Magazine Poesie

Filippo Ravizza - Nel secolo fragile, nota di Rita Pacilio

Da Ellisse

Filippo Ravizza - Nel secolo fragile, La Vita Felice, 2014

Con consapevole profondità e con attentissima ricerca cosmica, ineluttabile e contestualizzabile storic

Filippo Ravizza - Nel secolo fragile
amente, Filippo Ravizza, nel suo recente lavoro poetico, Nel secolo fragile, per i tipi editoriali La Vita Felice, ’14, coinvolge e colloca, se stesso e il lettore, nella realtà di figure/luoghi, del presente e del passato, attraverso analogie semantiche pervase di corruttibilità terrena. Tutto questo grazie alla memoria del tono e della lingua, dello stile e del senso poetico di cui la parola si arricchisce soprattutto quando i versi hanno una validità terrena, storica, vitale e non solo di spazio letterario sapiens. Lo stile poetico-letterario dell’autore, conquistato con lo studio e la vocazione all’applicazione al dialogo interiore, si misura con la caratteristica della poesia che riecheggia nell’esperienza del mondo. L’entusiasmo lirico di Ravizza emerge forte e si sposta dallo stile, pur ricercato e curatissimo, al contenuto/significato in cui offre testimonianze importanti di una memoria storica che rivela urgenze di narrazioni etiche e sociologiche. Qui ritroviamo le nostre tradizioni, i nostri errori, tanti nostri limiti e molti dubbi in cui si sono intrecciate innumerevoli allusioni della nostra vita passata. È nel trapassato, infatti, che ritroviamo il ricordo, l’erotismo, l’addio, l’ideale patriottico, l’allusione/delusione, il rapporto amicale, amoroso, lo sconforto del congedo, del possibile e dell’impossibile. Nel passato il poeta pone la continuità e la combinazione della voce poetica personale e la proiezione della voce sociale: la gioia e il dolore, la nostalgia e la malinconia del detto e del non detto. Il ponte è la figura simbolica/metaforica dai molteplici significati psicologici: da un lato risuona come un ancoraggio di speranza e di ricostruzione verso il presente/futuro e dall’altro può essere vista come l’ultima riflessione spirituale di un legame intimo verso un elemento armonico/filosofico e lontano che ci convince della sincerità di un’esperienza eterea e impercettibile protesa e tesa esclusivamente in un passato ormai andato, da conservare unicamente come emozione perduta. La vita quotidiana diventa materia poetica e i fatti della storia si poggiano sulla base etica dell’autenticità e della sincerità. Nei testi di Ravizza la liricità si sviluppa, infatti, sul rapporto tra reale e poesia ecco perché non c’è finzione: il poeta non si cela dietro le parole. Le Piazze sono esistite, le bandiere, i mercati, i grandi fiumi, i Popoli, le classi, le varie versioni di questo realismo non sono mistificazioni della realtà, ma vere e proprie ricomposizioni poetiche, con frammenti che sottendono rara bellezza emotiva; a volte rafforzano, senza sosta, la coscienza storica come per proteggere quegli aspetti dell’autobiografia poetica che, pur traspaiono, e sono commoventi. (rita pacilio)


