellabile. Ora hanno una settimana di tempo per rimettere insieme i cocci, per far finta di essere ancora un’unità indivisibile. Mi manca il fiato, e mi mancano anche le parole, quelle che ripeto a me stesso non potendolo fare con nessun altro, mentre me ne sto in un angolo della sala ristorante a vestire i panni del bravo padre di famiglia. È passata un’enormità di tempo da quando a quel tavolo, tra quelle tazze e quelle carte, c’ero seduto io. E intorno a me le tempeste, l’odio, le fratture insanabili. E quelle lunghe spossanti ore passate con uno sconosciuto che per realismo o codardia non si sforzava neppure di rendere le cose più leggere. Mi torna tutto su, come un tempo, e ogni volta è come se il diaframma mi si arrestasse all’altezza del cuore. Faccio colazione con calma, tiro su una fetta di torta e mastico lentamente. Ha un sapore dolce e vivo. Dopo un po’ l’uomo e il bambino si alzano e se ne vanno. La sala rimane deserta.

 


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :

Dossier Paperblog

Magazines