Yves Saint Laurent. L’amour fou, la7d, ore 1,15 .
Yves Saint Laurent con il compagno e socio Pierre Bergé
No, non si tratta del biopic del couturier girato da Jalil Lespert e uscito un mese e mezzo fa nei cinema italiani, né tantomeno dell’Yves Saint Laurent dell’oltraggioso Bertrand Bonello che sarà prossimamente a Cannes. Questo è un documentario firmato Pierre Thoretton del 2010 in cui si ricostruisce un bel pezzo di vita di YSL con il contributo fondamentale e assai attivo di Pierre Bergé – che di lui fu compagno, socio, partner d’affari e, per così dire, braccio armato nel mondo. Qual è l’amour fou di questo volutamente ambiguo titolo? Quello che ha legato Yves Saint Laurent al suo compagno? O quello per la moda, sublimazione estatica ed estetica per YSL di una vita di tormenti? O, ancora, l’amour fou è quello della coppia per il bello, perseguito incessantemente come una missione, una vocazione, e materializzatosi in una collezione d’arte vertiginosa? Il film parte da qui, dalla clamorosa vendita all’asta del 2008 di tutte le opere e gli oggetti che Saint Laurent e Bergé avevano messo insieme in una vita insieme, da quando si conobbero ai funerali di Dior nel 1957 alla morte di YSL il 1° giugno 2008. Il regista Pierre Thoretton riprende gli oggetti, e riprende Bergé che partendo da essi rievoca, illustra, racconta pezzi di sè e del compagno. Certo, si tratta di una storia molto ufficiale, con qualche rischio di agiografia. Ci sono, oltre alla testimonianza-guida di Bergé, quelle di chi a Yves fu professionalmente e amicalmente vicino, da Loulou de la Falaise a Catherine Deneuve. Ci sono documenti, video con lo stesso Sain Laurent. C’è un certo pompierismo assai francese, di quando la Francia celebra e monumentalizza i propri grandi, ma nelle pieghe si possono scoprire molti tratti e fatti di un gigante vero della moda. Il film, senza volerlo intenzionalmente, finisce anche con l’essere un prezioso reperto storico di cos’era l’amore omosessuale prima del rivendicazionismo e dei diritti gay, di quanto allora la moda e in generale i mondi del bello fossero il rifugio e il territorio privilegiato della sua espressione.