Filippo Tuena: Nel latte della madre

Da Martinaframmartino

Filippo Tuena

Nel latte della madre

Prediligo postazioni rialzate,
Battute dal vento, anche se pericolose
Per i colpi vaganti o l’ingordigia dei cecchini
Che prima della fine del turno
Vogliono ancora una volta far centro.

Ma in queste notti arabe
Sono i cumuli di macerie che m’aggradano di più
Perché a volte, sotto, li sento ancora lamentarsi,
Con voce sempre più sottile o insistente pervicacia.

Eppure moriranno entro pochi minuti
Ed è inutile affannarsi a sollevare le pietre,
Scalzare travi, rotolare macigni.

E’ la polvere che li condanna. S’incolla alla gola
O alle ferite sanguinanti e li sigilla come
Statue di gesso o sale. Immobili. Fermàti nel tempo
Come i calchi degli schiavi di Ercolano.

Per esperienza so che, passata l’orda,
Li ritroveranno quando spianeranno le macerie,
Solitamente avvinghiati alle madri.
Del resto il loro mondo era davvero poca cosa:
Un seno un poco avvizzito, un battito rassicurante del cuore.

Askenazita di Bolechov che hai pigiato il bottone,
Palestinese di Hebron che hai caricato il mortaio,
Texano di Dallas che hai il grilletto facile,
Talebano di Kabul che hai il coltello affilato:
Non cucinerai l’agnello nel latte della madre.

Filippo Tuena, 15 gennaio 2009



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