Come si può definire esordiente Vuk Ršumovic?
Non è possibile, almeno dopo aver visto “Figlio di nessuno”. Uscita nelle sale italiane lo scorso 17 aprile, la pellicola si è aggiudicata, alla scorsa mostra del cinema di Venezia, il premio del pubblico e quello FIPRESCI per il miglior film nelle sezioni Orizzonti e Settimana della critica. E non smette di ottenere consensi e riconoscimenti nei maggiori festival internazionali.L’opera è una storia, come afferma lo stesso Ršumović, “sul desiderio di essere amati e di appartenere” - “narrata dalla prospettiva di un ragazzo selvaggio che si confronta per la prima volta con la civiltà”. Chi lo ha visto ha sentito forte il riferimento a “Il ragazzo selvaggio” , il racconto di Jean Itard, successivamente adattato per il cinema in un noto film di Truffaut. Certo il contesto storico e sociale è diverso, ma il richiamo c’è. Nel film di Vuk Ršumovic sono le immagini a parlare, è la pancia a dettare le emozioni, la storia rimane relegata di contorno, lo spettatore è rapito dall’interiorità di Pucke e dal suo processo di cambiamento (sarà un’evoluzione o al contrario un processo di perdita dell’ingenuità) che inizia con la permanenza in orfanotrofio, vissuto prima come una sorta di prigione, ma che gradualmente diverrà per il ragazzino un luogo di protezione in cui poter trovare un surrogato di famiglia
Nella prima parte della narrazione il suo punto di riferimento è Zika, un ragazzino un po’ più grande di lui, il primo che riconosce l’umanità di Pucke e che lo difende dai prepotenti, ma anche il primo a deluderlo e a fargli rivivere il trauma dell’abbandono. L’affettività del giovane selvaggio passa quindi nelle mani del maestro Ilke che capirà il reale potenziale di crescita di Pucke, dedicandosi alla sua educazione. Pucke non scoprirà solamente il mondo all’interno delle quattro mura dell’istituto che lo tiene in custodia, ma, e vien da dire purtroppo, anche ciò che sta fuori. E sarà la morte dell’infanzia, di quelle illusioni sul concetto stesso di umanità. Si troverà catapultato in una spirale di odio insensato e gratuito. Così il sogno sarà tornare nell’armonia e nel silenzio della natura, trasformata in madre benevola in un mondo crudele.
Il regista affronta con perspicacia la narrazione del conflitto che smembrò la Jugoslavia e che rappresenta una ferita ancora aperta. Si esce dal cinema con, impressa negli occhi, la purezza del “ragazzo lupo”, lo straordinario debuttante Denis Murić. Il suo sguardo, trasformato in punto di osservazione, grazie alle pregiate inquadrature che fanno proprio il corso della storia, passerà dalla paura alla diffidenza, dalla gratitudine all’incanto. Puro è l’unico aggettivo per poter descrivere questo film, la storia di un ritorno a una verginità forse molto meno selvaggia di quella vissuta nella realtà quotidiana.
- Marcella Sullo - FIGLIO DI NESSUNO Durata: 97 Minuti-Serbia, 2014 Distribuzione: Cineclub Internazionale Distribuzione, Produzione: ART&POPCORN – BABOOM. Regia: Vuk Ršumović Sceneggiatura di Vuk Ršumović Interpreti: Denis Murić, Miloš Timotijević, Pavle Čemerikić, Isidora Janković Fotografia di Damjan Radovanovi- Montaggio: Mirko Bojović Musica: Jura Ferina e Pavao Miholjević
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