Un film non sull’Africa, ma sulla popolazione di origine africana che vive a Londra.
Di questa pellicola si è molto discusso in Inghilterra, perché ha diviso l’opinione pubblica. Il film, prodotto dalla BBC, è stato definito da alcuni come razzista. Perché critica la società nera e lo fa dall’interno. Eppure, è proprio la prospettiva con cui è stata affrontata la tematica della discriminazione che mette in evidenza come talvolta il fenomeno del razzismo sia universale.
La trama.
Joe Pascale, un “black british“, pensa di avere scoperto come salvare la sua gente. Rinuncia al suo lavoro bello e ben rimunerato per dedicarsi all’insegnamento. Il problema è che i ragazzi che si è proposto di “salvare” lo odiano. Uno di loro, Germal arriva ad accusalo di aggressione. La situazione va fuori controllo e la storia finisce sui media. La comunità nera si schiera tutta a favore di Germal. Joe viene preso per un traditore della razza. Il suo risentimento lo spingerà al rifiuto totale di tutto ciò che viene dai neri.
Quando la BBC ha organizzato un’anteprima del mio film, un uomo nero furioso si è alzato dichiarando che si trattava del film più razzista della storia della BBC!
Joe (interpretato da David Oyelowo) attraversa una serie di situazioni ognuna delle quali è progettata per riflettere un aspetto particolare della comunità nera. Tuttavia, anche se Joe evidenzia con crudezza molte cose negative sulla sua comunità, saranno proprio quelle persone a salvarlo. Speravo che la gente si rendesse conto che, anche se sono effettivamente messi in luce molti aspetti negativi, si descrivono anche quelli positivi.
Mi sono seduta nella mia casa una notte, letteralmente pietrificata. Non riuscivo a muovermi. La comunità nera avrebbe odiato il film e me per aver esposto i nostri panni sporchi. Allora cosa mi ha spinto ad andare avanti? Per me scrivere questo film è stato un atto di amore. Onestamente credo che l’approccio che molte persone di colore hanno avuto dalla fine della schiavitù – che io vedo come “negare, negare, negare, colpa, colpa, colpa” – sta uccidendo la nostra comunità. Questo film è destinato ad essere un’esperienza di guarigione. Per guardare a ciò che facciamo, riconoscerlo e andare avanti.
Sharon Foster, autrice di Shoot the Messenger