dalla sezione I VOLTI DELLA PIAZZA
Sorridere
Sorridere sui volti della piazza
questo è tempo è acuto scendere
verso una sera che non pensavi: ora
è di tutti la vacanza l’acuta ritmata
povertà: c’è un non oltre guarda manca
per sempre il vivere veloce del destino...
sarà seguire un ponte senza uscita
cammineremo nelle dorate care luci
affacciate nella notte sopra
le acque distanti sopra
uno scorrere pieno...
il lembo o forse la parola
di un grande fiume.
dalla sezione PERSINO LA MEMORIA
Geografia
Poca speranza unica generazione
luci luci di Lione passo dopo
passo un viaggio della mente
volando fino a Torino fino a
quel ristorante alle antiche
dolcezze di un vino denso forte
esempio di cenere e moralità.
Europa Europa campagne e picchi
neve e case bianchi tetti
Europa Europa perché solo io
ti canto?
Non passano più popoli e poeti
non guardano più nell’orizzonte
non vedono speranza non vedono
futuro?
Davvero questa è la fine della tua
Storia? Mai più canzoni o corse
abbracciati tutti verso un futuro
ampio?
Ora si è chiusa la voce tacitata
per sempre in questo luogo
qui dove tramonta il sole? Cade
l’avvenire?
Tutto è spento tranne qualche
nostro cuore...
si è fermato il movimento
delle cose immobile è la vittoria
del mercato... ogni atto si avvita
piega se stesso... poche allora
le parole rare troppo rare le poesie
tristi troppo tristi e poche e grigie
le giornate oscena la perdita cosciente
di queste nostre vite.
dalla sezione I POPOLI E LE CLASSI E IL NIENTE CHE NON È NIENTE
Nel niente di popoli e di classi
Le controversie del tempo ritornano
dentro le mattine tutte uguali
spalancano al cuore al volto agli occhi
le mani le chiavi degli uffici
sono aliti di luce sono volontà
antica consuetudine in questi momenti
rallentati rallentati gesti al confine
tra silenzio e verità...
non è stato dato...
dunque non erano queste generazioni
nate a costruire nate per aprire...
tutto è in questa ripetuta e lieve
andatura immobile... tutto è
nel niente di popoli e di classi
senza più storia senza più
destino... sappiamoci così sappiamoci
piegati all’incessante cadere
di giorni tutti uguali tutti soli
tutti come noi siamo ora adesso
compresi nel racchiuso spazio
del movimento insieme come un gesto.
dalla sezione IO, TU, NOI: IL NOME
Moltitudini
Una mattina come tante
una mattina senza ponti
all’orizzonte... pronti pronti
a muoverci nel niente capaci
ancora di raggiungere pacati
e fermi nella mente le porte
curve e opache degli uffici…
questa mattina ancora ancora
un’altra nell’epoca più grande
della Storia che si è arresa si è
trovata lontano da noi lasciandoci
soltanto bordi di memoria...
rivedi le belle bandiere! come
si correva come si correva come
si muovevano salde nelle mani mentre
saremo finalmente tutti uguali pensavamo
frantumando il vento!
nelle mattine che verranno è difficile
lo sai molto difficile che la Storia
riprenda il suo cammino...
potente è la forza e vuole che tutto
resti così così com’è nel disegno
che tolse a noi la città più bella
là dove corrono insieme le voci
si fondono ai rumori ai passi
sincroni delle moltitudini.
A tutti quei ragazzi che – come me – vissero attivamente l’anno 1968 e i 5 o 6 anni a seguire.

Filippo Ravizza è nato a Milano, ove risiede, nel 1951. Ha partecipato intensamente alla vita delle riviste a partire dai primi anni Ottanta ricoprendo, nel corso del tempo, la condirezione del semestrale di poesia «Schema», di quello di scrittura, pensiero e poesia «Margo», del semestrale di poesia, arte e filosofia «La Mosca di Milano». Ha pubblicato saggi e poesie su numerose altre riviste letterarie, tra le quali «In folio», «La clessidra», «L’Ozio letterario», «Materia», «Poesia», «La Corte», «Quaderno», «Iduna», «Atelier», «Poiesis», «Capoverso», «Gradiva». Ha già pubblicato sei raccolte di versi: l’ultima in ordine di tempo è la plaquette «La quiete del mistero» (Amici del Libro d’Artista, 2012), preceduta da «Turista» (LietoColle, 2008), «Prigionieri del tempo» (LietoColle, 2005), «Bambini delle onde» (Campanotto, 2000), «Vesti del pomeriggio«»(Campanotto, 1995), «Le porte» (Schema Editore, 1987). Nel 1995 ha ideato, insieme al poeta Franco Manzoni, il «Manifesto in difesa della lingua italiana», oggi parte del programma orale (Cours de production orale) per il conseguimento del dottorato specialistico del Dipartimento di Italianistica dell’Université Paris 8 (Paris – Saint Denis, docente Laura Fournier). E' stato chiamato a rappresentare la poesia italiana contemporanea alla XIX Esposizione Internazionale della Triennale di Milano (1996).


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