“12 Anni Schiavo” è la dimostrazione di come la vita di un uomo possa essere segnata per sempre da un singolo evento; è un libro di due secoli fa che ancora oggi riesce ad essere toccante; è un film diverso di un geniale regista britannico che si porta a casa –per ora – nove nomination all’Oscar®. “12 Anni Schiavo” è una storia vera che dal 1841 arriva al 2014 e fa parlare di sé nel Nuovo e nel Vecchio continente.
Abbiamo atteso sei lunghi mesi, ma tra poche ore potremo vedere anche nei nostrani cinema il nuovo lavoro di Steve McQueen che ha fatto notizia per i più vari motivi: dal festival che avrebbe dovuto ospitare la prima mondiale (alla fine l’ha spuntata il Telluride Festival a discapito del Toronto International Film Festival, dove si è aggiudicato l’ambito premio del pubblico), al volto sul poster che variava a giorni alterni, sino alle scommesse di quante statuette si porterà a casa da L.A.
Noto per avere un attore feticcio, l’affascinante (e bravo!) Michael Fassbender, e per creare pellicole dal forte impatto visivo, con un realismo che non fa sconti a nessuno (ancora oggi ben ricordiamo la sensazione di ribrezzo verso il cibo provata dopo aver visto quel capolavoro di “Hunger”), il regista ha confermato anche in “12 Anni Schiavo” di avere una attenzione ai particolari, alla luce, all’uomo e alle sue debolezze fuori dal comune. McQueen è riuscito nuovamente a stupirci e, dopo aver ammaliato l’esigente pubblico del TIFF 2013, ora sta rendendo le notti insonni ai colleghi che concorrono per l’ambita statuetta che verrà assegnata in quel di Hollywood tra qualche giorno.
L’opera narra l’assurda, crudele, insopportabile, storia del talentuoso violinista, Solomon Northrup, un libero cittadino di New York, che viene rapito e ridotto in schiavitù nel suo stesso Paese, da concittadini convinti di poter disporre della libertà altrui in base al colore della pelle. Terribile fotografia di un imbarazzante passato della Nazione che oggi è l’emblema della libertà e della democrazia, la decade più deprimente, mortificante e dolorosa di Solomon, ci viene raccontata nella sua aberrante quotidianità sino alle importanti battute finali.
Un’esperienza comune a molti, riportata dallo stesso signor Northrup in un libro, biografia trasformatasi in memento di come non si debba degradare un essere umano. E l’attore Chiwetel Ejiofor porta nel nuovo millennio queste vecchie memorie di vita con una tale umanità da farci dimenticare, scoccata la prima mezz’ora, di essere tornati indietro di quasi due secoli.
“12 Anni Schiavo” è uno di quei film che si ricorda non per la parata di grandi attori, ma per i suoi personaggi, con la loro parlata, le frasi pronunciate e gli assurdi comportamenti tenuti. Si prova caldo, si ha costante sete, si vorrebbe frustare Epps, proprietario terriero sadico, si prova tenerezza e ci s’immedesima con il protagonista, così simile a noi, se non fosse per l’anno di nascita. La bravura di McQueen risiede soprattutto qui: se la sofferenza fisica è da un certo punto di vista più moderata del previsto, quella psicologica riesce a coinvolgere (e sconvolgere) anche gente duecento anni più giovane di Solomon e il motivo, probabilmente, risiede nel fatto che il protagonista nasce libero, pensa da uomo libero e combatte per la sopravvivenza come faremmo noi, uomini liberi.
Pellicola non facile da consigliare (alla fine vi stiamo chiedendo di sacrificare più di due ore del vostro tempo per soffrire al fianco di un attore e poi meditare sull’opportunismo e la crudeltà degli esseri umani) ma è un tale inno alla libertà che merita anche il vostro applauso. Il regista, ancora una volta, ci dimostra cosa significhi fare cinema e noi non possiamo che sperare che la sua abilità riceva il più alto dei riconoscimenti!
Vissia Menza