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La vera forza della scena grunge è stata proprio questa. I membri delle più importanti band si conoscevano ben prima di diventare famosi, erano cresciuti nella stessa città ed erano abituati a suonare insieme aiutandosi l'un l'altro nelle varie registrazioni, alla luce di quanto detto non è difficile capire il motivo della presenza di numerosi progetti paralleli nati in seguito al successo avuto dalle varie band cittadine ad inizio anni 90.
I dischi di cui vi parlerò quindi non sono figli di forzature imposte dalle case discografiche ma anzi di "scappatelle", da qui il titolo della rubrica, dei componenti al di fuori del gruppo principale.
Queste pubblicazioni nate a volte come semplici improvvisazioni su un palco e divertimento fine a se stesso sono a volte diventate un vero e proprio album.
Questo è proprio il caso di Mad Season, disco nato come gioco in un pub della città, il Crocodile Cafe in una serata di ottobre del 94.
Sul palco si forma un supergruppo alla voce Layen Staley, cantante degli Alice in Chains, chitarra e batteria rispettivamente Mike McCready dei Pearl Jam e Barrett Martin degli Screaming Trees e al basso John Baker Saunders.
Le premesse ci sono tutte perchè si crei qualcosa di unico e così sarà.
I quattro pur non avendo mai provato nulla e non avendo a disposizione nessun pezzo completo iniziano ad improvvisare musica e parole e creano la sera stessa le basi per due canzoni che finiranno sul disco.
Sia chiaro il disco non era in previsione ma quando i quattro hanno compreso la validità dei pezzi che stavano registrando hanno pensato bene di renderli accessibili ad un pubblico attraverso una pubblicazione ufficiale.
L'aria che si respira nel disco è tutt'altro che leggera, basti pensare che due dei componenti perderanno la vita qualche anno più tardi a causa della droga e l'altra metà del gruppo seguirà un lungo periodo di disintossicazione per uscire dalla tossicodipendenza.
Le liriche sono una dichiarazione sincera e a cuore aperto delle problematiche che i quattro e il cantante in prima persona affrontano ogni giorno.
Ciò che colpisce è il modo disincantato in cui viene affrontato il tema senza cercare giustificazioni e nel modo più diretto e oggettivo possibile.
"My pain is self chosen" basta questa frase emblematica per capire i tono generela del disco.
Durante la registrazione collaborerà con loro anche il sempre presente Mark Lanegan.
Rubo un frase di un giornalista che ha recensito il disco pochi mesi dopo l'uscita che trovo perfetta per inquadrarlo e descriverlo perfettamente "il cielo non è mai stato così grigio sopra Seattle". Aveva pienamente ragione.
Buon ascolto.
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